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Etichette e allergeni

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Il web e i social sono un gran circo. Trovare informazioni utili – soprattutto per noi allergici – e che queste siano attendibili a volte può essere difficile. Ne avevo già parlato in un’altra occasione. Negli anni, oltre all’esperienza di vita vissuta in compagnia delle allergie, ho affinato la capacità di documentarmi su siti, blog o gruppi social seri e professionali.

Mi è capitato di entrare in gruppi facebook dove lo stile non era proprio “british”. A volte leggo articoli poco accurati e troppo generalisti affinché possano essere davvero utili per chiunque. Con questo non voglio dire che il mio blog sia perfetto: come ho già avuto modo di ammettere, io non voglio insegnare niente a nessuno: racconto solo la mia esperienza pluriannuale con le mie allergie (che sono tante…), con gli alti e bassi, con le cavolate o con i successi che a volte capitano.

Quando però scovo qualcosa di davvero utile, non posso tacerla.

In privato capita che mi scriviate per avere informazioni su prodotti o ingredienti da usare con serenità in caso di allergia al nichel o a singoli alimenti che abbiamo in comune. E’ il problema di tutti noi allergici, ciascuno con la sua peculiarità, ed è anche quello che potrebbe frenarci dal provare delle novità (alimenti o prodotti per la cura della persona o come è capitato a me con la reintroduzione del riso dopo tanti anni).

A questo scopo è nato un nuovo gruppo facebook a cura Cibo Amico Allergia Alimentare e Anafilassi che si chiama Etichette e allergeni.

Cito il benvenuto di Valeria Invernizzi, amministratrice del gruppo: “Ciao! In questo gruppo potrai segnalare prodotti con allergeni nascosti, con ingredienti imprevedibili, con etichette non conformi alle normative. Lo scopo è di creare un tam-tam di avviso per altri consumatori con allergia. Per postare […] pubblica la foto e aggiungi ‪#‎NOMEDELL’ALLERGENE‬. In caso di segnalazione di errori e gravi non conformità alla normativa potrai chiedere indicazioni a Cibo Amico, in modo da aumentare nei produttori la consapevolezza delle esigenze del consumatore allergico e favorire la tutela di chi ha la dieta come terapia.”

Insomma ci permette di essere aggiornati su prodotti che potrebbero farci male sul serio.

E’ sufficiente usare l’hashtag (il cancelletto per capirci: #) e il nome dell’allergene che ci interessa, sia che abbiamo da segnalare qualche irregolarità sia per essere al corrente di quello che succede attorno a noi. L’unione fa la forza e, a dispetto del circo di cui parlavo all’inizio dell’articolo, ci sono casi in cui bisogna solo ringraziare la tecnologia che ci permette di comunicare tra noi, pur vivendo a chilometri di distanza tra noi.

Quando un figlio ha una reazione allergica

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Sono allergica da sempre e la mia infanzia non è stata leggera. Avere sulle spalle questo malessere più o meno visibile, ma sempre presente, soprattutto in alcune circostanze (in presenza dell’acqua, nel periodo primaverile, qualche volta a tavola…) non era gradevole. Oltretutto, quand’ero bambina, di allergie non si parlava tanto (cioè non se ne parlava proprio), non se ne approfondivano le cause e io non lo vivevo bene.

Quando sono diventata mamma (e cosa ci è voluto per diventarlo…), la mia maggiore preoccupazione è stata che i miei figli non fossero allergici. Potevano avere febbroni da cavallo, ma una singola macchiolina sospetta mi mette(va) in agitazione.

Mio figlio maggiore ha avuto diversi episodi di orticaria (con tanto di capatina in pronto soccorso, giusto per non farsi mancare niente), ma – come mi ha spiegato la mia allergologa che ho interpellato subito – nei bambini può succedere che l’orticaria sia effetto di una infezione in atto. Nel caso di mio figlio, che allora aveva sei anni, curata l’infezione alle vie urinarie, l’orticaria è sparita.

La secondogenita ha fatto le cose in grande. La sua prima reazione allergica risale al suo svezzamento (quattro mesi, per capirci: è sempre stata precoce!). Il primo cucchiaio di crema di riso l’ha ridotta ad una “mascherina rossa”. Il pediatra non poteva crederci. Mi ha fatto insistere per tre volte, prima di arrendersi all’evidenza e, guarda caso, cambiando tipo di farina (sono passata alla tapioca e al mais) il rossore è completamente sparito. Si è aggiunta anche una presunta reazione allergica al pesce dopo qualche mese: “presunta” perché quando lo mangiava lo vomitava dopo tre ore circa. Qualsiasi tipo di pesce. Fino a sei anni mia figlia ha evitato riso e pesce. A sei anni abbiamo fatto un controllo serio (che non fosse la banale esclusione degli alimenti), approfondendo anche eventuali intolleranze, ed è risultata negativa. Adesso mangia sia il riso che il pesce (senza andarne pazza, ma per questo temo che un po’ di colpa si debba imputare alla sottoscritta…) e sta bene.

Fiuuu, direte voi!

No, purtroppo. Non c’è due senza tre. Ho tre figli e la mia terzogenita domenica ha pensato bene di farmi una sorpresa. Si è svegliata con il contorno degli occhi, in particolare la zona sinistra, completamente gonfi. E’ stato come vedermi allo specchio con quarant’anni di meno. Anch’io quand’ero piccola – a volte mi capitava – di perdere “i connotati” a causa dell’allergia. La fortuna vuole che quella mattina – appena uscita di casa – abbia incontrato la mia dottoressa di base alla quale è bastato vedere mia figlia e scuotere la testa, sorridendomi comprensiva.

– Speravo che mi dicessi che era una banale congiuntivite… – le detto.

– Come no. Se vuoi Simo, te lo dico pure. Comunque dalle subito antistaminico e cortisone.

Mano mano che il gonfiore è sceso (ci sono voluti due giorni affinché gli occhi tornassero alla normalità), mi sono accorta (per la verità mia sorella, alla quale avevo mandato una foto, se ne è accorta) che c’erano due puntini rossi che facevano presumere un doppio pizzico di insetto sul naso e sotto l’occhio sinistro. Mia figlia infatti, anche lei con la pelle chiara e sensibile come la mia, quando viene punta da una banale zanzara ha una reazione localizzata che dura diversi giorni. Il che potrebbe spiegare perché il suo bel visino si sia trasformato così.

Quando ho una crisi allergia mi arrabbio (perché magari non sono stata attenta oppure ho fatto qualcosa al limite del mio sistema immunitario), ma quando un figlio ha una reazione allergica è tutta un’altra storia. Nel mio caso non si tratta solo di naturale spirito di protezione, ma anche di un fastidioso serpeggiante senso di colpa.

– Certo che il tuo DNA fa proprio schifo, amore! – mi ha preso in giro mio marito che mi conosce troppo bene e sa già come la mia mente in loop si stia flagellando.

Il riso in caso di allergia al nichel

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Il riso in caso di allergia al nichel è un alimento consentito. Non lo è stato per me negli ultimi sedici anni, forse a causa della mia allergia alle graminacee che mi ha impedito di farne buon uso a tavola (il mio medico suppone che fosse un tipico caso di allergia crociata). Come vi raccontavo qualche settimana fa, finalmente posso provare ad assaggiare il riso, visto che dall’ultimo controllo non sono più risultata positiva.

Sembro sicuramente una pazza – me l’hanno fatto notare anche in privato, quindi non siate imbarazzati dal pensarlo anche voi – ma dopo tanto tempo di astensione non ho avuto il coraggio di farne una scorpacciata. Sarà che la cosa che mi è mancata di più in questi anni è la frutta, ma la prima vera quasi-indigestione che ho sperimentato subito dopo il check up, dopo aver avuto il via libera dalla mia allergologa, sono state le arance (ammesse per l’allergia al nichel). Prima che l’allergologa mi dicesse che non potevo più mangiarle, ne andavo ghiottissima. In inverno – oltre al plaid di lana, visto che sono particolarmente freddolosa – la mia bella scorta di arance da sbocconcellare davanti alla tv non mancava mai. La mia positività alle arance in sede di Prick test per gli alimenti non mi aveva fermato in un primo momento dall’assaggiarle comunque. L’effetto è stato il solito: labbra, contorno occhi e quella strana sensazione al viso di gonfiore diffuso.

Quando la dottoressa mi ha dato il via libero ad arance e riso, io non ho avuto dubbi e ho scelto le prime. Manco a dirlo non mi sono accontentata di qualche spicchio… Potete immaginare cosa sia successo il giorno dopo. Esatto! Occhi e bocca non stavano per niente bene.

A quel punto, dopo qualche giorno per “digerire” la delusione, mi sono fatta coraggio e con una certa ritrosia ho chiesto ai bambini se avessero voglia di mangiare il riso insieme a me per la prima volta e il loro entusiasmo mi ha contagiato. Ho pranzato con riso bollito, condito con olio extravergine d’oliva e parmigiano reggiano grattato. Ora, anche qui, lo so cosa state pensando (l’avrei fatto anch’io se non ne fossi la diretta interessata): sì, sembra proprio il pranzo di uno che appena avuto una crisi di vomito e dissenteria a cui non si possa dare altro da mangiare ;).

Per me, il cui palato è diventato particolarmente sensibile ai sapori, il riso è sembrato buonissimo (forse troppo salato, anche se i bambini mi hanno detto che era normale), speciale, gustoso, appetitoso, squisito.

Però…

Il giorno dopo viso, bocca e occhi non era lo splendore che avrei voluto vedere allo specchio.

Il riso in caso di allergia al nichel è un alimento consentito, come dicevo all’inizio. Lo deve diventare anche per me. Ci riprovo. Ci voglio riprovare! E deve andare bene! Vero :)? Vero :)? Ditemi di sì…

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Capire per guarire di Martin Brofman

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Ho scoperto il saggio di cui scrivo oggi da un po’ perché mi aveva incuriosita la simmetria tra corpo fisico e non-fisico (che potete chiamare anima, coscienza…). Non a caso già in un suo precedente libro, l’autore aveva provato a spiegare le basi per leggere il corpo come una sorta di mappa della coscienza che lo permea. Martin Brofman ha studiato moltissimo e non mi pare, almeno dalle letture che ho fatto finora, che possa considerarsi un improvvisatore.

Capire per guarire, il linguaggio dei sintomi nel sistema corpo-specchio* le curatrici del saggio hanno voluto sintetizzare le teorie di Brofman (morto l’11 agosto 2014, un anno dopo aver terminato la stesura di questo libro) stilando un’opera di consultazione per capire come le cause interiori, le tensioni nella coscienza siano associate a vari sintomi e disturbi. Secondo Brofman, che l’ha sperimentato per primo con la sua malattia, “il rilascio delle tensioni, e come attuare tale rilascio, è nelle mani della persona che ne fa esperienza“.

La parte più interessante dal mio punto di vista è la prima dal titolo “Orientamento” che per chi, come me, è alle prime armi – e magari un po’ scettico – rappresenta la base di partenza per comprendere le teorie di Brofman.

Tutto comincia con “ok, sono allergica e adesso?“. Il primo passo da compiere è tanto semplice quanto complicato da fare, perché è fondamentale accettarlo emotivamente (ne avevo già parlato in un altro post). Attenzione, però. Accettazione non vuol dire disfattismo. E’ importante accettare la diagnosi medica, che riguarda la condizione del corpo fisico al momento in cui è stato esaminato dal punto di vista dei dottori. E’ altrettanto importante capire  che la prognosi, “la previsione” su dove i sintomi – nel mio caso le mie allergie – potrebbe portare, è un’opinione basata sulla diagnosi. Secondo Brofman le persone che lavorano con la propria coscienza (intesa in senso laico, sia ben inteso) è che, quando vi introduciamo certe immagini, le probabilità che tali immagini si manifestino nella realtà aumentano. In pratica, la paura che quella cosa accada è come una colla che si attacca a quell’immagine. Accettare la diagnosi da un punto di vista emotivo vuol dire lasciare andare la paura. E’ così che si può focalizzare la propria attenzione su ciò che vorremmo accadesse. E’ questo il punto fondamentale. Dopo di che si può decidere di seguire l’approccio medico tradizionale o meno, ma è la paura – quella colla appiccicosa – che dobbiamo cercare di dissolvere.

Brofman afferma che “il sintomo non è un problema: è un sintomo del problema, un’indicazione dell’esistenza di qualcos’altro“.

Arriviamo al dunque. Ogni sintomo fisico sarebbe associato a un particolare modo di essere, il quale modo di essere lo avremmo adottato come risultato delle decisioni prese in risposta agli eventi della nostra vita. C’è di più, secondo l’autore. Le decisioni prese, non importa a quale livello, possono essere cambiate ed è solo così che potremmo riuscire a rilasciare le nostre tensioni. Qualcosa di simile l’avevo già scritta tempo fa, anche non in questi termini.

Il processo di guarigione implica un processo di trasformazione, “il rilascio di un modo di essere che non siamo davvero, e il ritorno a chi siamo davvero […].”

Di nuovo la premessa è piuttosto semplice, quanto complicata, da mettere in pratica. Visto che siamo noi a decidere che cosa pensare, che cosa provare e come rispondere a quello ci che ci succede. E’ il modo in cui scegliamo di rispondere – perché c’è sempre una scelta – può lasciarci in equilibrio oppure no. “Il sintomo o il disturbo parla un linguaggio, e questo linguaggio riflette l’idea che noi creiamo la nostra realtà.” In buona sostanza i sintomi contribuirebbero in modo positivo a farci capire chi siamo e come risponder alla vita che ci troviamo ad affrontare.

Il senso di colpa ci aspetta dietro l’angolo. – Ma come, mi sarei scelta io le innumerevoli allergie che mi porto appresso da sempre? No, secondo Brofman il disturbo ci serve per poterlo superare, perché siamo noi gli artefici della nostra realtà, accettandoci per quello che siamo veramente. Senza farsene una colpa.

Brofman è anche convito che ognuno di noi possieda una guida interiore, una sorta di istinto naturale, che parlerebbe un linguaggio semplice: una osa ci fa star bene  oppure non ci fa star bene. La mia domanda è allora: cosa veramente mi fa sentire meglio? Sono capace di capirlo?

Il sintomo – nel mio caso le allergie – è un meccanismo di comunicazione della parte più profonda di chi siamo che si manifesta.

Ogni persona ha un metodo che funziona per lei, per potersi ascoltare e per poter modificare il proprio approccio alla vita.

Serve coraggio e una voglia matta di conoscersi a fondo per ricercare il nostro equilibrio.

La seconda parte del saggio elenca in ordine alfabetico – e quindi facilmente consultabile – tantissimi sintomi e le presunte cause di disturbi. Presunte perché solo noi possiamo accertarlo.

Per concludere vi lascio la voce che trovate alla lettera A di Allergie.
Capire per guarireLe allergie sono sensibilità a sostanze normalmente innocue. E’ l’effetto dell’allergia – la parte del corpo o la funzione colpita – che mostra quale chakra è coinvolto, e quale particolare sensibilità nella coscienza è stata attivata.
Se è il naso a essere colpito, la sensibilità è nel chakra radice, e perciò tale disturbo denota insicurezza nella coscienza della persona e tensione nelle sfere della coscienza associate al primo chakra: denaro, casa, lavoro e il senso di connessione con la propri madre.
Le allergie ai derivati del grano e e del latte indicano specificamente tensioni con la madre.
Se è il sistema di eliminazione a essere colpito, ad esempio con presenza di diarrea o stipsi, sono implicate tensioni al chakra radice: insicurezza, tensioni riguardo denaro, casa, lavoro, madre.
Se i sintomi delle allergie sono sperimentati come tensioni del plesso solare, ciò può indicare rabbia o questioni irrisolte riguardanti potere, controllo o libertà.
Anche i problemi di pelle indicano tensioni nel plesso solare, tuttavia, in questo caso, è importante prendere in considerazione la parte del corpo colpita. Ad esempio, il volto potrebbe indicare sensibilità circa la propria immagine, come la persona sente di apparire davanti agli altri, o nel caso di presenza di acne come allergia visibile, la persona tiene potenziali partner a distanza a causa di sensibilità circa il fatto di essere libera o di essere sé stessa in relazioni personali o sessuali.
Allergie che colpiscono la respirazione indicano sensibilità nell’area dl chakra del cuore e nelle percezioni d’amore, mentre quelle che colpiscono la gola indicano sensibilità riguardanti la comunicazione o l’espressione di sé.
Le cefalee indicano questioni irrisolte relative al chakra della corona, che riflettono tensioni con il padre/l’autorità, e/o un senso di isolamento o separazione da qualcuno.” (tratto da Capire per guarire di Martin Brofman, a cura di marina Panatro e Tea Pecunia, Tea 2016).

Insomma nuovi orizzonti da esplorare per me.

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Nome e cognome delle mie allergie: un aggiornamento degli alimenti da evitare

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Dopo i Prick per gli inalanti e il patch test, il mio ultimo check up allergico ha previsto anche il Prick per gli alimenti. Ecco quindi il nome e cognome delle mie allergie: un aggiornamento degli alimenti da evitare.

Qualche sorpresa c’è stata: la prima e fondamentale (ma soprattutto positiva!) per me è che dopo sedici anni non risulto più allergica né al riso e nemmeno all’arancia, alle fragole, al kiwi. La maggior parte degli alimenti a cui sono reattiva è risultata invariata, salvo che si è aggiunta quella alla mela (che però, visto che sto mangiando senza problemi continuerò a mangiare, almeno per il momento) e alla prugna (con la quale avevo già sperimentato una reazione allergica tanto tempo fa e che comunque non mangiavo nemmeno prima).

Per il resto ecco a cosa devo fare attenzione:

-lenticchie
-prezzemolo
-piselli
-pesca
-ciliegia
-prugna
-mela
-arachide
-nocciola
-mandorla

L’allergologa era più entusiasta di me all’idea che avrei potuto cominciare a mangiare il riso come carboidrato permesso dalla dieta nichel-safe. Sulla farina di grano tenero (permessa in modiche quantità dalla mia dieta nichel-safe e non positiva tra gli alimenti del prick), che non riesco a mangiare perché “mi gonfio come un pallone”, la dottoressa mi ha paventato l’ipotesi di approfondire una mia presunta celiachia. Ho detto di no, grazie. Preferisco rimanere con il sospetto e provare a vedere cosa succede introducendo il riso a tavola.

A questo punto vi chiederete quante ricette abbia sperimentato da quel giorno, vero?

La risposta è semplice: nessuna! Lo so che sono una codarda, ma non ho avuto il coraggio di assaggiare nemmeno un cucchiaio di riso. In compenso mi sono rimpinzata di arance (che adoravo prima del 2000), che non hanno lasciato un bel segno al mio contorno occhi, però…

Insomma dopo tanti anni si ricomincia la danza di cosa posso e non posso mangiare. Cosa ho il coraggio di aggiungere e in che quantità (mio marito sostiene che se avessi cominciato con uno spicchio di arancia, probabilmente i miei occhi non ne avrebbero risentito… Chissà!).

Nel frattempo vi tengo aggiornati ;).

Se vi siete persi la cronaca del mio ultimo check up potete leggere anche l’evoluzione delle mie allergie per gli inalanti e per il nichel.

Allergie e circolare del Ministero della Salute del 25 marzo 2016

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Sono riuscita a scoprire il nome e il cognome di tutte le mie allergie e a curarle per quello che erano solo a partire dal 2000, quando avevo la “veneranda” età di 30 anni. Non sono tanti, certo, ma sono abbastanza per permettere al mio sistema immunitario di fare il bello e il cattivo tempo sulla mia esistenza troppo a lungo. Le motivazioni? Negli anni ’70, quand’ero ancora una bambina, non se ne sapeva molto di allergie (essere allergica a una molteplicità di sostanze, senza sapere bene quali, non mi hanno permesso di crescere con la massima serenità…). Alla fine degli anni ’80 presumo che di allergie, almeno i medici curanti, qualcosa cominciassero a saperne, ma il mio si accontentava di prescrivermi antistaminici random, senza cercare le vere cause scatenanti. Per puro caso con l’inizio del nuovo millennio mi sono trasferita nella mia città di adozione dove una mia collega mi ha consigliato l’allergologa che – con alti e bassi – da sedici anni mi segue.

Quando i miei figli (i primi due) in occasioni diverse hanno avuto delle reazioni allergiche, il pediatra ha ritenuto di non approfondire le cause. Priva di una sua prescrizione, ho “bypassato” le sue indicazioni e ho portato i bambini – a pagamento – dalla mia allergologa. Lo so cosa state pensando. Ho poche certezze nella vita, ma una reazione allergica sono in grado di riconoscerla, a dispetto del pediatra che stimo al 100%.

Tutto questo pistolotto più o meno nostalgico ha un motivo perché da ora, se avete problemi a farvi prescrivere gli esami allergologici dai pediatri/medici di base indispensabili per una diagnosi tempestiva e per una corretta gestione nel tempo della patologia, ci viene incontro con la Circolare del Ministero della Salute del 25 marzo 2016 che contiene indicazioni per i medici prescrittori e per i medici specialisti, e chiarimenti su alcune prestazioni, anche allergologiche.
Ecco in sintesi cosa dice:
Per quanto concerne le indagini allergologiche, nella attuale fase sperimentale, indagini di base, costituite da non più di 12 IgE specifiche per allergeni, possono essere prescritte direttamente dal medico di medicina generale o dal pediatra ferma restando la possibilità per i medesimi professionisti di eseguire direttamente tali indagini cutanee.”

In pratica, il pediatra/medico di base può prescrivervi le analisi delle IgE specifiche volontariamente, senza intasare le già piene liste di prenotazione per le visite specialistiche. Quindi in caso di difficoltà vi consiglio di stampare e presentare al vostro medico la circolare ministeriale che trovate qui e sottoporgliela.

Approfitto per suggerirvi, come spesso ci ricorda Cibo Amico Allergie alimentare e Anafilassi, che la diagnosi di allergia deve essere rivalutata nel tempo, con le indagini cliniche e le visite mediche che il vostro pediatra/medico di base riterrà opportune.

Allergie: la meditazione può aiutare?

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Alla fine dell’estate scorsa mi era capitato di parlare, oltre che di allergie, di meditazione.

Ecco, adesso non provate ad immaginarmi – e stigmtizzarmi (che poi è quello che ho sempre fatto io pensando a chi faceva meditazione) – in versione “santona”. Non è da me, né lo sarà mai. Eppure in questo lungo inverno il tema ha continuato a fare capolino tra i miei pensieri, anche grazie ai numerosi interventi di esperti di stress (lo stress, questo strano animale mitologico, vero?) che questo giardino d’inverno ha ospitato nei mesi passati.

Mi è capitato (in verità ho fatto i salti di gioia quando ho visto il programma) di partecipare ad una serie di incontri organizzati nella mia città dalla biblioteca pubblica in cui si parlava di yoga e di meditazione. Più volte mi è capitato di aggiungere tra queste pagine virtuali la mia pessima (o ottima – dipende dai punti di vista) abitudine di fare le cose da autodidatta. Mi viene spontaneo, visto che di professione faccio la bibliotecaria, e costruirmi percorsi “letterari” è quasi innato ormai. Il maestro yoga – non a caso – apriva sempre le sue lezioni dalla lettura di brani tratti da saggi orientali.

Tanti piccoli semi, prima o poi, generano nella sottoscritta delle curiosità da approfondire.

E’ così che al momento sono concentrata sulla lettura (e sulla pratica) di Gli elementi della meditazione per il benessere di mente e corpo* di David Fontana, edito da Astrolabio.

Da meditante alle prime armi e, per giunta, fai-da-te lo consiglio a chi voglia intraprendere lo stesso percorso che sto iniziando io.

Il saggio propone alcune schede tecniche su quelli che sono i benefici delle meditazione e che, come praticante alle prime armi, ho apprezzato parecchio, visti i motivi per cui me ne sono interessata: 1. diminuzione della tensione nervosa e dell’ansia (alzi la mano chi -pluri-allergico come me non si farebbe attrarre da un tale risultato…), 2. diminuzione di disturbi fisici legati alo stress, come – tra gli altri sintomi – emicranie da tensione (di questo ne parlerò prossimamente in un post apposito, visti i miei frequenti mal di testa), 3. diminuzione di dipendenza fisica e psicologica da farmaci (che è una delle mie paure più grandi dovendo ricorrere piuttosto spesso agli antistaminici), 4. diminuzione di depressione, irritabilità e altri stati psicologici negativi.

Eppure l’autore, in maniera davvero semplice, dice che la meditazione è molto di più. Non ci si deve accontentare di raggiungere obiettivi pratici, ma che si deve iniziare un viaggio interiore che solo per caso avrà anche quegli effetti su di noi.

Senza la padronanza e la comprensione di noi stessi siamo condannati a una perpetua alienazione” – è una citazione importante se ci pensate, e quanto è vera per me!

Che cos’è la meditazione, allora?

Il termine deriva dal latino meditari che significa “praticare assiduamente”. La vaghezza della parola è in realtà molto utile perché ci permette di iniziare il viaggio senza troppi preconcetti (quelli di cui parlavo all’inizio di questo articolo), lasciandoci un certa libertà di scelta e senza troppe aspettative. Con questi presupposti David Fontana ha scalato la classifica dei migliori autori letti in questi mesi, perché risponde esattamente a quelle che sono le mie esigenze.

La meditazione non è né un credo né un dogma.” Anzi, diffidate da chi denigra un metodo piuttosto che un altro.

Fondamentale è iniziare questo percorso con una mente aperta all’esperienza in sé, piuttosto che all’obiettivo da raggiungere.

Il volume è di lettura scorrevole. Gli esercizi da fare sono davvero pochi, anche se la loro complessità aumenta (ma di poco) con lo scorrere delle pagine. Si tratta di pratiche facili da apprendere (se ce la sto facendo io, potete essere certi che ci potete riuscir anche voi).

Tutto gira intorno al respiro. L’autore consiglia posizioni, momenti della giornata e modalità diverse di meditazione, ma tutto ruota intorno al nostro respiro che troppo spesso diamo per scontato e che invece è così importante per la nostra esistenza (e chi ha sofferto o soffre d’asma sa di cosa sto parlando).

Unica accortezza che mi sento di segnalare: se qualcuno di voi è allergico come me alle graminacee, non è indicato praticare la meditazione all’aperto.

Per concludere: la meditazione può aiutare chi soffre di allergie? Non ho ancora una risposta scientifica, ma conto di darvela (non posso dire al più presto perché non è possibile stabilire in anticipo la tempistica). D’altronde, in questo giardino d’inverno tengo traccia di tutta l’evoluzione delle mie allergie e di quanto sto scoprendo direttamente con l’esperienza diretta.

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Nome e cognome delle mie allergie: il nichel

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Farina integraleLa settimana scorsa vi ho dato appuntamento per continuare a raccontarvi del mio check up allergologico completo. Sì, sembra una soap opera, me ne rendo conto da sola, ma cosa posso farci ;)?

Dopo il 2000, anno in cui mi avevano diagnosticato il cocktail di allergie con cui avrei convissuto, ho sempre fatto solo controlli specifici e mirati. I Prick per inalanti sono stati i test più numerosi nel tempo ed eseguiti in occasione di ogni cambio di terapia (immunoterapia per iniezione e sublinguale).

Ho fatto il Patch test una sola volta e me lo ricordo ancora come un supplizio della lunghezza di 72 ore (pari a quattro giorni). Sedici anni non sono bastati a farmelo dimenticare e quindi quando la mia allergologa al temine del nostro primo incontro mi ha consigliato di rifarlo, sono andata in fibrillazione. La mia allergologa è di “razza tosta” e mi ha detto di non farla tanto lunga. Era necessario.

Memore dei miei trascorsi con l’esame che avrei iniziato a fare il lunedì ho avvisato con largo anticipo (veramente il weekend precedente…) la mia famiglia che per qualche giorno sarei stata particolarmente irritabile. Quattro cerotti che nascondevano un numero consistente di sostanze alle quali sarei potuta essere allergica a contatto sulla mia schiena non facevano presagire niente di buono. I bambini sono stati stupendi: curiosi come gatti, non potevano credere alla quantità di cerotto che avessi applicato sulla schiena. Il lunedì mattina ho chiesto alla dottoressa quale limite di sopportazione avrei dovuto considerare accettabile. Le ho fatto pena e mi ha detto che se vedevo che “buttava male” invece del mercoledì avremmo potuto aggiornarci per telefono già il martedì e anticipare di un giorno lo “scartocciamento”.

La colla dei cerotti è fastidiosa per natura, ma distinguere dove mi prudeva la schiena per quella o per altro non è stato facile. I bambini mi massaggiavano la schiena con delicatezza per darmi un po’ di sollievo e così sono arrivata al mercoledì (non volevo tornare prima dall’allergologa, per principio!) a togliere tutto lo scotch.

A distanza di tre giorni, anche in questo caso, pensavo peggio (in realtà la mia allergologa sperava in qualcosa di meglio…): sono ancora fortemente reattiva al nichel (per fortuna solo a quello). Il bozzo in corrispondenza del nichel lo confermava già dopo 36 ore, tanto che il medico mi ha messo immediatamente una crema cortisonica solo sul punto in cui non c’era bisogno di aspettare le 72 ore per averne la certezza.

Il giovedì la specialista ha confermato la mia allergia al nichel e – per fortuna – a nient’altro.

Mi sono illusa (ma solo per un attimo) in un miglioramento quando la dottoressa compilando la mia scheda invece di un quadruplo ++++ accanto al nichel, ha aggiunto solo tre crocette +++.

Potrei metterne venti… – ci ha tenuto a precisare l’allergologa – La sostanza non cambia! La tua allergia al nichel è rimasta invariata. E pensare che ci contavo. La ragazza che è uscita prima di te è guarita…

Come ha fatto? Cosa ha fatto… – ho chiesto io, quasi sentendomi in colpa per non essere guarita.

La dieta. Solo la dieta… – mi sono accorta in quel momento che, a dispetto del suo carattere, era avvilita anche la mia dottoressa quanto me.

Il nuovo elenco di alimenti da evitare (aggiornato rispetto quello che mi aveva consegnato nel 2000) prevede:

-cibi in scatola
-cacao e cioccolato
-liquirizia
-nocciole e frutta secca
-lenticchie
-fagioli
-ostriche
-mais
-asparagi
-pomodori
-piselli
-funghi
-cipolla
-cavoli
-lattuga
-spinaci
-carote
-aringhe
-uva
-pere
-margarina
-lievito in polvere
-rabarbaro
-tè
-vino
-farina integrale

Gli alimenti permessi in piccole quantità sono:

-farina di grano
-riso
-frutta
-patata
-cetriolo
-caffè
-birra
-marmellata

Restano confermati gli alimenti permessi:

-carne
-pesce
-uova
-latte
-yogurt
-burro
-formaggi
-ceci

Di nuovo la terapia consigliata è, oltre alla profilassi per il nichel per il contatto e la dieta per la parte sistemica, di ricorrere al bisogno all’antistaminico.

Se siete curiosi su come è andata a finire, vi aspetto ancora con la terza parte la settimana prossima (la prima parte la trovate qui).

Nome e cognome delle mie allergie: aggiornamento per gli inalanti

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Alla fine dell’anno scorso, dopo alcuni mesi all’insegna degli antistaminici h24, mi ero imposta di prendere appuntamento per un nuovo check up completo con la mia allergologa storica.

Ci sono voluti mesi, ma alla fine ci sono riuscita a vederla e a fare il nuovo punto della situazione (per sapere le origini vi invito a leggere uno dei miei primissimi post).

Nel primo incontro ho rifatto l’ennesimo Prick per inalanti (non prima di una bella lavata di testa per aver sospeso il vaccino sublinguale per le graminacee – anche se dalla mia c’era che la casa farmaceutica aveva smesso di produrlo e avendo la dottoressa dismesso la mail non ero riuscita ad informarla in tempo reale e le liste d’attesa per fare le cose per bene sono state quello che sono state…). Ci sono voluti quattro appuntamenti in fila nel giro di due settimane per fare un quadro completo.

So che siete curiosi di conoscere l’esito, che è stato per certi versi inaspettato. La reattività alle graminacee si è ridotta moltissimo (segno che anni di immunoterapia ipo-sensibilizzante sono stati efficaci), quella all’alternaria – che pensavo fosse peggiorata negli anni – è rimasta costante (forse leggermente ridotta, ma di poco). Purtroppo si è aggiunta una reattività ai pollini di cipresso. Non ci voleva! Anche se il bruciore agli occhi di inizio anno (di cui avevo incolpato erroneamente la dieta) avrebbe dovuto essere un segnale in tal senso.

Complessivamente l’allergologa si è ritenuta soddisfatta. Mi ha fatto un certo senso rileggere il suo quadernone old style dove conserva, oltre alla mia, le storie cliniche dei suoi pazienti.

Quando la mia specialista esegue i prick cerchia con il pennarello nero i ponfi che si sviluppano sul braccio (dove ovviamente c’è una reattività all’allergene che viene in contatto con la pelle nel punto in cui con una lancetta usa e getta mi ha punto). Con dello scotch prende lo stampo del ponfo riprodotto con il colore e lo appiccica sul quaderno indicando l’allergene. E’ così che volta per volta osserviamo l’andamento delle mie allergie.

Da questo primo incontro ne sono uscita tranquillizzata sullo (non)sviluppo dell’alternaria, visto l’ambiente di lavoro in cui presto servizio e un po’ incuriosita dalla new entry: i cipressi. Chissà perché mi sentivo immune dai pollini invernali!

Mi sono documentata subito (ecco una delle fonti).

Cupressacee/Taxodiaceae

Della famiglia delle Cupressaceae fanno parte il Cipresso comune (Cupressus sempervirens), il Cipresso dell’Arizona, la Tuja e il Ginepro che si ritrova in tutte le regioni, dal livello del mare ad oltre 3000 metri.
Negli ultimi anni i soggetti che soffrono di pollinosi invernale da Cipresso sono in aumento, in particolare in Toscana, Puglia, Liguria, Umbria, Lazio e Campania ove è aumentata la coltivazione del Cipresso a scopi ornamentali o di rimboschimento.
Il periodo di pollinazione del Cipresso comune va in genere da febbraio a fine marzo con possibili anticipi a gennaio o continuazioni fino ad aprile con concentrazioni polliniche che possono raggiungere valori elevati di oltre mille granuli per metro cubo di aria, mentre il Cipresso dell’Arizona (importato di recente dall’America e utilizzata il più delle volte per allestire delle siepi) inizia a fiorire anche a dicembre in concomitanza con il Nocciolo.
I soggetti allergici al Cipresso presentano, in genere, sintomi anche se inalano pollini di Tuja (pianta ornamentale con fioritura tra marzo e aprile) o di Ginepro (fioritura tra febbraio e maggio).
La Criptomeria o Cedro del giappone, pur non appartenendo alla famiglia delle Cupressacee ma a quella delle Taxodiaceae, produce pollini con allergeni che possono indurre l’insorgenza di manifestazioni cliniche nei soggetti con allergia al cipresso. La Criptomeria è stata importata dal Giappone in Europa, a metà del secolo scorso ed è ora diffusa in Italia nelle regioni centro-settentrionali, come pianta ornamentale nei giardini e nelle regioni meridionali ove è utilizzata per il rimboschimento. Libera grandi quantità di pollini tra febbraio ed aprile.

La terapia consigliata in caso di esposizione a graminacee, alternaria e cupressacee è per il momento l’antistaminico (e una bella pacca sulle spalle).

Vi aspetto nelle settimane prossime per la seconda parte (perché con me non finisce qui!).

Allergie: affrontare lo stress con Lucia Giovannini

Non è la prima volta che nel mio giardino d’inverno virtuale parlo di stress. Non solo perché lo stress peggiora la resa del mio sistema immunitario, ma anche perché vivere con le allergie risulta in alcuni periodi indiscutubilmente “stressante”.

Ho trovato il coraggio di contattare una vera esperta, Lucia Giovannini, e di porre a lei alcune domande su come affrontare lo stress. La cosa fondamentale e che mi inorgoglisce non poco è che lei mi ha risposto. Non potevo che condividere con voi i suoi consigli.

Cominciamo allora.

– Sempre più spesso giornali e media accusano lo stress di molti mali moderni. Sono consapevole che lo stress non sia la causa delle allergie, ma certo non aiuta a viverle al meglio. Non solo. Vivere con le allergie è stressante a sua volta. Cosa consiglieresti a chi come me volesse intraprendere un percorso anti-stress che tenga conto delle allergie come fatto inconsueto di stress?

Il migliore percorso anti stress ha a che fare con due aspetti la meditazione e il respiro, per questo nel mio libro Tutta un’Altra Vita* ho dato ampio spazio ad entrambi, proprio come strumenti di trasformazione e di guarigione.

L’obiettivo principale della meditazione è calmare la mente. Non si tratta di una fuga dalla realtà. Anzi. Si tratta di imparare a vedere la realtà (e anche quindi gli eventi stressanti) con occhi nuovi. La meditazione aiuta a uscire dalle spirali dei pensieri negativi, e promuove uno stato di chiara consapevolezza e di benessere che con la pratica può diventare molto profondo, tanto che alcuni lo chiamano beatitudine.
Imparare a guidare la propria mente significa imparare a guidare i propri stati d’animo e quindi vivere meglio. Questa pratica aiuta a gestire le situazioni stressanti, stimola l’autostima, l’energia, l’entusiasmo per la vita, la capacità di rilassarsi e migliora persino il sistema immunitario.

Per quanto riguarda il respiro, alterando il tipo di respirazione variamo la composizione chimica del nostro sangue e modifichiamo emozioni e stato d’animo.
I benefici del lavoro col respiro, sono enormi e sempre più riconosciuti dalla scienza moderna: il respiro consapevole e la volontà infatti possono essere usati in ogni momento per bilanciare la propria energia, rilasciare la tensione e l’ansia, migliorare la concentrazione mentale e la propria vitalità, affrontare una sfida, liberare la propria creatività.
La pratica di una respirazione sana, non solo allontana le malattie, ma migliora anche la salute. La ricerca medica è piena di casi in cui l’uso appropriato del respiro ha curato malattie quali l’asma, l’alta pressione e i problemi cardiaci. Il corpo si libera del 70% delle tossine attraverso il respiro, tuttavia, se non usiamo la respirazione in modo corretto, altri organi devono lavorare di più per poter compensare, e questo “extra lavoro” può preparare la strada all’insorgenza di malattie gravi.
Inoltre il respiro consapevole “ri-allena” il sistema nervoso a livelli più alti di energia e vitalità e questo facilita la trasformazione psico-spirituale: portando più ossigeno alle varie parti del corpo e del cervello, le vecchie memorie e i condizionamenti immagazzinati nelle cellule vengono rilasciati.

Nel mio sito potete trovare Il soffio che guarisce  percorsi in cd o dvd che aiutano nella pratica della mediazione e della respirazione.

– Nel mio blog offro spunti di riflessione consigliando libri che fanno bene all'”anima”. Piccole coccole emotive, le definisco. Ho visto che hai scritto molti libri sul benessere in generale. Quale consiglieresti a chi come me soffre di allergie e sul lungo periodo comincia ad abbattersi e a pensare di non farcela?

Decisamente Tutta un altra vita proprio perché oltre ad essere una vero nutrimento per l’anima, permette di capire e sciogliere i condizionamenti e i blocchi che ci fanno vivere male
(qui potete scaricare il primo capitolo gratuitamente).

– Ho visto che organizzi molti corsi, secondo te quale potrebbe venire maggiormente incontro alle esigenze di una paziente pluriallergica come me e perché?

Potrei consigliarti il corso di Tutta un altra vita basato sull’omonimo libro che è stato un best seller tradotto in oltre 8 lingue e che ha già aiutato moltissime persone nel mondo a ritrovare se stessi, a sciogliere i blocchi e i condizionamenti, a gestire lo stress e a migliorare la propria vita.

– Sei allergica a qualcosa o conosci qualcuno di allergico?

In un periodo della mia vita sono stata allergica alla polvere.
Quando per esempio entravo in una stanza polverosa, mi si gonfiavano le mucose, gli occhi mi brucivano e starnutivo per diversi mimuti.
In quegli anni viaggiavo tantissimo , soprattutto in paesi del terzo mondo dove le condizioni igieniche erano molto precarie, quindi potete immaginare.
In realtà stavo vivendo un periodo difficile della mia vita in cui avevo bisogno estremo di fare pulizia del vecchio e credo che questo fosse il modo che il mio corpo aveva per dirmi che era arrivato il momento per il cambiamento. Infatti alla fine ho lasciato il mio vecchio lavoro da modella, il mio matrimonio e la mia casa.
Dopo di che non ho mai più avuto nessuna allergia.
Non sto dicendo che funzioni per tutti allo stesso modo, ma di sicuro vale la pena fare un pò di lavoro interiore per capire meglio i messaggi del proprio corpo.
A livello psicosomatico e simbolico infatti l’allergia è una reazione inconscia del corpo che attiva il sistema immunitario per combattere e allontanare da sé alimenti o situazioni percepite come pericolose.

– Nei tuoi incontri ti è mai capitato di lavorare con degli allergici gravi e in che modo sei riuscita ad aiutarli?
Sì, diverse volte e con diverse allergie: noci, latte, glutine, uova.
Anche in questo ultimo corso di 8 giorni in Thailandia Spiritualità Vitalità Benessere c’erano alcune persone con gravi allergie.
I benefici che hanno condiviso di aver ricevuto sono stati molteplici. Dall’abbassare il livello di stress, al sentirsi nettamente meglio a livello fisico, all’avere più energia, a capirsi di più, a creare finalmente i cambiamenti desiderati allontanando le situazioni che a livello simbolico creavano l’allergia.

– Ci sono tre consigli che regaleresti ai lettori di Vivere con le allergie per vivere meglio con il loro sistema immunitario ballerino?

Innanzitutto smettere di lottare con se stessi, smettere di criticarsi, essere più dolci , più pazienti verso se stessi e verso il proprio corpo.
La critica distruttiva non serve a nulla: continuare a ripetersi che “non siamo abbastanza belle/i, bravi, che il nostro corpo ha qualcosa che non va” non ci aiuterà di certo.

Il secondo passo è iniziare a notare ed apprezzare ogni sforzo che facciamo, ogni tentativo, indipendentemente dal suo esito, proprio come apprezzeremmo del buon cibo o la compagnia degli amici. Questo ci aiuterà a gioire anche dei piccoli risultati e non solo ci stimolerà a migliorarci ma porterà più equilibrio anche al nostro sistema immunitario grazie alla produzione di “ormoni del benessere”. Purtroppo infatti spesso siamo così concentrati su ciò che in noi non va e ci scordiamo di apprezzare i lati positivi.

Il terzo passo è divertirsi e prendersi più alla leggera. Prendersi cura del bambino che c’è in ognuno di noi, lasciarlo giocare, circondarsi delle persone che ci fanno stare bene e che ci fanno ridere. Condividere il proprio tempo e la propria energia con persone che sono una fonte di ispirazione per noi aumenta la nostra motivazione e il nostro benessere.
Buona vita!

Grazie Lucia e buona vita a te.

Se volete conoscere meglio Lucia vi consiglio di approfondire le tematiche di cui abbiamo parlato oggi insieme sul suo sito ufficiale e su Bless You.

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