Saturday, July 27, 2024
Home Blog

Vivere con le allergie e la seconda inoculazione del vaccino Covid-19

0

A distanza di quasi un mese dalla prima inoculazione del vaccino Covid-19 sono tornata nello stesso Centro Vaccinazioni per la seconda dose. Sinceramente avevo molti dubbi (o forse è meglio dire paura?) perché mi ricordavo le parole della mia ex allergologa quando  mi aveva spiegato che la seconda reazione allergica – di solito – è peggiore della precedente.

Tra l’altro la lunga trafila (flebo al braccio, ore di attesa prima e dopo – prima, per aspettare la disponibilità della barella e di personale per assistermi e dopo, per aspettare l’ora canonica per scongiurare un’eventuale reazione o intervenire nel malaugurato caso che le cose non fossero filate lisce…) mi aveva fatto pensare di evitare di portare con me la documentazione sui miei precedenti allergici e addirittura di trascurare di raccontare quanto avvenuto in occasione della prima dose. In quell’occasione il medico che mi aveva “preso in carico” sembrava piuttosto affaticato e forse un tantino annoiato e volevo evitare di “affaticarne e annoiarne” un altro.

Di solito i miei articoli sono piuttosto seri, ma questa volta credo che dovrò svelarvi un lato di me che vi farà sorridere.

Rispetto alla volta precedente sono partita per il Punto Vaccinazioni con largo anticipo e ho compilato i moduli mentre avanzavo in fila. Mio marito e mia sorella erano più tesi di me. Quando sono entrata da sola mi hanno assegnato un numero che – guarda caso – è il mio numero fortunato. Ho cercato di fotografarlo tre volte, ma non sono riuscita perché ogni volta mi chiamavano per lo step successivo della procedura. Ogni passaggio era connotato da un nuovo numero sempre in linea con quello portafortuna. Tutto ciò, che ha poco di scientifico, mi ha rassicurato anche se il mio contapassi segnava il livello delle pulsazioni da seduta notevolmente elevato.

Finalmente sono arrivata davanti al medico che stava cercando di aprire un contenitore pieno di pezzi di anguria. Mi sono detta: – Non posso rovinargli lo spuntino!

Poi ho sentito mia sorella e mio marito che mi intimavano telepaticamente di non fare la deficiente (cioè “deficere” nelle informazioni, cosa andate a pensare?) e gli ho detto che avevo dovuto fare ricorso agli antistaminici e al cortisone a causa del prurito-tossetta insorti dal giorno successivo alla vaccinazione precedente, senza specificare che l’iniezione mi era stata fatta in barella, con flebo e blablabla.

Nonostante la sfiga di avermi incrociato poco prima della sua merenda il medico si è dimostrato gentilissimo. Mi ha detto, leggendo il monitor del suo pc: – Simonetta, hai fatto benissimo come hai fatto e rifacciamo la procedura della volta scorsa. Va bene?

Della serie: anche la sanità della mia regione di adozione si è informatizzata ;).

Lo spazio per i casi delicati era stato allagato, per cui non ho dovuto aspettare. L’infermiera era felice di vedere che la vena del braccio era bella in vista. Mi ha ugualmente tartassato il braccio, ma era simpatica e anche se l’ematoma è durato dieci giorni, non posso recriminare nulla.

Mio marito è stato fatto entrare per farmi compagnia, ma tra il medico gentile e l’infermiera dolce l’ora di attesa è volata.

Adesso vi chiederete: – Sì, ok. Ma reazioni allergiche?

Nessuna. Nessuna. Nessuna!

Ho avuto tutti gli effetti collaterali previsti per il vaccino Moderna (dolore al braccio nella sede dell’iniezione per qualche giorno, il giorno successivo la temperatura è salita, meno mal di testa della volta precedente e stanchezza per un po’), ma di quelli non mi sono minimamente preoccupata.

Anzi. Nei giorni successivi mi sembrava di camminare a un metro da terra, tanto mi sentivo sollevata e stupita per aver superato questa prova indenne come una persona “normale”.

Non so come la pensiate voi, ma questa mia cronaca dimostra che sono favorevole alla Vaccinazione contro il Covid-19.

Se siete arrivati fino a qui e siete allergici come me, vi consiglio di leggere il mio articolo con le domande che mi sono posta anch’io prima di vaccinarmi.

Vivere con le allergie e la prima inoculazione del vaccino Covid-19

0

Mi sono preparata razionalmente e psicologicamente alla prima inoculazione del vaccino Covid-19. Avevo “studiato” la data, l’orario, avevo sentito medici amici e conoscenti, la dottoressa dell’ASUR. Insomma, ero tranquilla.

Avevo fatto – anche se non ottenendo i risultati sperati – la mia annuale cura omeopatica “recupera le forze” (la mia energia fisica è ai minimi storici, nonostante il trattamento). Ero pronta. D’altronde mettendo sui due piatti della bilancia da una parte la possibilità di prendere il virus (e i numeri dell’ultimo anno e mezzo parlano da soli) e dall’altra quella di avere una reazione allergica a sostanze “sconosciute” al mio sistema immunitario e che il mio organismo ignora, la seconda ipotesi pesava di più. Fine della storia.

Mi sono presentata al Punto Vaccinazioni della mia città puntuale. Strano ma vero, considerando che quando stavo per scendere dalla macchina mi sono accorta di aver lasciato l’intero fascicolo storico delle mie allergie a casa e sono dovuta tornare a prenderlo.

Dopo i vari passaggi amministrativi e non, sono finalmente arrivata davanti al medico che letta la mia cartella clinica, si è preso qualche minuto di silenziosa riflessione e alla fine mi ha detto: – Ma lei è proprio sicura di voler fare il vaccino?

In realtà non mi ha lasciato rispondere. Forse perché la domanda aveva poco senso in quel frangente. Chissà. Comunque mi ha detto che avrebbe proceduto con la somministrazione del vaccino “preparandoci al peggio” (lo dico io, non il medico). Anziché infilarmi nei cubicoli come tutti gli altri, mi hanno accompagnato dietro un separè e mi hanno preparato inserendo nell’avambraccio destro un ago per attaccarmi ad una flebo di fisiologica. Nell’eventualità che iniziasse una crisi, avevo la vena aperta e pronta per intervenire. Solo allora mi hanno fatto il vaccino (per quel giorno era previsto “Moderna”). La scrupolosità del medico è stata encomiabile: è rimasto con me per i primi dieci minuti e poi gli infermieri hanno fatto entrare mio marito per farmi compagnia, verificando ogni tanto le mie reazioni. Mi hanno trattenuto per oltre un’ora in osservazione e credo che tutti abbiano esultato virtualmente perché tutto era andato liscio. La più contenta ovviamente ero io, che vi credete!

In piena fioritura di graminacee, oleacee (e, per non farci mancare niente, le fagacee alle quali per fortuna non sono allergica…), stavo assumendo la solita terapia a base di antistaminici ad uso locale e orale. Quindi tutto bene. Potevo tornare a casa in tranquillità. Unico tasto dolente è stato il feroce mal di testa che mi è scoppiato dopo qualche ora, ma ho pensato che la colpa fosse della tensione accumulata nell’attesa.

Purtroppo la mattina successiva mi sono svegliata con un leggero prurito in gola, ma non ci ho dato peso. Anzi ho pensato che potesse essere l’inizio di un po’ di raucedine legata al fatto che nel Punto Vaccinazioni ci fosse l’aria condizionata molto forte e io non mi ero portata nulla per coprirmi.

La mattina successiva ancora il prurito si era intensificato e una tossetta fastidiosa ha cominciato ad allarmarmi. Il terzo giorno sono dovuta ricorrere alle maniere forti ricorrendo al fantastico cortisone. Ci ho messo una decina di di giorni per ristabilirmi.

A distanza di tre settimane dovrò fare la seconda dose. Nonostante tutto – che poi il tutto si risolve sempre nel timore di un’ipotetica reazione allergica – voglio fare la seconda dose, perché nella malaugurata ipotesi in cui dovessi prendere il Covid il problema di quali farmaci assumere per curarlo si riproporrebbe. Quindi: tanto vale, no?

Qualcuno ha voglia di raccontarmi la sua avventura in Centro di Vaccinazione? Sono curiosa.

Vivere con le allergie e il vaccino Covid-19

0

Quando si vive con le allergie (tanti tipi diversi di allergie nel mio caso) ogni novità è guardata con sospetto. So e conosco i miei limiti (in particolare del mio sistema immunitario) e ho imparato a non stuzzicarlo più del dovuto.

La comparsa di un nuovo “virus mutante” (così lo chiamano i miei figli appassionati di distopici e post-apocalittici come Maze Runner) come il Covid-19 non ha fatto bene alla mia fragile capacità di affrontare esperienze avventurose. Per cui l’idea di ammalarmi e di avere delle difficoltà nel curarmi a causa della mia allergia ai farmaci non vi nascondo che mi ha preoccupato e mi preoccupa.

E poi finalmente si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel quando viene annunciato che sono stati messi sul mercato, non uno, ma addirittura una manciata di vaccini contro il Covid-19.

Ecco, la parola “luce” nel mio caso all’inizio era un po’ fioca…

Intanto perché le prime voci sparate dai tg e quotidiani che arrivavano dalle inoculazioni iniziali erano confortanti e preoccupanti allo stesso tempo. Tutto bene, ma – guarda caso – i primi effetti collaterali rassicuranti per i più erano di reazioni allergiche importanti a carico di soggetti già “allergici”.

Fermi tutti!

L’unica fonte ufficiale a nostra disposizione è l’AIFA, l’Agenzia Italiana del farmaco, che risponde ai nostri principali dubbi “allergici”.

Vi riporto le principali questioni che ci riguardano.

Come viene rilevata l’assenza di controindicazioni?
Prima della vaccinazione il personale sanitario pone alla persona da vaccinare una serie di precise e semplici domande, utilizzando una scheda standardizzata. Se l’operatore sanitario rileva risposte significative alle domande, valuta se la vaccinazione possa essere effettuata o rinviata. Inoltre l’operatore verifica la presenza di controindicazioni o precauzioni particolari, come riportato anche nella scheda tecnica del vaccino.

Le persone con allergie respiratorie (rinite, congiuntivite, asma bronchiale) possono vaccinarsi con i vaccini a mRNA o con il vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca?
Le persone che soffrono o hanno sofferto di allergia respiratoria possono vaccinarsi, rimanendo in osservazione, come tutti, per 15 minuti dopo l’iniezione. L’eventuale trattamento antiallergico in corso, inclusa l’immunoterapia specifica, non deve essere sospeso.

Le persone con asma bronchiale persistente grave possono vaccinarsi?
Per chi soffre di asma bronchiale persistente grave è raccomandata la vaccinazione sotto controllo medico in ambiente protetto (ospedaliero). In caso di asma non controllata la somministrazione del vaccino va rinviata fino a quando la situazione clinica non sia di nuovo sotto controllo.

Le persone con allergie alimentari possono vaccinarsi?
Le persone con allergie alimentari possono vaccinarsi rimanendo in osservazione, come tutti, per 15 minuti dopo l’iniezione. Chi ha presentato in precedenza reazioni allergiche gravi (anafilassi) agli alimenti deve rimanere sotto controllo medico per 60 minuti. Se all’allergia alimentare si associa asma bronchiale persistente grave è opportuno che la vaccinazione sia eseguita in ambiente protetto (ospedaliero).

Le persone con allergie a farmaci o ai loro eccipienti possono vaccinarsi?
Le persone con allergie ai farmaci possono vaccinarsi rimanendo in osservazione, come tutti, per 15 minuti dopo l’iniezione. Chi ha presentato in precedenza reazioni allergiche gravi (anafilassi) a farmaci deve rimanere sotto controllo medico per almeno 60 minuti. Se all’allergia a farmaci si associa asma bronchiale persistente grave è opportuno che la vaccinazione sia eseguita in ambiente protetto (ospedaliero). Le persone con allergia GRAVE agli eccipienti polisorbato, polietilenglicole (PEG), macrogol non devono ricevere il vaccino COVID-19 ma devono essere indirizzati a uno specialista allergologo esperto di allergia a farmaci e vaccini.

Le persone con allergie da contatto (dermatiti) possono vaccinarsi?
Le persone con una storia di dermatite da contatto possono vaccinarsi, rimanendo in osservazione, come tutti, per 15 minuti dopo l’iniezione.

Le persone che hanno presentato una reazione avversa grave, di tipo allergico o non allergico, alla prima somministrazione di uno dei vaccini disponibili contro COVID-19 possono ricevere la seconda dose?
NO, le persone con una storia di reazioni gravi, allergiche e non, alla prima dose, NON devono sottoporsi alla seconda dose, ma devono rivolgersi a un Centro di riferimento con esperienza sulle reazioni alle vaccinazioni, per un approfondimento specialistico.

Le persone con mastocitosi possono vaccinarsi?
Per la vaccinazione delle persone affette da mastocitosi si raccomanda, come avviene per i vaccini di routine, la copertura anti-istaminica per via orale da 1 giorno prima a 5 giorni dopo la vaccinazione, e di rimanere sotto controllo medico per almeno 30 minuti dopo l’iniezione. In caso di pregresse reazioni anafilattiche da qualsiasi sostanza il periodo di osservazione va protratto a 60 minuti.

Insomma, io mi vaccinerò.

Allergie e un anno da dimenticare

0

Il 2020 non è stato un anno buono per nessuno. Chi avrebbe pensato che un virus potesse essere così micidiale? Io no di certo.

Il mio 2020 è stato complicato. Sono stata fortunata perché né io né nessuno della mia famiglia ha preso il Covid-19. Per quanto riguarda le allergie invece la situazione è stata abbastanza problematica rispetto alla media degli ultimi anni.

Giusto un paio di settimane prima del lockdown ero stata dalla mia omeopata per fare il punto della situazione. Mi aveva prescritto un rimedio ad hoc, ma se di solito mi basta qualche giorno per riprendere forza, questa volta non è stato così. Sono convinta che lo stress legato alla situazione internazionale non abbia aiutato il mio sitema immunitario e quindi, pur costretta in casa come tutti, la primavera ha fatto sentire la sua presenza. Gli occhi hanno “bruciato” più del solito e le tradizionali gocce di collirio non sono state sufficienti ad acquetare i sintomi. A questo si è aggiunta una novità: le cose nuove e imprevedibili per noi allergici non sono mai da prendere con leggerezza. E infatti, quando le mascherine e i guanti monouso sono diventati irrinunciabili per ogni minima uscita qualche dubbio sulla loro innocuità per la sottoscritta è cominciato a sorgere.

Ho dato la colpa ai guanti e chi si è visto si è visto.

Ormai l’esperienza insegna che non funziona sempre così se non ci sono le prove.

L’anno scorso, a causa della menopausa (e dell’abbondante uso di cibo, in prevalenza di frutta), avevo cominciato un ottimo programma di allenamento online per rimettermi in forma. Strano ma vero aveva funzionato, finché – di nuovo a causa dello stress – durante i mesi di ritiro forzato a causa del Covid-19 ho esagerato e, prima a causa di un piede e poi di un ginocchio, ho dovuto dire bye bye all’attività fisica e tornare a dare il benvenuto ai chili di troppo.

Come se non bastasse sono andata a cercaremi la sfiga (non potrei chiamarla diversamente): assumere un integratore alimentare a base di vitamina D non era assolutamente indispensabile. Eppure l’ho fatto e me ne sono pentita

A questo punto ho pensato che fosse sufficiente per chiudere l’anno bisestile (quattro anni fa non era stato così funesto).

Non è stato così. Qualche giorno prima di Natale ho sentito di nuovo quello strano pizzicore agli occhi. Ho pensato che l’effetto dell’integratore, da assumersi con dosi mensili, stesse provocando ancora reazione (o meglio non fosse mai terminata quella precedente, anche se io avevo interrotto la cura). Non era però il tipico prurito che eventuali cipressi in anticipo con la fioritura rispetto alla stagione potessero causare.

Come al solito quando una reazione “non mi torna” inizio a dare la colpa a qualsiasi cosa mi venga in mente, finché verso le 11 del giorno di Natale con gli occhi che assomigliavano a quelli di un panda tanto erano gonfi e la paura salita alle stelle ho deciso di ricorrere ai farmaci delle emergenze. Per fortuna a causa del lockdown eravamo a casa e non avevamo altri impegni che non fossero sdrairci in divano e bruciarci il cervello con film sdolcinati (con periodiche capatine davanti allo specchio a verificare il mio contorno occhi).

L’emotività è una pessima consigliera (e vi assicuro che ero in preda al panico), ma mi sono sentita anche un’emerita idiota a non capire cosa mi stava succedendo. Ho risteso la lista degli alimenti che stavo mangiando. Ho pensato di dare la colpa ai lieviti indirettamente coinvolti dalla mia allergia alle muffe. Alle arance. Alla tachipirina presa (perché le mie reazioni si accompagnano sempre a dei feroci mal di testa).

E poi quando pensavo che non avrei trovato la risposta, all’alba del 27 dicembre mi si è accesa la lampadina. Mio marito e i miei figli continuavano a dirmi che la reazione era posizionata esattamente nel punto in cui si appoggiavano gli occhiali, ma non potevano essere quelli la causa. Li uso da decenni.

Tra l’altro, ragionando con più calma avevo messo a fuoco il fatto che tutte le volte che la causa era stata di origine alimentare o legata aall’assunzione FANS la reazione era sistemica e non focalizzata solo sotto agli occhi.

E voilà! La colpa era della mascherina! Lavorando in smartworking non l’ho mai usata per tanti giorni e per tante ore di seguito. Rileggendo il mio diario ho verificato che anche la volta in cui avevo dato la colpa alla vitamina D, molto probabilmente la colpa era dell’uso assiduo e prolungato della mascherina medicale nei giorni precedenti. E’ stato come un flash: ho ripensato alla fortissima reazione a causa delle coppette per l’allattamento e degli assorbenti-mutandine durante il ricovero per la mia seconda gravidanza. E allora ho capito che il tessuto, oltre che evntulmente al metallo che si appoggia sul naso per evitare che l mascherina scenda, erano la vera ragione di entramenbe le due ultimi reazioni allergiche.

Posso dirvi che ora mi sento decisamente più serena. Utilizzerò solo mascherine di cotone. Ogni giorno provvederò a lavare quella utilizzata. Lo so che non è medicale, ma non ho alternative.

Tutto è bene quel che finisce: in questo caso il 2020!

Vivere con le allergie e gli integratori

0

Gli integratori alimentari sono di gran moda, secondo me.

Faccio un piccolo flash back personale. Quand’ero bambina mi ricordo che l’unico aiuto per la mia salute fosse quello di mangiare di più. Una bella bistecca di filetto o una sogliola fresca erano il non plus ultra di quanto il buonsenso comune consigliava. Sia io che mia sorella eravamo di costituzione gracile (anche se, allergie a parte, per il resto entrambe godevamo di ottima salute e non c’era mai un’occasione per rimanere a casa da scuola…) e mia madre si ostinava a chiedere al medico curante delle vitamine per fare prender qualche chilo a queste figlie magrissime. No. la risposta era sempre la stessa. Non ce n’era bisogno. Stavamo bene e questo doveva bastare. Gli integratori, che all’epoca non si chiamavano ancora così, erano consigliati a chi stava male sul serio.

Arrivo ai nostri giorni. Sembra che oggi senza un qualche integratore alimentare non si possa più vivere. Che si tratti di vitamina B, C, D, o quant’altro pare che la nostra esistenza si snoccioli in piena carestia, come se gli alimenti a disposizione in qualsiasi negozio non fossero sufficienti a garantirci una corretta e sana alimentazione.

Ehi, Simonetta! Attenzione che noi allergici alimentari qualche carenza ce l’abbiamo! – mi direte voi.

Le carenze vitaminiche effettive devono essere riscontrate con appositi esami richiesti da un medico competente. Questa è l’unica verità certa e, quando mi scrivete in privato chiedendomi consigli in proposito, vi sconsiglio sempre di fare di testa vostra (e di fare comunque attenzione perché non sempre quello che “fa bene” fa del bene a noi).

Questa è la teoria.

Ora vi dico in concreto cosa ho combinato io, perché a quanto pare il fatto di avere una certa confidenza con il mio sistema immunitario mi ha fatto fare una nuova cavolata (l’ultima risale al 2018 e la potete leggere qui). Quando si dice che una predica bene e razzola male…

Un paio di mesi fa sono stata in farmacia e mentre facevo chiacchiere sugli effetti della menopausa sulle mie articolazioni, la farmacista mi ha chiesto se stessi prendendo la vitamina D. Le ho risposto di no e lei mi ha consigliato di prenderla assolutamente. Snobbando vent’anni di convivenza con le allergie ho acquistato una fornitura di boccette da prendere una volta al mese per arrivare con serenità a primavera. Perché no? Mi sono detta. Ho letto il bugiardino (che in realtà non c’era,  la composizione era indicata solo sulla confezione) e mi pareva che gli ingredienti fossero talmente pochi (olio e principio attivo) che non ci potessero essere controindicazioni.

Così ho preso la prima dose.

Tutto ok. Di solito mi aspetto una crisi a distanza di qualche ora, quando è grave, ma ero assolutamente tranquilla. Non poteva succedermi niente. A distanza di un paio di settimane ho cominciato a sentire uno strano prurito sul contorno occhi. Mai successo prima e quindi non ho assolutamente pensato ad una crisi di allergia ritardata. Ho pensato al freddo. Alla pelle molto secca. Alla “vecchiaia imperante”. All’alternaria (il periodo è quello giusto, anche se di solito si concentra agli occhi e con un po’ di collirio la gestisco).

A distanza di un mese dalla prima somministrazione di vitamina D ho assunto la seconda dose. Preoccupata per il mio contorno occhi, ma assolutamente tranquilla per quanto riguardava l’integratore.

Immaginate già cos’è successo, vero? La sera assomigliavo ad un panda! E solo a quel punto ho capito quale era la causa… E’ stata un’epifania. Dopo aver perlustrato l’elenco di alimenti che avevo ingurgitato negli ultimi giorni e che avrebbero potuto essere la causa della crisi, è stato come un flash. La vitamina D aveva mietuto una vittima innocente. Magari “innocente” anche no.

Tutta questa prosopopea è per dirvi di stare attenti! Cari amici allergici ricordatevi sempre chi siete e vogliatevi bene anche senza integratori. Le mode “alimentari” non fanno per noi ;).

Vivere con le allergie e l’effetto Covid-19

0

Quando ho aperto questo giardino d’inverno nel lontano 2013 gli articoli erano conditi di vita personale. Non a caso ho sempre parlato di allergie in prima persona, non solo dal punto di vista clinico, ma anche da un punto di vista umano.

La mia condizione di allergica non è stabile. Avrei voluto raggiungere un traguardo (quale, non lo so. O forse sì, ma la mia guarigione per il momento non è un’opzione possibile…). Nel corso dei miei 50 anni di vita, sia prima che dopo la diagnosi avvenuta nel 2000, la mia situazione di paziente dal sistema immunitario ballerino si è costantemente evoluta, in alcuni casi in meglio, in altri no. Non si è mai cristallizzata del tutto, anche dal punto di vista alimentare.

Tutto ciò mi ha insegnato a vivere da resiliente e a sviluppare un fortissimo senso dell’osservazione, non solo per quanto riguarda l’aspetto “medico” della faccenda, ma anche personale (in famiglia, al lavoro, sempre!). E’ più forte di me, ormai.

Controllare le etichette, gli ingredienti, i bugiardini, i luoghi che frequento è diventata normalità. Ho sviluppato un senso in più che mi permette anche in alcuni casi di “sentire” gli ambienti che frequento. E’ difficile da spiegare e potreste darmi della pazza. Non mi offenderei. Lo penserei anch’io se fossi al posto vostro.

Tutta questa lunga premessa è per dirvi che in piena emergenza Sars Covid-19, il sapere di dover indossare la mascherina, di dover lavare le mani e di mantenere il distanziamento sociale non mi sta creando disagio fisico o psicologico.

Proprio la mia pluriannuale condizione di allergica mi fa essere abbastanza attenta senza considerarlo uno sforzo eccessivo. La facilità di adattamento alla convivenza con il Virus e a tutte le restrizioni che ci ha imposto mi ha fatto davvero riflettere su come la realtà di noi pazienti allergici sia già condizionata nella nostra quotidianità e di come sia un’abitudine consolidata quella di non tralasciare niente.

Per “effetto Covid-19” intendo quindi – impropriamente – quella richiesta di attenzione per i piccoli particolari della quotidianità che di solito si trascurano: portarsi le mani alla bocca dopo aver toccato maniglie, pulsanti e quant’altro, strofinarsi gli occhi, ecc.

Be’, dire che vivere con le allergie per una volta, e con tutti gli scongiuri del caso, può esserci di aiuto e renderci più consapevoli di quello che facciamo tutti i giorni, mi sembra una buona notizia. Piccola, ma pur sempre capace di sollevare l’umore precario di quest’ultimo mese all’insegna dei bollettini “di guerra” pandemici.

L’allergia all’alternaria e le mie strategie per affrontarla

Ho sempre adorato la fine dell’estate, quando il caldo si fa meno intenso, le giornate si fanno terse e con il passare del tempo il cielo di settembre mi sembra ogni anno più bello.

Una volta apprezzavo questo periodo dell’anno soprattutto perché per me era insopportabile la primavera. L’allergia alle graminacee e all’olivo non mi permettevano una grande esplorazione del mondo all’aperto. L’estate, a causa dell’incremento della sudorazione, mi metteva in subbuglio per via del nichel.

Da qualche anno a questa parte anche l’aria autunnale comincia a darmi sui nervi (!). La bellezza delle giornate rimane inalterata. Quella che è cambiata sono io. A ridosso della fine delle vacanze, oltre a sentire gli occhi bruciare e richiedere a gran voce il collirio, ogni volta che faccio la doccia un intenso prurito si propaga sulle gambe. Una cosa che non riesco a spiegarvi, tanto mi infastidisce. Dura una mezz’ora al massimo, ma è veramente intenso.

All’inizio, complice la mia dottoressa, attribuivo la colpa all’escursione termica tra la temperatura esterna e quella dell’acqua (anche se non dovrei come allergica al nichel, adoro fare la doccia bollente). Purtroppo anche facendo una doccia tiepida a partire da questo periodo il prurito si ripresenta. Sempre fastidiosissimo.

Ormai dopo vent’anni di esperienza comincio a pensarla come gli allergeni che mi perseguitano e così ho iniziato a riflettere, soprattutto dopo la mia disavventura con i funghi.

La prima cosa a cui sto attribuendo la colpa è proprio la muffa. In casa non ce ne vedo, né ne sento l’odore, ma la verità è che io asciugo i panni in casa e quindi non è detto che le spore diano il meglio di sé e in maggior quantità in questo periodo.

La seconda cosa a cui ho pensato è il lievito come ingrediente da evitare come allergica al nichel, ma che, avendo aggiunto qualche prodotto da forno negli ultimi tempi, potrebbe causarmi questi pruriti.

Così ho provato a fare una piccola ricerca sugli alimenti che direttamente o indirettamente potrebbero portarmi a contatto con i lieviti:

  • gli alimenti che contengono effettivamente lieviti come pane, fette biscottate, pizza, ma anche quei prodotti che pur non contenendo lieviti, hanno comunque subito qualche processo di fermentazione come pane azzimo, fette Wasa, cracker, piadine e in genere a tutti quei prodotti da forno che in etichetta nche se riportano la dicitura “senza lievito”.
  • altri prodotti fermentati sono il miele (che io non tollero e chissà che non sia proprio per questo motivo), i funghi (che mi hanno già fatto finire al pronto soccorso), l’uvetta passa, i formaggi (freschi e stagionati), lo yogurt (sia di soia che vaccino), il tè nero (che non è vietato per gli allergici al nichel), il vino, la birra e tutte le bevande alcoliche.
  • i condimenti come l’aceto (balsamico, di vino, di mele) o le salse macrobiotiche (salsa di soia, il tamari, il miso).
  • gli avanzi di cibo conservati per più giorni in frigorifero o lasciati all’aria aperta subiscono un’ossidazione e quindi una fermentazione.
  • l’acido citrico, che viene spesso aggiunto come conservante a cibi e alimenti come le marmellate, viene prodotto da un lievito.

Quindi da brava stratega proverò da una parte a usare parecchia candeggina nella pulizia della doccia e della vasca, ma dall’altra proverò a stare più attenta a cosa mangerò nei prossimi mesi in questo periodo.

Vivere con le allergie va in vacanza

0

Il blog Vivere con le allergie, come ogni anno in questo periodo, si prende una piccola pausa estiva. Le allergie un po’ meno, ma che ve lo dico a fare :)?

Nonostante lo smartworking (una grande fortuna, devo ammetterlo) e i lunghi mesi in lockdown a causa del Covid 19 mi sento davvero molto stanca e ho bisogno di staccare il cervello.

E’ tempo di mare, di monti e di viaggi e anche questo giardino virtuale chiude i battenti fino a settembre. In questo periodo continuerò a lavorare visto che le mie ferie ufficiali quest’anno sono pochissime.

Per fortuna vivo in una città di mare e posso dire di sentirmi in vacanza fin dai primi giorni di sole, non appena comincio a stazionare sotto l’ombrellone in spiaggia, anche se quest’anno la rilassatezza tipica estiva deve ancora arrivare. E il timore di come il distanziamento sociale, l’uso delle mascherine e della detersione delle mani condizionerà le prossime settimane, mi preoccupa un po’.

Auguro a tutti voi un’estate tranquilla e delle vacanze di puro relax, oltre che tanta tanta salute. Mai come in questo 2020 si tratta un auspicio che ha un valore nuovo.

Salvo qualche aggiornamento sulla pagina Fb e via Twitter, vi aspetto a settembre qui sul blog per parlare ancora insieme di allergie :).

Vivere con le allergie e come vestirsi

Ogni mattina quando ti alzi e apri l’armadio ti chiedi – E oggi cosa mi metto?

Oppure sei il tipo che si prepara gli indumenti la sera prima come me?

Qualsiasi sia l’allergia da contatto (la mia nello specifico è quella al nichel) che ti sia stata diagnosticata hai cominciato a chiederti: – E cosa indosso per andare sul sicuro?

Dopo vent’anni esatti di convivenza con una diagnosi dettagliata di quanto il mio sistema immunitario fosse e rimanga carente, posso affermare con una certa presunzione che la categoria abbigliamento vada analizzata con calma.

Quali sono i vestiti a cui ho deciso di rinunciare?

Praticamente da quando nel 2000 mi è stato fatto un quadro esatto delle mie numerose allergie ho rinunciato a tutti i tessuti sintetici al 100% o misti. Anche se la percentuale di acrilico, di poliammide o quant’altro è minima la mia pelle ne risente. Gli effetti sono quasi immediati ormai: prurito, piccoli ponfi che si arrossano con il trascorrere del tempo.

Ho fatto inconsapevolmente la prova del nove addirittura con le etichette che le magliette hanno dietro il collo (quelle per capirci che indicano la composizione del tessuto, la modalità di lavaggio, ecc.). Eliminate quelle – con molta attenzione (non so se ci avete fatto caso, ma sono difficilissime da staccare), sono riuscita a indossare di nuovo quei capi che trovavo insopportabili.

Vi faccio notare che rinunciare ai prodotti che non sono in fibra naturale, oltre che minimalista, è anche una scelta eco-sostenibile. Mi pare quindi uno sforzo da non disprezzare a prescindere.

L’unica eccezione alla regola è il costume da bagno. Continuo ad usare i tradizionali costumi in poliammide ed elastane, perché non sono davvero riuscita a trovare un’alternativa valida.

Che cosa indosso regolarmente?

Il mio intimo è altrettanto minimalista. Uso solo slip e canottiere in cotone 100 % bianco. Non uso il reggiseno. Non è una scelta dettata dai tessuti, anche se quando ancora ne cercavo uno, ho fatto una grande fatica a trovarne in fibra naturale, senza ferretti e gancetti. Semplicemente lo trovo insopportabile.

Per la parte sopra uso sempre magliette o camice di cotone nel 90% delle volte bianche, perché mi dà luce al volto, oppure in inverno quando le copro con un cardigan o una felpa, spezzano la monotonia della tinta unita di queste ultime.

Sotto uso rigorosamente pantaloni in lino d’estate, in cotone ed elastane in inverno. Quando fa molto freddo sotto ai pantaloni metto anche dei leggings in cotone.

Per calzini e calzettoni uso quelli in cotone o cotone pesante e/o filo di scozia a seconda della stagione. Niente collant.

Per quanto riguarda le scarpe, il problema non si pone in inverno. Uso da anni solo gli anfibi. Devo invece fare attenzione ai sandali nel periodo estivo perché, in caso di applicazioni in metallo, non è sufficiente lo smalto a schermarle per la mia pelle sensibile. Eventuali bottoni (anche nei pantaloni) o parti scoperte in metallo in borse o zaini mi creano la stessa fastidiosa reazione se li porto con costanza per più giorni consecutivi. La soluzione è verificare bene prima di acquistarli che non ci siano.

Conclusioni

Le rinunce che ho dovuto fare alla fine non sono state così difficili da mettere in pratica. Oggi sono più consapevole di una volta del mio valore come persona e di come spendo il mio denaro quando vado a fare shopping. E’ quello che indosso che mi rende chi sono veramente? Potreste pensare che io sia un po’ monotona nell’abbigliamento, ma sapete che c’è? Non sosto più davanti all’armadio a chiedermi cosa mettermi. La mia vita si è decisamente semplificata. Quando vado a fare acquisti (che non è una cosa che amo particolarmente), risparmio anche un bel po’ di tempo perché se trovo un capo che fa al caso mio ne compro due o più pezzi: così non ci penso più. Che ne dici?

E tu? A cosa hai rinunciato a testa alta a causa delle allergie?

Per quanto riguarda la cura della mia persona ti consiglio di leggere il post sulle cose a cui ho rinunciato e quelle alle quali non ho potuto fare a meno, senza per questo rinunciare alla mia salute.

Allergie e Coronavirus

0

Sono sparita da più di un mese dal mio giardino d’inverno. Vivere con le allergie è rimasto in disparte. La clausura imposta, invece che rendermi più virtualmente “social”, ha tirato fuori la mia anima asociale (che da “brava” pluriallergica fa parte da sempre del mio DNA).

Oggi ho aperto Facebook alla mia pagina personale (se non l’hai già fatto aspetto anche il tuo Like) e scopro di aver raggiunto i miei primi 1000 Mi piace! Grazie di cuore per la fiducia e per la compagnia che mi fate!

Era quella l’idea che avevo quando nel lontano 2013 ho aperto questo blog (ecco il mio primissimo post). Mi faceva piacere condividere con altri pazienti allergici come me (e quanta pazienza ci vuole!) insicurezze, paure e, perché no, piccoli successi personali. Grazie. Grazie. Grazie Mille! 1000 grazie!

Riprendo a scrivere anche perché sto leggendo che pare che uno dei pochi effetti collaterali positivi legati all’emergenza che stiamo vivendo a causa del Coronavirus (e il fatto di dover per forza restare a casa) sia quello di limitare la nostra esposizione ai pollini. Insomma questa primavera – tra l’altro di una bellezza senza precedenti (forse anche perché quest’anno abbiamo occhi più attenti e un cuore più aperto a certi dettagli) – possiamo sorvolare sulle solite buone pratiche da rispettare. Tra l’altro l’uso delle mascherine ci evita, o comunque riduce, l’inalazione diretta degli allergeni che hanno senz’altro dimensioni maggiori di quelle di un virus.  Si aggiunga che la riduzione dell’inquinamento dovrebbe permetterci una migliore capacità respiratoria…

Tutto bello, ma…

Io sto prendendo gli antistaminici! La mia super App per allegici mi aggiorna in tempo reale e la percentuale di pollini di Fagacea, di Graminacea, di Oleacea e di Cipresso è al suo top. Insomma Covid-19 o meno, i miei occhi e il mio naso se ne fregano e bruciano e pizzicano e lacrimano e gocciolano.

Non solo. Con mio marito ci alterniamo per andare a fare la spesa, una volta alla settimana, muniti di guanti e mascherina: non ci crederete, ma io per due volte, quando mi sono tolta i guanti in lattice ho sentito una strana sensazione – quella che noi allergici conosciamo mooolto bene – in gola.

La prima volta ho dato la colpa ai pollini, ma la seconda no.

No.

No!

Quel palato secco, quel sapore tipico da “cosa ho mangiato di pericoloso?“, con le mani che tremano e il pensiero che corre a “dov’è il cortisone?“… Ecco, era tanto che non facevo un toto-allergia, ma a occhio e croce c’è qualcosa che su di me non va con guanti o meglio quando tolgo i guanti. Incrocio le dita e continuerò a fare le mie indagini (possibilmente senza dover ricorrere al pronto soccorso) e cercherò di tenervi aggiornati.