Wednesday, May 14, 2025
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Dermatiti da pannolino, allattamento e allergie

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Cosa c’entrano dermatiti da pannolino, allattamento e allergie con me, vi chiederete. Delle mie gravidanze e dell’allattamento ho già avuto modo di parlare in questo blog tempo fa.

In questo giardino d’inverno mi sento a casa e, pur non avendo più da anni bambini in età da allattamento e da pannolino con relativi sfoghi, mi permetto di fare un passo indietro che potrebbe essere utile a qualche lettore. L’occasione per cui ho rivangato vecchi ricordi è stata la chiacchierata con una neo-mamma alle prese con il sederino mooolto arrossato del suo bimbo.

Io e la mia dieta a causa del nichel viviamo in compagnia dal 2000. Anche quando ero incinta non ho mai fatto eccezioni, soprattutto perché durante la gestazione e l’allattamento, antistaminici e cortisonici mi erano stati sconsigliati, a prescindere dalla mia allergia ai farmaci per il bene del feto.

Con la nascita del primogenito ero in apprensione come qualsiasi neo-mamma. Essendo molto allergica e avendo una pelle particolarmente sensibile, riversavo sul pargolo tutti i miei timori allergici. Bastava un puntino, un arrossamento e andavo in ansia (oltre che costringere mio marito a tornare a casa prima del previsto per controllare con i suoi occhi se avevo le traveggole). Se ve lo chiedete, a parte un paio di bruttissimi casi di orticaria – che la mia allergologa mi ha assicurato essere stati dovuti ad un’infezione alle vie urinarie (pare che i bambini possano reagire anche così e comunque lui aveva già 5 anni), mio figlio non ha mai avuto reazioni allergiche importanti. Dopo qualche mese di vita però mio figlio ha avuto una bella dermatite causata dal pannolino. L’arrossamento era tale che il pediatra mi ha consigliato di levare subito il pannolino. Il lato comico della faccenda c’è: avete un’idea di quante volte un bambino di quattro-cinque mesi faccia pipì in un giorno? Ho tagliato pezzi di stoffa da usare come pannolini, lavato pezze, coperte, lenzuola e materasso a ritmo continuo per giorni. Una follia.

Quando finalmente la dermatite è passata, ho ricominciato ad usare i pannolini tradizionali (ho cambiato diverse marche, anche quelli biologici, purché con il telo in plastica interno per evitare fuoriuscite, per capirci). La dermatite ritornava, anche se non come la prima volta visto che non appena la pelle del bambino cominciava ad arrossarsi toglievo il pannolino.

Ho già avuto occasione di scriverlo (e di auto-incensarmi anche un po’, per la verità), ma il mio essere allergica mi ha permesso di sviluppare nel tempo un istintivo senso di osservazione. Ho allattato mio figlio fino a quando non sono rimasta incinta per la seconda volta (lui aveva otto mesi circa) e quindi ad un certo punto ho cominciato a monitorare cosa mangiavo io. Mi sono resa conto che quando mangiavo formaggio stagionato, al piccolo veniva la dermatite.

E’ successo così anche con la secondogenita e con la terza bambina. Per essere onesti, con l’ultima, ho evitato subito di fare esperimenti. Ho abolito parmigiano e pecorini stagionati che a me in gravidanza piacevano molto.

Che sia stato un caso oppure no, in caso di dermatiti frequenti nei vostri bimbi durante l’allattamento provate a fare caso a che cosa mangiate voi. Non si sa mai.

Semplici regole per vivere con le allergie

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Quando ho cominciato a tenere questo blog avevo alcune certezze consolidate e poche (ma sane, dal mio punto di vista) e semplici regole per vivere con le allergie.

1. Conoscevo bene le mie allergie, le mie reazioni e le soluzioni.

2. Scrivendo delle mie allergie, speravo di essere di aiuto – sul piano umano – a persone che come me si fossero trovate nelle mie stesse condizioni (non con le mie stesse allergie, ma in condizioni simili: della serie c’ho tutte ‘ste allergie e mo’ che faccio?).

Come si dice però, di buoni propositi è lastricata la strada per l’inferno. Sono laica, eppure sono convinta che il mio piccolo-minuscolo inferno personale io ce l’abbia tatuato nel sistema immunitario da tantissimo tempo. Certo, c’è di peggio e ne sono altrettanto consapevole. Eppure mi è capitato di parlare pochi giorni fa con una persona che stimo e che con le allergie ha una certa confidenza e di dover fare un mea culpa gigantesco.

A causa delle allergie e della mia pelle molto sensibile sono costretta ad usare un unico prodotto per l’igiene personale (la linea contiene sapone, shampoo, olio, crema). Nei momenti in cui i miei figli hanno degli arrossamenti, utilizzo anche per loro le stesse cose, risolvendoli in breve tempo, dove altre soluzioni non hanno funzionato. Ho peccato di generalizzazione. Ho pensato – sbagliando – che la mia esperienza potesse essere motivo sufficiente per non mettere in dubbio quei prodotti che per me sono sempre (ed è difficile per me usare la parola sempre, fidatevi) affidabili.

Da quella conversazione non ho fatto altro che pensare a redigere una lista veritiera di consigli da seguire sempre, me compresa, per non sbagliare con le proprie allergie o parlando con altre persone allergiche. Semplici regole per vivere con le allergie ancora più snelle, ma non per questo meno difficili da seguire.

a) Ogni persona allergica è diversa. L’allergia è la stessa, ma le reazioni possono essere molto diverse (e peggiori).

b) Non generalizzare (mai), nemmeno quando si parla di semplici prodotti per la cura del corpo.

c) Mai fidarsi al cento per cento di quello che leggete nel web (il mio giardino d’inverno incluso).

d) Mettetevi nelle mani di un bravo specialista e fidatevi di lui: è l’unica persona competente in grado di aiutarvi davvero.

Prevenire allergie e intolleranze alimentari

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Com’è possibile prevenire allergie e intolleranze alimentari? Ottima domanda alla quale temo di non poter dare una risposta definitiva io e nemmeno in molti altri. Perdonate la presunzione.

In settimana ho letto alcuni resoconti sull’incontro che si è tenuto a Milano su Allergie e intolleranze alimentari. I consigli, le diete e il cibo di qualità. In buona sostanza il prof. Matteo Gannattasio – medico e agronomo, già consulente del servizio di Allergologia dell’Ospedale dermatologico San Gallicano di Roma –  durante l’incontro avrebbe suggerito il consumo di prodotti di qualità.

Cioè ha detto tutto e niente.

Io mi sono posta qualche domanda da consumatrice prima ancora che come soggetto allergico. Cosa vuol dire qualità? C’è un limite alla qualità? Quanto il concetto di qualità serve al mercato per alzare i prezzi? Quali sono i parametri che delimitano un prodotto qualitativamente scarso? La raffinazione, la conservazione, la produzione alimentare? Per assurdo un prodotto confezionato dovrebbe (o potrebbe?) essere più controllato qualitativamente di uno che non lo è. Eppure Barilla e Miele Ambrosoli – bontà loro che almeno ce l’hanno detto – hanno ritirato dal mercato i loro prodotti. Negli ultimi anni ho assistito a parecchie alzate di scudi. Contro una certa produzione industriale alimentare, in particolare. Ho condiviso l’idea che la scelta biologica fosse migliore, eppure, anche lì, come per tante iniziative apparentemente meritevoli qualche volta si nasconde la magagna (vi suggerisco di leggere Pane e bugie* e Le bugie nel carrello*, entrambi di Dario Bressanini, editi da Chiarelettere).

C’è poi una questione molto più intima: la fiducia. L’altro giorno parlavo con una conoscente, favorevole al biologico, al chilometro-zero (che però potrebbe cozzare con l’idea di biologico, perché mica sai se il contadino dietro casa usa i pesticidi e non te lo dice), alla riduzione del packaging e a tutte le campagne naturaliste-vegetariane-vegane che incrocia sul suo cammino. Ecco, lei l’altro giorno mi ha fatto una gran tirata contro le modalità con cui si coltivano le banane. Le ho risposto: – Sì, ok.

A cosa possiamo credere? Possiamo fidarci? Di chi possiamo fidarci? Qual è il limite sotto il quale non mi fido più? E a quel punto – se non mi fido più -, cosa faccio? Non mangio più? Non esco più di casa perché altrimenti prendendo la macchina inquino? E così a non finire.

Lo so c’entra poco o forse nulla con la prevenzione delle allergie e intolleranze alimentari, ma temo che per tutte le cose ci voglia tanto buon senso. Niente ricette magiche. Niente guarigioni miracolose.

Vivere con le allergie mi ha insegnato negli anni a diffidare da falsi proclami o da soluzioni davvero troppo facili. Per vivere con le allergie ci vuole pazienza e la qualità della vostra vita sarà nettamente migliore.

*Link affiliati Amazon

Chakra ruote di vita di Anodea Judith

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Ogni tanto dissemino questo giardino d’inverno di suggestioni legate a letture che sto facendo. E’ uno di quei giorni.

Sto leggendo Chakra, ruote di vita di Anodea Judith edito da Bis edizioni. La spiritualità che certi saggi come quello di cui provo a  parlavi oggi raccontano e che ti avvolge e ti coccola mi piace probabilmente a prescindere dalle mie allergie. Tuttavia, visto che spesso stress e emotività tendono a peggiorare la mia iper-reattività allergica qualche volta cerco coscientemente libri che insegnino esercizi di rilassamento, offrano strumenti di base per meditare e indichino percorsi non convenzionali per stare meglio.

Il volume è un buon manuale di istruzioni del sistema dei chakra.

Secondo l’autrice infatti il nostro corpo sarebbe una sorta di veicolo cosciente e i chakra ne sarebbero le ruote. Sfide, sofferenze e anche trasformazioni non sarebbero altro che lo specchio dei nostri punti vitali. Tutto sta a conoscerli o almeno a cercare di esserne consapevoli. Tutti insieme i sette chakra costituiscono un unicum in grado di integrare la mente, il corpo e lo spirito. Non so da dove mi deriva questa convinzione, ma suppongo che un legame tra i diversi livelli debba esistere. Se non altro imparo nuove pratiche per risvegliare l’energia che già possiedo, provo a migliorare la mia salute (fisica e soprattutto mentale) e cerco di accrescere la mia consapevolezza.

Il libro è disseminato di cartine e, come qualsiasi mappa che si rispetti, dà al viaggiatore-lettore l’idea che tutto sia possibile.

Queste pagine, e in generale questo tipi di saggi, sono da leggere con calma perché c’è parecchio su cui riflettere, almeno per come sono fatta io. Qualche volta vanno lasciati sedimentare. Sottolineati. Ripresi a distanza di tempo per vedere che effetto hanno avuto.

Vi lascio un pensiero tratto da Chakra ruote di vita di Anodea Judith:

Lasciate che i chakra diventino una lente attraverso cui guardare la vostra vita e il mondo intero. È un viaggio ricco e pieno di colori. Lasciate che il ponte arcobaleno dell’anima si svolga davanti a voi lungo il vostro cammino.

Allergie: Monica e mi mangio l’allergia

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Leggo il blog Mi mangio l’allergia da tempo (se non lo conoscete è arrivato il momento di farlo, ve lo consiglio spassionatamente). Monica, la curatrice, è la mamma di una bambina allergica e nel suo diario virtuale racconta la loro esperienza specifica. Perché su questo è impossibile non vederci d’accordo: ogni soggetto allergico, adulto o meno che sia, rappresenta un caso a sé e nessuno meglio del vostro medico che vi segue sa darvi i giusti consigli su cosa dovete fare per stare bene. Fatta questa premessa, ho deciso di fare qualche domanda a Monica perché chi vive con le allergie ha un suo vademecum privato che può essere d’aiuto sul piano umano anche ad altri.

Quando hai scoperto che tua figlia non stava bene? E soprattutto come?

Se ti riferisci alle allergie, direi a cinque mesi, perché la pediatra imputava la sua dermatite ad allergie alimentari e quindi le fece fare test per indagare le allergie. Ma è a un anno circa di età che ha avuto la sua prima reazione anafilattica (edema del volto e difficoltà a respirare), mentre la dermatite atopica… va e viene dalla prima elementare, dopo anni in cui ce ne eravamo quasi dimenticati!

Che tipo di supporto avete avuto all’inizio e successivamente quando la situazione si è stabilizzata? Per la tua bambina (e anche per voi genitori)?

Da diversi medici in realtà, perché quando si parla di bambini è decisamente più difficile avere un unico riferimento, quindi inizialmente avevamo: la pediatra tedesca (perché all’epoca vivevamo in Germania), ma anche una seconda pediatra italiana di fiducia (la zia!), quindi un medico allergologo italiano per le allergie e un medico dermatologo italiano per la dermatite atopica, perché le abbiamo sempre volute tenere separate e trattare di conseguenza e questo ci ha salvato in molte situazioni, evitandoci indagini diagnostiche inutili. Successivamente ci siamo allergologo e dermatologo.

Da mamma allergicissima, il mio timore è che i miei figli ereditino il mio dna (anche se nella mia famiglia d’origine sono l’unica pecora nera): chi nella tua famiglia ha sofferto o soffre di allergie o di dermatite atopica?

Dunque, io non sono un soggetto atopico (né allergie, dermatiti, riniti o altro riconducibili all’atopia), e che io sappia nessuno lo era nella mia famiglia. Il padre di nostra figlia, invece, da bambino era risultato allergico alla penicillina, ma poi scomparsa, pare, ma come sai il soggetto allergico lo è per sempre, semmai conosce periodi di assenza, o magari arriva all’età della vecchiaia senza mai più aver avuto sintomi, però non è detto. Una zia di mio marito ed una figlia di una cugina, invece, hanno sofferto di dermatite atopica, ma per i medici questo non sarebbe un fattore predittivo… sarà, ma io sospetto che non sia proprio così. Mi sa che è come i gemelli, prima o poi l’ereditarietà fa capolino, anche se non diretta.

Quanto e come l’alimentazione di tua figlia ha condizionato (se la condiziona) lescelte alimentari dell’intera famiglia? E quanto e come la vostra vita in generale ne risente, anche in positivo (sabato sera, feste di compleanni, vacanze…)?

L’ha condizionata moltissimo, nel senso che i pasti che consumiamo insieme a nostra figlia sono prima di tutto idonei per lei, salvo assaggi di formaggio a cui negli ultimi anni il suo papà non sa più rinunciare. Così come ha condizionato le cene con amici e parenti, ma solo nella scelta degli alimenti, non nel piacere di ricevere o di andare a casa d’altri, anzi. E’ bellissimo e scalda il cuore sapere di avere amici che ci tengono ad invitarci e a fare felice anche nostra figlia, preparandole magari qualcosa a parte, oppure qualcosa di buono per tutti ma idoneo per lei. Dobbiamo però ringraziare le sue allergie se siamo diventati esperti lettori di etichette alimentari e quindi conoscitori di cosa mettiamo nel piatto (per esempio pochi sanno che il tanto decantato sale iodato contiene un additivo, e che quindi, forse…, potremmo consumare quello integrale che non è stato privato dei sali minerali naturalmente contenuti nel sale marino per esempio). Così come dobbiamo ringraziare le sue allergie alimentari, se siamo diventati, o meglio cerchiamo di diventare consumatori più consapevoli in generale. Le vacanze… dipende dai punti di vista. Noi abbiamo la fortuna di poter andare in luoghi di villeggiatura dove ci sono parenti con cui si fa a turno per le case, però se dovessimo sempre cambiare luogo o soggiornare in albergo, ecco questo è un punto in continuo divenire, perché mangiare fuori casa, comeanche tu ben sai, non è proprio un percorso senza ostacoli, ma non è nemmeno mission impossible :).

Quando tua figlia ha realizzato che certi prodotti (alimentari e non) non facevano per lei come ha reagito e come l’avete aiutata?

Fino a qualche anno fa, tollerava abbastanza bene la diversità e la frustrazione di non poter mangiare tutto quello che mangiano i suoi coetanei, ora è decisamente più arrabbiata e lo dimostra a tavola sia a casa sia a scuola, dicendo che lei mangerebbe solo pollo arrosto e patatine! Un inferno insomma, ma quello che l’ha aiutata a scuola è stato sicuramente la condivisione con una amichetta molto cara celiaca, perché allora lì c’era la diversità al contrario: ”Pensa mamma, lei può mangiare il formaggio, ma non può mangiare la mia pizza, quindi non può andare in tutte le pizzerie che vuole”, giusto per fare un esempio.
Non vorrei essere troppo prolissa, ma ogni età ha il suo problema e la sua soluzione, temporanea, perché col passare del tempo, con le esperienze che si ha occasione di fare… si cambia e cambiano le aspettative, non so se mi sono spiegata…

Da persona che vive indirettamente con le allergie altrui, quale consiglio daresti ad un altro genitore (o marito/moglie) che si trovasse nella tua situazione?

Dunque, tu che mi conosci, ormai da un po’, sai che non amo dare consigli o istruzioni per l’uso, perché ogni soggetto allergico reagisce in modo del tutto soggettivo, così come sono diversi i contesti famigliari, sociali, lavorativi… Però, in generale, mi viene spontaneo suggerire:

1) cercare prima di tutto un medico di riferimento, oltre che competente, che sia anche empatico, perché lo stato di allergia o dermatite atopica possono sparire, per cedere il posto a nuove condizioni di atopia, magari in momenti insospettabili della vita (perché anche gli stress emotivi o fisici come certe malattie possono essere, potrebbero riaccendere l’una o l’altra). Una mamma, conosciuta per caso qualche settimana fa, mi raccontava che fino alla gravidanza si era scordata di essere stata allergica da bambina, ma che con la gravidanza “sarebbe diventata allergica a tutto e non sa più che cosa mangiare!” Inoltre, ci potranno essere tanti momenti di sconforto in cui è fondamentale avere un medico di cui ci fidiamo e al quale possiamo affidarci.

2) Se da un lato navigare in rete può aiutare, occorre essere sempre vigili e dotarsi di tanto senso critico, anche perché a volte ci sono siti la cui trasparenza non è così scontata (penso a un sito in cui ero incappata che parlava di allergie e poi avevo scoperto che alle spalle vi era una azienda che produceva cosmetica… quindi con un grande conflitto di interessi mi sembra).

3) Armarsi di tanta, tanta, tantissima pazienza, e quando ci si accorge che la si sta perdendo…

4) rivolgersi eventualmente a un esperto con cui sfogare le proprie ansie, angosce, perché ci sono casi molto severi di allergia che metterebbero a dura prova chiunque e non c’è nulla di male a farsi aiutare, anche se molti credono che chiedere consulto ad uno psicoterapeuta equivalga a essere “malato”, ma non è così e lentamente questa mentalità sta forse cambiando, perché vedo spuntare qua e là in rete convegni che cominciano anche a parlarne.

5) Rimanere curiosi verso il mondo e non vederlo come ostile, perché c’è sempre una soluzione, o almeno noi ci adoperiamo sempre per trovarne una ;-).

Grazie Monica :).

Cosa indossare con l’allergia al nichel

Cosa indossare con l’allergia al nichel? Bella domanda, alla quale provo a dare qualche risposta pratica tenendo conto come sempre della mia esperienza. Non ho avuto bisogno di scoprire di essere allergica al nichel per sapere che dovevo evitare i metalli: inizialmente si trattava di banale bigiotteria, poi di applicazioni sui pantaloni (di solito il bottone che imprimeva sulla mia pancia un tatoo di bollicine rosse e pruriginose) e sulle scarpe estive – di solito sandali – usate a piedi scalzi. Ho provato di tutto, compreso il tradizionale smalto trasparente per mettere una barriera tra me e i metalli, ma si è dimostrata una soluzione possibile una tantum. Insomma il sandalo con il gancetto potevo usarlo per qualche ora in un’occasione speciale, ma non tutto il giorno per sette giorni alla settimana, soprattutto d’estate quando il nichel offre il meglio di sé. Alcuni indumenti mi davano fastidio (soprattutto prurito) e solo dal 2000 ho capito che la colpa era in parte delle tinture usate per colorare i tessuti (di solito i colori scuri) e molto più spesso a causa dei tessuti sintetici (anche se chiari).

L’acrilico per me è il peggiore. L’ultima volta l’ho sperimentato con un maglione bianco sopra una camicetta di cotone 100%. Niente: mento, collo e polsi erano un disastro sia esteticamente che per il prurito che ci ha messo un po’ a sparire (anche se l’ho usato solo per una mattinata). Da allora ho deciso che io e l’acrilico ci rispettiamo a vicenda, ma a una notevole distanza reciproca.

Ho tollerato il poliammide fino a qualche anno fa, soprattutto se contenuto in tessuti misto-cotone o misto-lana. Quando anche questi mix hanno cominciato a darmi fastidio, soprattutto sul collo e sul decolté, ho deciso di fare più attenzione alle etichette dei vestiti che compro. Niente più viscosa, niente microfibra e ciao-ciao pile.

Cosa faccio, allora? Uso solo cotone a contatto diretto con la pelle più delicata. La biancheria intima è composta di cotone e nella percentuale del 3-5% di elastan. Purtroppo niente pizzi o mise sexy, visto che in quel caso la percentuale di fibre sintetiche è molto più alta, oltre che interessare parti decisamente molto-molto delicate. Niente collant (ne ho già parlato in un altro post, se vi va di leggerlo). Quest’anno ho trovato una soluzione alternativa per poter usare le gonne. Ho trovato casualmente dei leggins in cotone nero e ho provato a usarli al posto delle calze con gli stivali. Certo sono molto più coprenti dei comuni collant, ma vi assicuro che possono andare e soprattutto non creano prurito.

Per quanto riguarda sciarpe e foulard uso solo cotone o seta. Niente altro.

Una cosa che vi consiglio di fare è quella di comprare più di un capo quando fa al caso vostro, magari di colori diversi, perché state certi che l’anno successivo potrebbe non esserci o avere subito delle variazioni nella composizione. L’anno scorso ho comprato un bellissimo sciarpone in cotone pesante a pois da una parte e a righe dall’altra nei colori del bianco e nero. Ne ho comprato solo uno (e non costava molto, tra l’altro): quest’anno ho ritrovato lo stesso modello nel medesimo negozio, ma purtroppo la composizione è cambiata. Perché sono brava a dare consigli, ma qualche volta me ne dimentico anch’io.

So già cosa state pensando: – E la moda, dove la metti?

La moda c’est moi. Me lo creo da sola, il mio outfit. L’allergia mi ha insegnato ad essere un po’ più consapevole come consumatrice e a credere un po’ più in me stessa in fatto di estetica. Non è sempre facile e non tutti i giorni mi sento bellissima, ma questo succedeva anche quando mi truccavo, facevo le meches e vestivo con tutto.

Cosa indossare con l’allergia al nichel allora? Voi stessi, con le vostre idee e con un sorriso che illumina anche gli occhi. Fateci caso: ridere è contagioso. Fatelo spesso e sarete più belli, allergici o meno.

Qualche link di approfondimento utile:

Acrilico (fonte wikipedia)

Elastan (fonte wikipedia)

Microfibra (fonte wikipedia)

Pile (fonte wikipedia)

Poliammide (fonte wikipedia)

Viscosa (fonte wikipedia)

Allergie e mal di testa

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Allergie e mal di testa nella mia esperienza sono andate di pari passo. Ho sempre sofferto di allergie (o quasi) e i mal di testa hanno cominciato a farmi compagnia molto presto. Una delle prime cose che la mia allergologa mi ha detto – insieme all’elenco degli allergeni che erano (e sono) causa delle mie reazioni – è stata che i frequenti mal di testa potevano essere causati proprio dalle allergie.

Effettivamente dal momento in cui ho iniziato a conoscere (ed evitare, dove possibile) gli allergeni responsabili delle mie reazioni, mi sono resa conto che ogni volta che non rispetto la dieta (all’inizio per inesperienza o nell’ultimo anno perché ho deciso di provare a reintrodurre alcuni alimenti), o nel periodo in cui i pollini delle graminacee e dell’olivo si danno da fare in primavera o quando l’alternaria contamina l’aria con le sue spore, il mal di testa arriva puntuale e fortissimo come una martellata. Considerando che sono allergica agli anti-infiammatori convivere con i mal di testa è due volte più difficile e mi pesa(va) molto.

Nell’ultimo periodo ho dovuto prendere in mano la ricalibratura: me ne sono resa conto proprio grazie a questo diario virtuale mentre scrivevo l’ultimo post del 2014 (se vi va, leggete il punto 3). Visti i numerosi mal di testa dell’anno scorso mi sono convinta che devo rinunciare alle sperimentazioni con nuovi alimenti – seppur nichel-safed. In alcuni casi invece si tratta proprio di fare alcuni passi indietro: ad esempio mi sono resa conto che io e i cereali non andiamo assolutamente d’accordo, neanche nella versione consentita come farina di grano tenero.

Un’altra cosa che ho sottovalutato è l’ambiente di lavoro: da due anni a questa parte un giorno a settimana dovevo prendere servizio in un ambiente impregnato di muffa. All’inizio non ci avevo dato peso, ma con lo scorrere dei mesi ho invece capito che ogni volta che tornavo a casa nel giro di uno o due giorni mi sbocciava il mal di testa. A mali estremi, estremi rimedi e quindi dopo aver cercato di far sistemare i locali (uno sforzo che mi ha portato via tempo ed energie, inutilmente), ho chiesto a una collega Santa-Subito di cambiare sede di lavoro, scambiandoci i turni. Da gennaio quindi sto evitando la convivenza forzata settimanale con la muffa, e se tutto va bene, anche i miei mal di testa dovrebbero sensibilmente ridursi.

Insomma, capite bene che vivere con le allergie non è semplice: serve la volontà a non farsi abbattere nel morale (capita lo stesso ogni tanto), la voglia di riscoprirsi e di non lasciare mai nulla al caso (anche dopo anni di equilibrismi allergici).

 

Allergie e voli pindarici

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Allergie e voli pindarici? Un connubio solo in apparenza impossibile, almeno qui nel mio giardino d’inverno.

Comincio il 2015 facendo la brava e dandomi come obiettivo principe quello di semplificare la mia vita (da allergica). In pratica pochi propositi, ma buoni.

1. Niente eccezioni alle regole. Nessuna!

2. Basta cercare di inserire alimenti che sul medio periodo mi riportano al punto zero, quello da cui mi sono affrancata con una decina di anni di rispetto assoluto delle regole (alimentari e non).

3. Basta ricerca di formule magiche: ce ne sono a bizzeffe in giro e possono andare bene per altri. Non è il mio caso. Mettiamola così: sono così unica e speciale da non avere paragoni. Insomma devo mantenere la rotta dell’ultimo mese.

4. Basta spendere soldi per prodotti vagamente nichel-tested per il viso. Ne esco sempre spennata nell’immediato e con una faccia da panda che non mi rende giustizia a breve.

5. Mantenere l’obiettivo-capelli intatto: basta meches. Devo riuscire a far crescere i capelli a sufficienza per poter azzardare un taglio nuovo e fresco per l’estate.

6. Mi piacerebbe trovare un nuovo paio di occhiali: in realtà due, uno da vista e uno da sole, che vadano d’accordo e mettano in luce il mio incarnato sbiadito-invernale senza più i capelli biondi finti.

7. Mi piacerebbe osare e trovare un nuovo look che tenga conto della mia pelle sensibile (tessuti belli in fibra naturale, preferibilmente cotone 100%  a contatto sull’epidermide. Idee?).

8. Voglio essere costante nell’attività fisica: poco e spesso piuttosto che troppo e saltuario. Costante vuol dire anche non variare modello di allenamento ad ogni nuovo libro che riesco a procurarmi.

9. Voglio riuscire fare tante passeggiate in spiaggia, come quelle che ogni giorno sono riuscita a fare con i miei figli durante le vacanze natalizie, anche se le ferie sono finite.

10. Voglio essere più rilassata: le allergie (e la mia pelle, oltre che i miei mal di testa) si fanno sentire meno quando sono più serena. Ri-leggere alcuni dei libri che ho consigliato anche qui su Vivere con le allergie.

Facile, no? E voi, quali propositi avete per il nuovo anno? In attesa di vedere cosa mi racconterete, non mi resta che darvi il bentornato in questo giardino d’inverno.

Allergie e bilancio di fine anno

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Allergie e bilancio di fine anno? Di già? Questo 2014 sta arrivando al termine e come d’abitudine è tempo di fare qualche considerazione filosofica. Capita anche a voi?

1. Vivere con le allergie ha cambiato faccia e ne sono molto orgogliosa, perché c’è molto di me tra queste pagine virtuali. La sostanza è rimasta inalterata, perché in questo giardino d’inverno virtuale parlo sempre dei miei equilibrismi allergici.

2. Grazie a questo blog in privato ho avuto diversi contatti con persone alle prese con le allergie e con l’ansia che spesso dopo una diagnosi apparentemente semplice può farsi sentire nella vita di tutti i giorni. Non sono un medico – lo ribadisco ancora – posso solo solidarizzare con voi (ed è questo il motivo per cui continuo ad aggiornare questo blog). Alcune storie, come quella di Maddalena e quella di Sara, sono state pubblicate e le ringrazio ancora, perché so che non è facile raccontarsi quando si parla di malattie. Ribadisco l’invito a leggere il post sul perché potrebbe essere utile raccontare la propria avventura allergica.

3. Sul piano personale il 2014 è stato un anno ricco di iniziative. Ho cominciato questi ultimi dodici mesi provando ad inserire nuovi alimenti nella mia dieta nella convinzione che dopo tanti anni fosse arrivato il momento di provarci. Non è stato un grande successo. Ho provato ad accostare alimenti nichel-consentiti (anche se non per me, a quanto pare) e terapie alternative (omeopatia prevalentemente). Purtroppo il mio diario delle allergie mi ha detto che loro, le mie allergie, restano costanti. Insomma, niente sgarri. Non ho ancora superato – anche se sono disperatamente tentata di alzare le spalle e riprovarci – la rinuncia ai colpi di sole sui capelli. Sono sei mesi esatti dall’unica reazione allergica seria che si è scatenata dopo essere stata dal parrucchiere storico per fare le meches. La ricrescita è orribile, i capelli bianchi sono impietosi e l’assenza dell’abbronzatura – visto che ho smesso di truccarmi – non mi aiutano a rimanere ferma nella posizione: basta tinture sui capelli.

4. A livello nazionale è degli ultimi giorni il recepimento in Italia del Regolamento Europeo n. 1169/2011 con il quale ristoranti, mense e ospedali dovranno essere più trasparenti con i consumatori, in particolare segnalando la presenza nelle pietanze di sostanze allergizzanti.

Un 2014 scoppiettante, vero?

Caro ristoratore, sono una persona allergica

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Caro ristoratore, sono una persona allergica (oltre che uno dei molteplici motivi per cui a partire dal 13 dicembre sarai costretto ad indicare – non è ancora specificato come dal Reg. 1169/2011 – gli ingredienti che potrebbero causarmi una reazione allergica).

Lo so, tu ami il tuo lavoro. Sei un creativo, oltre che un professionista. La mattina ti svegli e hai voglia di creare il piatto del giorno, con quel pizzico di non so che di speciale. Unico. Ti immagini già il tuo cliente ideale seduto nel ristorante che viene appositamente per gustare quella prelibatezza. E perché no? A pagarti profumatamente, non solo per gli ingredienti selezionati da te personalmente, ma per il loro mix ineguagliabile che solo tu oggi sei riuscito a produrre.

Lo so, il tuo lavoro è bellissimo. Insomma prendi le persone per la gola. Non so se rendo? E’ affascinante andare al mercato e scegliere i prodotti migliori – perché tu non badi a spese – il piatto speciale deve pur chiamarsi così per qualche motivo, no? Ti devi distinguere dalla concorrenza. La tua specialità ti fa ricevere stellette (e clienti in abbondanza). TripAdvisor servirà a qualcosa, no?

Lo so, c’è la crisi. I ristoranti chiudono, o, se non chiudono, non vivono proprio il loro momento d’oro. Nemmeno il sabato sera ormai. E poi ci sono i tuoi dipendenti. Hai fatto il grande passo e sei passato dalla ristorazione a conduzione familiare a una cosa un po’ più grande, tipo matrimoni, comunioni e feste a tema. E’ dura, lo so.

E poi arrivo io. La rompico&$ioni di turno. Proprio oggi, che sentivi quell’estro creativo già questa mattina! E ti scandaglio il menù.

– Com’è fatta questa tartare di tonno?

E pensi: Con il tonno, ma che domande sono?, ma non lo puoi dire ad alta voce. Sono una cliente, giusto?

Voglio dire, che altri ingredienti ci sono oltre al tonno?Perché io sono allergica, ma non sono stupida e mi rendo conto di quello che tu stai pensando. E non credere che non mi imbarazzi chiedertelo.

– Solo tonno.

– Mi raccomando, ti specifica mio marito, mia moglie è allergica… – E non aggiunge altro perché non è che io sono allergica a una cosa sola. Sono un cocktail di allergie. E usciamo a cena fuori raramente, proprio per evitare l’imbarazzo di fare l’interrogatorio al cuoco o dover pagare per qualcosa che non posso mangiare o per evitare di rimandare in cucina un piatto che non posso sfiorare.

Ovviamente il tonno arriva, ma c’è il prezzemolo. Io sono allergica al prezzemolo. C’è qualche pinolo sparso sul piatto e un paio di pomodori pachini che sgocciolano verso il centro del piatto dove torreggia il tonno. E’ inutile che ti dica che sono allergica anche a quelli. Solo il tonno, eh? Purtroppo solo il tonno non è bello da presentare. Sembra così nudo senza un po’ di verde, un po’ di rosso e qualche pois beige, vero?

Caro ristoratore, io rischio la vita. Non è la tua, lo so. Io ci tengo, sul serio. Io non voglio romperti le palle. Io faccio parte, aimé, di quella nutrita schiera di consumatori che nel momento in cui tratterai con i guanti bianchi proprio perché li capisci diventeranno degli appassionati canali di pubblicità per la tua attività commerciale. Saranno degli habitué dei tuoi sabati sera. Entreranno nel tuo ristorante tranquilli perché sapranno di potersi fidare di te. Non è facile fidarsi per noi allergici, sai?

Per te che puoi mangiare tutto, sembra impossibile che per noi allergici una cosa banale come mangiare tutto sia invece un concetto astratto. Invece è così, per me. E non serve una quantità industriale di sugo per farmi stare male. Ne basta poco. Aggiungici che io sono grande e posso capire. Immagina se fosse tuo figlio ad essere allergico. Lo so, non vuoi nemmeno pensarci. Nemmeno io, se è per questo. Non vorrei mai e poi mai che i miei figli provassero quello che vivo io a causa delle allergie. E sai una cosa? I miei equilibrismi mi accompagnano ovunque. Non solo nel tuo ristorante. Sempre. Tutti i giorni. Tutta la giornata.

C’è di peggio, mi dirai tu. Hai ragione ed è il motivo per cui sono ottimista che il Reg. 1169/2001 non verrà vissuto da te e da tutti i tuoi colleghi che lavorano per preparare piatti squisiti come una cattiveria nei vostri confronti.

Grazie per avermi ascoltata e buon appetito.