Wednesday, May 14, 2025
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L’alfabeto (emotivo) delle allergie

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A come allergie. Cosa lo dico a fare? Ci vivo da sempre con le allergie e da qualche anno ci tengo anche un blog.

B come brusio di fondo che accompagna ogni mio pensiero quando mangio, quando respiro, quando indosso un vestito nuovo o mi spalmo qualcosa sulla pelle.

C come cavolo, ma perché questa allergia mi perseguita e non mi dà tregua e non mi molla mai? Mai.

D come dieta, che non è quella dimagrante. No, certo. E’ quella con la quale tengo a bada il mio sistema immunitario.

E come emozioni relative sull’essere allergici. Perché dopo aver ricevuto una bella diagnosi, insieme a uno o più fogli con le indicazioni delle precauzioni da prendere per sopravvivere all’allergia, si scatenano tutta una serie di frustrazioni, paure, inquietudini, aspettative che spesso non si sa gestire da soli. L’allergologo non è un terapeuta, il più delle volte.

F come fantasia, che è necessaria per convivere con le allergie. Inventarsi venti ricette sulle zucchine (cavolo, sono sempre le solite benedette zucchine, in fondo) richiede una notevole quantità di creatività. Ecco, magari il palato sente solo e sempre sapore di zucchine, ma vuoi mettere la disposizione diversa del vegetale nel piatto.

G come gola che pizzica, che ti ricorda che no, non hai ingoiato una forchettata di capelli, è proprio lei, l’immonda reazione allergica, quella bastarda immediata o più bastarda ancora se ritardata e non sai a chi dare la colpa.

H come ospedale, porto sicuro in caso di reazione allergica grave, ma da evitare il più possibile perché vuol dire che stai bene.

I come istamina e non aggiungo altro.

L come lamento. Sì, perché diciamocelo francamente, noi allergici siamo un lamento perenne. Ok, avete ragione,  io sono un lamento perenne.

M come malattia. Ok, ammettiamolo. L’allergia è una malattia cronica. Possiamo gestirla, far finta che non ci sia – e così è, se la teniamo sotto controllo- ma chiamiamola con il suo nome.

N come nichel. Ecco, quando mi hanno comunicato di essere allergica al nichel ero felice perché ero positiva solo a una cosa. Beata ignoranza, mai avrei sospettato allora quanto quel fetente si sarebbe insinuato nella mia vita.

O come orticaria. Serve aggiungere altro, a parte che, chi la conosce, la eviterebbe volentieri.

P come prurito. Vedi alla voce precedente, sì.

Q come qualità della vita. Possiamo scegliere se vivere con il sorriso la nostra condizione di allergici oppure chiuderci a doppia mandata in casa – anche se qualche volta c’è addirittura la tentazione di buttare via la chiave. Il sorriso rimane l’arma migliore da sfoderare con se stessi e con gli altri.

R come rossori e non sono di timidezza. Non so voi, ma quasi mai associo il colorito arrossato a un fattore diverso dall’allergia. Che ci sta, per carità. Peccato che io lo applichi anche a chi mi circonda, figli per primi che cominciano a odiarmi.

S come sensibilità. Gli allergici sono fisicamente sensibili alla realtà che li circonda (allergeni in primis), ma anche psicologicamente. No, ma cosa avete capito? Non sono matti (io, forse…). Quando non tieni sotto controllo l’allergia è come se il tuo cervello fosse posseduto da una moka da 10 di caffè. Sensibile è l’aggettivo diplomaticamente meno aggressivo.

T come terrore. Mai provato lo shock anafilattico di persona? Nella migliore delle ipotesi svenire è la reazione migliore (si preoccupano per te i soccorsi, ovviamente).

U come unici. Gli allergici sono speciali nel loro genere e infatti ci capiamo al volo tra di noi. Percepiamo la nostra unicità a pelle. Ahah.

V come vento. Ecco, non aiuta gli asmatici.

Z come zavorra. Sì, qualche volta ci sentiamo delle zavorre, perché non possiamo andare al ristorante cinese, non possiamo andare in campagna, non possiamo aiutare l’amica a svuotare la cantina. Ecco, diteci che ci volete bene lo stesso.

Allergie e voglia di guarire

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Ci siamo di nuovo: per me i cambi di stagione stanno diventando traumatici, ogni anno di più..

Perdo la bussola delle mie allergie e non so più da che parte girarmi. Per me questo è un periodo allergicamente faticoso: sono allergica alle graminacee che tengo a bada grazie al vaccino sublinguale, all’olivo e all’alternaria (che con questo caldo umido la sta facendo da padrona). L’allergia al nichel non aiuta.

Di solito con l’arrivo della bella stagione, il sole e il mare contribuiscono a tirarmi su il morale, ma quest’anno nemmeno loro.

Leggere Come una pentola a pressione* e Recuperare la tolleranza alimentare* ha messo a dura prova gli ultimi anni di privazioni alimentari. In pratica gli autori di questi saggi sostengono che si nasca allergici e intolleranti e che a partire dallo svezzamento il corpo si abitui a “vivere” e ad entrare in contatto con le sostanze che lo circondano. Finora si è sempre pensato che l’allergia fosse una mancanza del sistema immunitario: secondo la tesi di Speciani e Piuri, l’allergia è solo un campanello di allarme. In alcune persone – e sempre di più visto il numero in aumento – il corpo ti comunica con reazioni immediate o ritardate che è arrivato al limite.

L’eliminazione assoluta di alcuni alimenti non risolverebbe il problema (e qui entro in campo io, che dopo 14 anni di privazioni assolute non sto per niente meglio).

C’è un però, che come paziente allergica mi sento di esprimere.

In entrambi i volumi si suggerisce di fare un test in una delle farmacie aderenti al programma di disintossicazione. Purtroppo nella mia città non lo fanno e così ho provato a chiedere nella mia farmacia di fiducia se era possibile farlo. La risposta è stata: – No, noi non facciamo quel test, ma ne facciamo un altro che costa meno e che propone un integratore diverso ma altrettanto capace di venire incontro alla tue necessità.

Questa cosa mi ha fatto riflettere: noi pazienti allergici siamo rompiscatole (al ristorante, a scuola, al lavoro, a casa…), ma siamo anche dei polli da spennare perché saremmo disposti a tutto pur di guarire o almeno per stare meglio.

Se ve lo state chiedendo, io l’alternativa non l’ho fatta anche se costava meno. Mi chiedo solo perché ho il dubbio di non avere espresso bene il mio pensiero al farmacista. Qui, come sempre quando si tratta di salute, non è una questione solo di soldi – anche se senza è difficile curarsi, purtroppo -, ma di onestà intellettuale.

Voi che ne pensate?

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Dalla gabbia al cielo: storie di respiri

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La rete oggi è ormai il luogo d’elezione nel quale raccontarsi, condividere, confrontarsi anche sui temi della salute. E Vivere con le allergie lo sta a dimostrare.

Blog, forum e social network diventano uno spazio essenziale di scambio per i pazienti: con chi vive un’esperienza analoga, con gli specialisti, con la comunità medico/scientifica nel suo insieme; un’esperienza che, spesso, diventa parte integrante del percorso terapeutico.

Dalla gabbia al cielo: storie di respiri viene da qui. È un’iniziativa che si è alimentata in modo spontaneo nelle piattaforme digitali social, grazie al contributo degli stessi pazienti. Ne è nata una grande storia collettiva racconta in un e-book. Un percorso che parte dalla sofferenza, attraverso la diagnosi e la terapia, fino al respiro ritrovato.
La presentazione dei risultati di questo progetto è il punto di partenza di un percorso in itinere e si terrà a Milano il 18 giugno al Palazzo delle Stelline – sala Borromeo, in Corso Magenta 61 alle ore 11.30.
Sarà questa un’occasione per mettere a confronto le nuove frontiere della comunicazione digitale nella salute e sulle possibilità che questi canali offrono ai pazienti.

Relatori sono Monica De Simone (Presidente FederASMA e ALLERGIE Onlus) e Pierluigi Paggiaro (Ordinario Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Pisa.

Moderatore è Andrea Tomasini (Giornalista Scientifico e Membro della Società Italiana di Medicina Narrativa).

Dalla Gabbia al Cielo

Crêpes con le mele per allergici al nichel

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Mio marito sostiene che io non sia un genio in cucina. Effettivamente…

Ultimamente però complice anche la lettura di un saggio* che mi ha fatto riflettere sul mio rapporto con il cibo, cerco di ampliare il mio raggio di azione gastronomico, nel più rigoroso rispetto della lista di alimenti nichel-consentiti.

Domenica avevo voglia di qualcosa di buono. A me piace alzarmi presto, quando tutti dormono, fare yoga o andare a camminare sul lungomare della mia città bellissima. Prima di uscire mi sono data alla pazza gioia e ho preparato la base per le crêpes.

Come ingredienti ho usato circa 200 gr di farina 00, 40 gr di burro biologico, 4 uova, mezzo litro di latte e un pizzico di sale. Ho sciolto il burro nel microonde. Ho amalgamato  il latte e le uova in una terrina capiente. Ho aggiunto la farina (per setacciarla ho utilizzato un colino per evitare che si formassero dei grumi), il sale e il burro.
Ho mescolato bene e messo la pastella in frigorifero a riposare per circa un’ora. Giusto il tempo di sbucciare e tagliare a pezzettini quattro belle mele per metterle in un’altra terrina nel micronde (ho messo il timer per 15 minuti) e sono uscita per i miei 40 minuti di #walking.

Al rientro ho controllato che le mele fossero ben cotte (a me piacciono morbide come se fossero marmellata). A questo punto, ho scaldato la padella antiaderente per le crêpes, l’ho unta con un po’ di burro e ci ho versato un mestolo d’impasto girando la padella per distribuirla in modo uniforme. Ho cercato di girare la crêpe dall’altro lato per cuocerla uniformemente senza romperla: non mi è riuscito sempre, ma vi assicuro che erano buone lo stesso.

I bambini ci hanno spruzzato sopra un po’ di zucchero di canna, mentre io ho preferito solo le mele, che erano dolcissime lo stesso.

Solo a raccontarvelo mi sta venendo di nuovo l’acquolina in bocca.

E’ stata una colazione strepitosa e alternativa al solito caffellatte.

p.s. Ho scoperto che la base per crêpes può essere utilizzata anche per ricette salate, in tal caso si può aggiungere una spolverata di pepe (spezia nichel-consentita insieme al sale).

p.p.s. Grazie a Cookaraund per la ricetta delle crêpes di base.

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Trofie con le zucchine per allergici al nichel

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I cereali per gli allergici al nichel sono un sogno.

Con buona pace di molti di noi, gli unici cereali consentiti sono due: il riso raffinato e la farina di grano tenero (farina 00). Nel mio caso il riso è addirittura escluso, visto che sono risultata positiva con il prick test allo specifico alimento.

Per anni ho evitato anche la farina doppio zero per paura delle reazioni crociate  a causa della mia allergia alle graminacee.

Quest’anno però, come dicevo la settimana scorsa in un altro post, sto cercando di superare i miei timori e di ripristinare alcuni alimenti nichel-consentiti.

La pasta quindi è off-limits nella dieta per chi è allergico al nichel, vista che è composta dalla farina di grano duro.

Complice qualche giorno di relax in più a casa e una certa dose di coraggio al supermercato ho scoperto l’esistenza delle trofie o trofiette che appartengono alla cucina ligure e ho trovato il modo di prepararle in casa.

Come ingredienti ho usato 300 gr di farina 00, sale e un po’ di olio extravergine di oliva. Impastato il panetto, l’ho avvolto nella pellicola trasparente e riposto in frigo. Nell’impasto si potrebbero aggiungere anche delle patate che in modica quantità possono essere consumate nella dieta per allergici al nichel. Purtroppo non ne avevo in casa, ma mi riprometto di replicare l’esperimento culinario al più presto.

Tradizionalmente in Liguria le trofie vengono condite con il pesto alla genovese (che tra le altre cose contiene pinoli, alimento escluso dalla dieta per allergici al nichel). Ho scelto di condirle con qualcosa di altrettanto verde, ma nichel-tollerato, come le zucchine saltate in padella con un filo di olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale.

Dare la forma alle trofie è facile: basta prendere dei pezzetti piccoli di pasta e strofinarli sul piano. Anche i bambini possono essere di grande aiuto.

A questo punto è sufficiente far bollire l’acqua, aggiungere un po’ di sale e versare le trofie.

Il tempo di cottura è brevissimo: non appena salgono a galla nell’acqua bollente, potete toglierle e versarle direttamente nella padella con le zucchine. Saltate per un paio di minuti e servitele a tavola, magari spolverandole con un po’ di parmigiano reggiano.

 

Allergia e assorbenti

Noi donne per cinque giorni al mese abbiamo un contatto che non possiamo evitare ed è quello con gli assorbenti durante le mestruazioni.

Già intorno ai vent’anni alla fine del ciclo la pelle nelle mie parti intime era molto irritata. Vista la mia particolarissima e ipotetica allergia all’acqua attribuita dai più ai detergenti che usavo, non è mancato anche in questa occasione il consiglio di cambiare saponi per l’igiene intima.

Considerata la mia supposta allergia all’acqua, ho pensato che la colpa fosse dovuta alla mancata traspirazione che gli assorbenti gioco forza comportano (vista l’esistenza di uno strato sottile di plastica interna per evitare fuoriuscite e macchie all’esterno), che aggiunta a capi di abbigliamento come pantaloni troppo attillati, mi creavano serie irritazioni mensili.

La ginecologa alla quale mi sono rivolta (in realtà a causa dei fortissimi dolori mestruali che fin da bambina avevo durante il ciclo) mi ha suggerito di utilizzare gli assorbenti interni. Che ci crediate o meno, sono stati la mia salvezza per tantissimi anni insieme alla coppetta mestruale (che però ho scoperto solo pochi anni fa).

Uso prevalentemente i tampax (non vengo pagata da Tampax per scriverne) a causa del ciclo particolarmente abbondante degli ultimi tempi (ed è anche il motivo per cui, scoperta la coppetta mestruale, l’ho dovuta abbandonare almeno nei primi due giorni di flusso, vista la sua scarsa capienza e restando fuori casa molte ore al giorno per lavoro). Il materiale con il quale sono fatti è il rayon, ma se leggete bene le istruzioni all’interno della confezione troverete molte altre informazioni. Particolarmente dettagliato è il link sul sito interamente dedicato alle reazioni indesiderate.

Cito le parti che sono state più importanti dal mio punto di vista e per l’utilizzo che io ne faccio:

È sicuro usare il rayon nei tamponi?
Sì. Più del cotone e di altre fibre di piante naturali. Il rayon è fatto di cellulosa ed è usato per la produzione di Tampax da più di 25 anni. Test condotti dai ricercatori di Harvard, Dartmouth, e dell’università del Minnesota hanno dimostrato che il rayon e il cotone sono materiali sicuri.
Perché si usa un decolorante sul materiale grezzo per fare i Tampax? È fatto solo per sbiancare le fibre?
La purificazione delle fibre di cellulosa utilizzate per la produzione del rayon e del cotone viene effettuata per eliminare le impurità. […]. Lo “sbiancamento” delle fibre è il risultato del processo di purificazione, non il suo scopo.”

Prima di scrivere questo post mi sono documentata per saperne di più sugli assorbenti interni in generale, perché noi allergici abbiamo bisogno di essere consumatori consapevoli più di altri. Non possiamo fidarci esclusivamente della pubblicità o delle opinioni del venditore di turno. E’ necessario provare comunque sulla nostra persona gli effetti della nostra scelta documentata.

Per quanto riguarda la coppetta mestruale io uso la Mooncup (anche in questo caso non vengo pagata dal produttore), ma oggi sono disponibili in commercio tante altre marche anche nelle grandi catene di supermercati. Il materiale con cui sono fatte è il silicone anallergico. Anche in questo caso, oltre a documentarsi è necessario provare. Ascoltarsi e qualche volta incrociare le dita.

Per finire voglio precisare un’ultima cosa. Dopo i parti, in tutte e tre le occasioni, è stato necessario indossare degli assorbenti esterni molto grandi (nell’ospedale in cui ho partorito erano nella lista della cose da portare per le partorienti). La reazione allergica che ne è seguita sia per gli assorbenti che per le coppette per l’allattamento è stata devastante. Come sempre ho provato a fare delle supposizioni alternative, attribuendo la colpa alle lenzuola o alla mia eccessiva debolezza post-parto. Nel dubbio, non ho più usato entrambi i prodotti e ho fatto ricorso a tessuti naturali e, recuperato il post-parto, per le mestruazioni faccio ricorso solo agli assorbenti interni e alla coppetta mestruale.

E’ tempo di yoga

Nonostante le piogge insistenti delle ultime settimane, la voglia di estate – di quella vera – si fa sentire anche se la primavera ci ha fatto appena l’occhiolino.

Chi è allergico come a me a qualche polline sa che occhi e naso si lamentano all’aria aperta. Le piante, dopo gli insistenti acquazzoni degli ultimi tempi, fanno il loro dovere: impollinano anche meglio. Le spore delle muffe, con tutta l’umidità accumulata, volteggiano negli ambienti chiusi. E il mio fisico, reduce di un inverno molto pigro, protesta e mi chiede insistentemente un po’ di movimento. Sembra dirmi: – Forza, è ora di darsi da fare!

Fate anche voi un lavoro prevalentemente sedentario, magari fisso davanti al monitor di un computer, con qualche bega d’ufficio in corso un giorno sì e un altro no, e una quantità di pratiche da smaltire che non sembra finire mai?

La schiena è la parte più sensibile e sente il bisogno di essere coccolata, di stendersi, di allungarsi, di compensare le innumerevoli ore sedete piegata in avanti. Avete delle strategie particolari che avete voglia di raccontarmi?

Io sì.

La prima e la più semplice è di camminare. Ho la fortuna di abitare in una città di mare e da quando le giornate di luce si sono allungate punto la sveglia 40 minuti prima dell’orario canonico in cui mi alzerei normalmente per andare a camminare in spiaggia dove l’aria è migliore, soprattutto se proveniente dall’acqua).

Lo so, all’inizio è faticoso alzarsi (anche alla sera veramente: mi addormento sulla poltrona mentre leggo libri ai miei figli), ma vi assicuro che dopo la camminata a passo sostenuto la giornata assume tinte migliori e dopo qualche settimana anche la vostra schiena vi ringrazierà. La mia lo sta già facendo.

Non contenta, alterno le camminate con lo Yoga. Sono un’autodidatta e come tale negli anni mi sono dotata di innumerevoli libri, dvd, per non dire, link a video su Youtube. Prediligo l’attività fisica in casa quando piove o quando prima ancora di uscire sento che occhi e naso non se la sentono di affrontare il vento.

Yoga_e_saluteQuest’anno mi sono fissata con un libro particolare, non molto recente per la verità, ma ancora disponibile in catalogo se può interessarvi, che si intitola Yoga e salute* di Gabriella Cella Al Chamali, edito da Fabbri. L’ho comprato parecchi anni fa, ma è attualissimo. E’ suddiviso in diverse sezioni per andare incontro a chi ha problemi di salute differenti (allergie comprese).

In ciascuna sezione l’autrice elenca una serie di asana da praticare. Mai più di una decina: il che lo rende il libro giusto per le mie esigenze, visto che mi spavento se è richiesto troppo impegno. Meglio poco, tutti i giorni, che molto, una volta al mese: non vi pare?

Non solo: suggerisce la pratica da fare distinguendo le prime tre settimane (quelle in cui si è meno elastici – io per lo meno lo sono :)!), da quelle successive. Inoltre sono convinta che non è mai troppo tardi per cominciare a fare yoga, anche fai-da-te. Io ci tengo alle mie cervicali, ed essendo allergica agli anti-infiammatori, lo strechting risulta il rimedio più naturale disponibile in commercio.

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Allergie: la storia di Maddalena

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Un paio di settimane fa è arrivato su Vivere con le allergie un bellissimo commento di Maddalena al post in cui chiedevo, a chi ne avesse voglia, di lasciare la propria storia allergica, a testimonianza del fatto che spesso noi pluri-allergici dopo la diagnosi ci sentiamo un po’ persi.

Il suo intervento merita un spazio speciale in questo giardino d’inverno e quindi eccolo!

Ciao Simonetta, trovare il tuo blog è stato quasi una liberazione per me, nel senso che ho rivisto nei tuoi racconti moltissima parte di quel che è successo a me soprattutto in questo ultimo anno.
Ho sempre sofferto di allergie, da sempre sono allergica a graminacee e alcuni farmaci (tra cui alcuni antibiotici e l’acido acetilsalicilico). Però fino ad un anno fa queste allergie non avevano condizionato moltissimo la mia vita. In quanto l’allergia alle graminacee e alle parietarie, ulivo e tiglio erano fondamentalmente stagionali, per cui facilmente risolvibili con un po’ di attenzione e pazienza durante alcune stagioni. Per i farmaci bastava fare attenzione.

Negli ultimi 4 anni però qualcosa era cambiato: dermatiti continue su braccia e decoltè, sinusite cronica, otiti ricorrenti, ero sempre malaticcia con infezioni alle vie respiratorie ed asma soprattutto in inverno. E’ stato un piccolo calvario per me che negli ultimi 15 anni ero stata malata due volte. Ad un certo punto però capisco che c’è qualcosa che non va nel cibo: allora inizio a mangiare integrale, mangio meglio, cose buone, tutto integrale e per lo più in bianco. Ma noto che peggioro e inoltre spesso ho emicranie e nausea anche dopo un semplice piatto di pasta in bianco.

A giugno 2013 decido di iniziare una dieta per perdere i 7 chili che mi portavo dietro da dopo la gravidanza, così inizio una dieta che prevedeva l’esclusione di grano per un mese. E da qui è iniziato tutto: in pratica dopo soli 3 giorni di assenza di grano mi scompare quasi del tutto la dermatite sulle braccia e sul decoltè. In 3 giorni perdo 3 chili (dico 3 chili! evidentemente tutti di ritenzione idrica). Capisco naturalmente che c’è qualche problema con la farina di grano. Nell’arco del mese elimino anche tutte le altre graminacee (avena, orzo, farro, kamut, ecc.) che la dieta consentiva. Dunque, in un mese ho perso 5 chili e sono scomparsi tutti i sintomi che avevo negli ultimi 4 anni.

Da allora ho capito molte altre cose. Ho scoperto che sono allergica a tutte le graminacee anche a livello alimentare, mentre fino a 4 anni fa non avevo mai avuto problemi, se non con i pollini. Ho dovuto eliminare: grano/avena/farro/kamut/ orzo, mangio il riso, ma mai integrale, perchè comunque risulto allergica (anche se con maggiore tolleranza) anche al riso. Inoltre ho dovuto abolire: ceci, lenticchie, piselli, fagioli, lupini, ananas e semi di girasole, mentre noci, arachidi e nocciole le avevo già eliminate da moltissimi anni. Per fortuna tollero bene il mais, pur essendo esso stesso una graminacea, per cui mais, tapioca e grano saraceno costituiscono tutt’ora la base dei miei carboidrati. Una volta a settimana mi permetto il riso.

Non è facile, non lo è stato e non lo è ancora, ma mi sto abiutando. La difficoltà è spesso, come tu stessa hai sottolineato, che quando si è pluriallergici un cibo può andar bene per una cosa ma non per un’altra. Ad esempio molti prodotti per celiaci contengono lupino o farina di piselli ed entrambi per me sono out. Per cui ho dovuto imparare ad usare farine diverse, con risultati spesso deludenti e deprimenti.
Per quanto riguarda il nichel, per ora, ho una buona tolleranza, nel senso che ho solo fastidi se dovessi mettere orecchini di bigiotteria, mentre l’epidermide sana tollera bene il nichel. Dovrò fare altri controlli al riguardo.
Mi rimane anche da fare i test per la celiachia, ma ormai è un anno che non mangio glutine e non ho alcuna intenzione di riprendere a mangiare grano per poter fare i test. Per cui l’unico che ho in mente di fare è quello genetico per valutare una eventuale predisposizione.
Mi sono molto rivista nella tua storia, nelle paure e nelle ansie per gli attacchi di asma e la tristezza nel non sentirsi sempre capiti ed essere guardati come se fossimo “fissati”. Intanto io il mio problema l’ho scoperto da sola perchè i medici in quei 4 anni si erano sempre limitati a imbottirmi di medicine e disinfettanti per gola, orecchie sinusiti ecc.

In questo anno non mi sono mai ammalata: la gastrite e l’asma non esistono più, ho ripreso a bere caffè e a mangiare piccante e il mio stomaco non reagisce più con la gastrite. La nausea post pranzo non esiste più, niente più dermatite, ho perso 13 chili senza fare una dieta in realtà e non sono più gonfia come mi capitava invece prima: spesso ero gonfia in viso e alle mani. Niente più sinusiti e otiti, niente più asma. Insomma, sto davvero bene e questo mi incoraggia e mi spinge a non abbattermi, nonostante tutte le complicazioni.
Sono stata un po’ lunghetta mi sa :).

Maddalena

Grazie di cuore Maddalena per avere condiviso apertamente la tua storia che, come hai scritto tu, è molto simile alla mia. Vivere con le allergie è difficile, ma trovare qualcuno che ci è passato, è rassicurante perché nasce spontaneamente empatia e solidarietà. Un abbraccio fortissimo :).

Felice settimana a tutti 🙂

Allergia al nichel e i peperoni

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E’ un po’ che non ci provo, ma è arrivato il momento di farlo. Di nuovo.

Il 2014 è l’anno delle sperimentazioni. Ci pensavo l’altro giorno: ogni sette anni si cambia. Sette anni fa, in barba alle mie allergie, decidevo di diventare mamma. E ci sono riuscita: non una, non due, bensì tre volte.

Alla fine del terzo allattamento sono letteralmente crollata fisicamente e nonostante il rispetto delle regole alimentari (e non) che le allergie (e in particolare quella al nichel) mi hanno imposto dal 2000 sono dovuta ripartire da zero.  La mia allergologa mi ha consigliato di ricorrere ai farmaci tradizionali: l’ho considerata una sconfitta personale! Se sono riuscita a diventare mamma (e prima di diventarlo stavo bene, non riesco a capire perché non potevo starlo anche dopo…), non posso scendere a compromessi con il mio sistema immunitario. E’ così che ho (ri)scoperto l’omeopatia.

Quest’anno sto affrontando il tema delle mie allergie in relazione all’alimentazione (e solo mentre stavo scrivendo, mi sono accorta della coincidenza dei sette anni). Ho ripreso in mano l’elenco degli alimenti consentiti agli allergici al nichel, ho escluso quelli ai quali sono singolarmente allergica, e ho ricominciato da capo.

Le altre tappe dei nuovi inserimenti commestibili, con qualche passo avanti e qualcuno indietro (argh!) potete leggerli seguendo il tag Diario delle allergie.

Le mie sperimentazioni gastronomiche si fanno nel weekend, quando mio marito è nei paraggi.

Venerdì scorso ho mangiato per la prima volta dei peperoni (preparati con una ricetta semplicissima per evitare contaminazioni!). Non lo so se è andata bene. Appena mangiati sono stata bene. Nessun effetto strano. Il giorno dopo però ho avuto uno di quei mal di testa che solo quando l’allergia si fa sentire per bene mi arrivano. Fino all’anno scorso avrei dato la colpa ai peperoni senza se e senza ma: questa volta offro ai peperoni (e a me) il beneficio del dubbio.

Arrivavo da due settimane di lavoro intensissimo. Era il primo weekend di pace assoluta e forse non era il momento più opportuno. Chissà? Le graminacee erano (e sono) al top della loro fioritura (e se avevo qualche dubbio, il mio smartphone non ne ha). Il tempo non è dei migliori: il caldo vero non è ancora arrivato e le mie cervicali non rinunciano ancora al tepore confortevole di una sciarpa leggera (soprattutto dopo un’abbondante sudata in macchina).

Per finire, un’amica mi ha consigliato la lettura di un saggio piuttosto interessante Come una pentola pressione* (disponibile anche in ebook) scritto da Attilio Speciani e Gabriele Piuri, edito da Tecniche Nuove, sullo svezzamento da adulti. Il manuale in realtà si occupa di infiammazione dovuta a una scorretta alimentazione: è inutile precisare che la mia alimentazione – a causa del nichel – è tutt’altro che corretta! L’idea è che io possa affrontare di nuovo lo svezzamento e introdurre nuovi alimenti nella mia dieta: insomma la prossima settimana li rimangerò i peperoni, magari non rossi (una conoscente mi ha detto che potrei provare con quelli gialli, perché secondo lei sono meno “forti”. Boh…).

Insomma l’allergia al nichel e i peperoni dovranno andar d’accordo. Nel frattempo mi ripeto il mantra “Ce la posso fare. Cela posso fare…” e poi, vi farò sapere, come sempre.

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Dermatite allergica da contatto o DAC

Scoprire di avere una dermatite allergica da contatto è un sollievo e una condanna allo stesso tempo.

E’ un sollievo perché finalmente capisci di non essere un pazzo che si gratta come un gatto in una o più zone localizzate e che se la tua pelle assomiglia a una carta geografica c’è un perché. E non è tua la colpa.
E’ una condanna perché devi capire cosa ti provoca il prurito e perché vorresti avere una volta per tutte una pelle liscia e trasparente come quella che si vede nelle pubblicità.

Insomma la dermatite allergica da contatto è una gran rottura di scatole. E’ fastidiosa, spesso è inopportuna, è brutta da vedersi ed è insistente.
Se con l’allergia alimentare elimini l’allergene che ti provoca una reazione e stai bene (o quasi, come nel caso dell’allergia al nichel – visto che il metallo è contenuto in tantissimi alimenti), con l’allergia da contatto non è altrettanto facile.

Devi fare attenzione a cosa tocca la tua pelle. Per cominciare è necessario fare attenzione a tutti i prodotti per la detersione e la cura come saponi, shampoo, creme, make up, tinture per capelli. L’unico suggerimento utile che mi sento di dare è quello di studiare attentamente la composizione di ciascun prodotto.
Non è detto, ad esempio, che la dicitura nichel tested per chi come me è allergico al metallo sia sufficiente per usare un olio o un rossetto a cuor leggero (ma ne avevo già parlato in un altro post).

E’ necessario controllare sempre le etichette dei tessuti che si indossano.
A questo proposito mi sono finalmente imbattuta in un articolo utilissimo a cura della Società italiana di dermatologia allergologica professionale e ambientale che oltre a dettagliare tutti i tipi di dermatiti dice: “le manifestazioni dermatologiche causate da contatto con gli indumenti sono generalmente attribuite a sostanze chimiche e coloranti che vengono aggiunti alle fibre tessili durante la loro manifattura e assemblaggio in indumenti. In particolare, gli agenti responsabili sono rappresentati da prodotti per le tinture e per il finissaggio, i metalli, la gomma e le colle. Occasionalmente anche gli sbiancanti ottici, i bioacidi, i materiali ignifughi ed altre sostanze chimiche aggiunte sono responsabili dell’insorgenza del quadro clinico cutaneo. I coloranti sono le sostanze chimiche più usate e possono essere classificate in acidi, diretti, reattivi, dispersi: vengono legati al mordente per diffondere più facilmente tra le fibre. Dal punto di vista della classe chimica il 40% dei coloranti tessili sono azoici ma non tutti sono altamente allergizzanti. Tra questi coloranti quelli che più facilmente determinano sensibilizzazioni appartengono al gruppo dei dispersi: questi formano legami stabili con le fibre naturali mentre si legano meno stabilmente con le fibre sintetiche. Sono composti liposolubili e per questa caratteristica penetrano bene attraverso la cute.” Il testo integrale sulle Patologie cutanee da tessuti potete leggerlo qui nel sito della SIDAPA.

Cosa indossate oggi? Sapete esattamente la composizione di ogni indumento che portate?
Ahah.