A come allergie. Cosa lo dico a fare? Ci vivo da sempre con le allergie e da qualche anno ci tengo anche un blog.

B come brusio di fondo che accompagna ogni mio pensiero quando mangio, quando respiro, quando indosso un vestito nuovo o mi spalmo qualcosa sulla pelle.

C come cavolo, ma perché questa allergia mi perseguita e non mi dà tregua e non mi molla mai? Mai.

D come dieta, che non è quella dimagrante. No, certo. E’ quella con la quale tengo a bada il mio sistema immunitario.

E come emozioni relative sull’essere allergici. Perché dopo aver ricevuto una bella diagnosi, insieme a uno o più fogli con le indicazioni delle precauzioni da prendere per sopravvivere all’allergia, si scatenano tutta una serie di frustrazioni, paure, inquietudini, aspettative che spesso non si sa gestire da soli. L’allergologo non è un terapeuta, il più delle volte.

F come fantasia, che è necessaria per convivere con le allergie. Inventarsi venti ricette sulle zucchine (cavolo, sono sempre le solite benedette zucchine, in fondo) richiede una notevole quantità di creatività. Ecco, magari il palato sente solo e sempre sapore di zucchine, ma vuoi mettere la disposizione diversa del vegetale nel piatto.

G come gola che pizzica, che ti ricorda che no, non hai ingoiato una forchettata di capelli, è proprio lei, l’immonda reazione allergica, quella bastarda immediata o più bastarda ancora se ritardata e non sai a chi dare la colpa.

H come ospedale, porto sicuro in caso di reazione allergica grave, ma da evitare il più possibile perché vuol dire che stai bene.

I come istamina e non aggiungo altro.

L come lamento. Sì, perché diciamocelo francamente, noi allergici siamo un lamento perenne. Ok, avete ragione,  io sono un lamento perenne.

M come malattia. Ok, ammettiamolo. L’allergia è una malattia cronica. Possiamo gestirla, far finta che non ci sia – e così è, se la teniamo sotto controllo- ma chiamiamola con il suo nome.

N come nichel. Ecco, quando mi hanno comunicato di essere allergica al nichel ero felice perché ero positiva solo a una cosa. Beata ignoranza, mai avrei sospettato allora quanto quel fetente si sarebbe insinuato nella mia vita.

O come orticaria. Serve aggiungere altro, a parte che, chi la conosce, la eviterebbe volentieri.

P come prurito. Vedi alla voce precedente, sì.

Q come qualità della vita. Possiamo scegliere se vivere con il sorriso la nostra condizione di allergici oppure chiuderci a doppia mandata in casa – anche se qualche volta c’è addirittura la tentazione di buttare via la chiave. Il sorriso rimane l’arma migliore da sfoderare con se stessi e con gli altri.

R come rossori e non sono di timidezza. Non so voi, ma quasi mai associo il colorito arrossato a un fattore diverso dall’allergia. Che ci sta, per carità. Peccato che io lo applichi anche a chi mi circonda, figli per primi che cominciano a odiarmi.

S come sensibilità. Gli allergici sono fisicamente sensibili alla realtà che li circonda (allergeni in primis), ma anche psicologicamente. No, ma cosa avete capito? Non sono matti (io, forse…). Quando non tieni sotto controllo l’allergia è come se il tuo cervello fosse posseduto da una moka da 10 di caffè. Sensibile è l’aggettivo diplomaticamente meno aggressivo.

T come terrore. Mai provato lo shock anafilattico di persona? Nella migliore delle ipotesi svenire è la reazione migliore (si preoccupano per te i soccorsi, ovviamente).

U come unici. Gli allergici sono speciali nel loro genere e infatti ci capiamo al volo tra di noi. Percepiamo la nostra unicità a pelle. Ahah.

V come vento. Ecco, non aiuta gli asmatici.

Z come zavorra. Sì, qualche volta ci sentiamo delle zavorre, perché non possiamo andare al ristorante cinese, non possiamo andare in campagna, non possiamo aiutare l’amica a svuotare la cantina. Ecco, diteci che ci volete bene lo stesso.