Wednesday, May 14, 2025
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Potrò mai guarire dalle mie allergie?

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Ho cominciato ad aggiornare questo mio giardino d’inverno per me stessa. Egoista, vero ;)? Sì, la mia intenzione era quella di sostituire la tradizionale agenda cartacea con un supporto a portata di click. Nel tempo questo blog si sta dimostrando molto più utile del previsto, visto che la funzione di ricerca mi sbatte in faccia errori o ansie che normalmente in un diario classico finirebbero dimenticate nelle pagine precedenti con buona pace loro (e mia).

Con il passare dei mesi (e degli anni), mi sono resa conto che mettere in chiaro le mie difficoltà personali è stato anche un buon modo per avvicinare altre persone simili a me alle proprie paure. Non dimentichiamoci che vivere con le allergie non è sempre facile. In alcuni casi o in momenti particolari è difficile trovare qualcuno che abbia sperimentato la stessa pressione (o peggio ancora, quando si incontrano persone pronte a deriderti o a sottovalutare i tuoi malesseri). Certo, c’è di peggio! Ovviamente ;). E’ vero però che qualche volta abbiamo voglia di non fingere che vada tutto bene solo perché, in fondo, le allergie non sono un male incurabile.

E arrivo al dunque. Di solito la definizione “male incurabile” la attribuiamo a malattie dall’esito infausto (vedi alla voce tumore o cancro). Purtroppo però anche le allergie non sono curabili (avevo già scritto qualcosa in proposito) e qualche volta l’esito è altrettanto infelice. Mi spiego meglio. Possiamo combattere i sintomi, sperare di ritardare gli effetti, tollerare reazioni più o meno gravi, ma le allergie stanno lì. Se non siete affetti da un’unica allergia, ma  per giunta un gruppo nutrito di allergeni balla la samba dentro di voi, capite che la nostra esistenza si complica.

Perché tutto questo preambolo, allora?

Perché come anticipavo la settimana scorsa sono stata dalla mia omeopata che, in diverse situazioni, è intervenuta in aiuto del mio sistema immunitario latitante. In questo caso si trattava di allentare l’uso di antistaminici (vi spiegherò in uno dei prossimi post il perché di questa mia fissa) senza dover impazzire con il mal di testa quotidiano. Il nostro incontro-visita è cominciato con una domanda a bruciapelo da parte mia: potrò mai guarire dalle allergie? La risposta è arrivata solo alla fine. “Cara Simonetta, il tuo tallone d’Achille sono le allergie. Quando la tua energia si riduce al lumicino, perché sei stanca, stressata, affaticata per mille motivi diversi, il tuo campanello d’allarme suona forte e chiaro. Con l’allergia.

Mi ha prescritto un nuovo rimedio omeopatico che ho iniziato subito. Da una settimana esatta non assumo antistaminici e – ma lo dico a voce bassissima – non accuso mal di testa.

Dal mio punto di vista lo considero un successo.

Qualcuno potrà sorridere di me, ma credo che al momento le due azioni (omeopatia e riflessioni sullo stress) che sto portando avanti mi facciano ben sperare.

Che ne dite? Io intanto incrocio le dita.

Desensibilizzazione: sì o no?

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In questo periodo mi sento un’allergica allo sbando. Ho dovuto sospendere il vaccino per le graminacee che facevo da almeno cinque anni (la casa farmaceutica mi ha comunicato che non lo produce più). Fatico a comunicare con la mia specialista (è un essere umano anche lei e negli ultimi tempi non sta bene). L’idea di iniziare tutta la trafila con un nuovo allergologo non mi alletta per motivi differenti. Per prima cosa perché dovrei sospendere la terapia a base di antistaminici (sono resistita due giorni senza e poi sono tornata sui miei passi) altrimenti qualsiasi test non avrebbe senso. In secondo luogo temo che la strada intrapresa – e questo diario virtuale lo sta testimoniare – a base di quindici anni di “pratica dell’astensione” (nel dubbio togliere – cibi e prodotti diversi – e rinunciare a una vita “normale”) mi sta portando alla chiusura sterile a tutto.

Qualche dubbio aveva cominciato a farsi largo tra le mie meningi già l’anno scorso (ne avevo parlato a giugno 2014). Quest’estate ho “soggiornato” a lungo sotto l’ombrellone accanto a quello di una mamma sensibile al tema delle allergie: la sua bambina è allergica grave al latte vaccino, tanto da essere in perenne allarme (e munita di adrenalina anche in riva al mare), visto che anche solo il prick per alimenti aveva causato una crisi acuta nella figlia. La sua scelta – su indicazione della pediatra – è stata quella della desensibilizzazione. Ha trascorso i mesi estivi tra la nostra città e un centro nel nord d’Italia per iniziare – e poi procedere a casa – la desensibilizzazione a partire da un latte non-vaccino. L’obiettivo della procedura di desensibilizzazione, che va fatta solo sotto controllo medico, prevede di rendere il paziente tollerante all’allergene responsabile somministrando dosi crescenti dell’allergene incriminato al quale il paziente stesso è sensibile. Si ottiene così una riduzione delle reazioni infiammatorie.

Essendo io favorevole alla desensibilizzazione (vista la scelta di fare il cosiddetto vaccino appunto), non vedo perché non dovrebbe funzionare anche con gli alimenti.

La settimana scorsa ho letto un articolo su Eurosalus (sono iscritta alla loro newsletter) su come un dolore o un trauma possa dare inizio ad una malattia (non solo ad allergie, ma a me ovviamente interessa applicarlo al mio caso specifico). La tesi è molto semplice e viene fatto un esempio molto calzante. Se una persona viene aggredita lungo un particolare percorso, tenderà ad evitare successivamente di fare quello stesso percorso. Non è la strada che ha aggredito quella persona, eppure riesce più facile incolpare il tragitto.

“Il motivo evoluzionistico per cui noi caratterizziamo l’ambiente circostante come possibile “colpevole” è facile da capire: se subiamo un dolore, una sofferenza, una violenza, il nostro organismo identifica e analizza con attenzione quali sono gli spazi e i luoghi in cui il dolore si è manifestato. Per l’organismo umano è ambiente circostante non solo la strada percorsa, ma anche l’aria respirata o il cibo presente nell’intestino o mangiato qualche ora prima.”

(Tratto da “Perché il tuo dolore dà inizio alla malattia” di A. Speciani)

Secondo l’allergologo e immunologo milanese la soluzione passerebbe per la rieducazione e per la tolleranza immunologica attraverso un riavvicinamento graduale e controllato a cibi, pollini e ambienti circostanti.

La domanda resta aperta. Desensibilizzazione: sì o no?

In settimana vedrò la mia omeopata che mi aiuterà a superare anche questo periodo cupo.

Le allergie alimentari

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La settimana scorsa le allergie alimentari sono state al centro dell’attenzione su molti quotidiani nazionali. I titoli erano altisonanti e denunciavano una spesa esorbitante in test “inutili” per diagnosticare intolleranze e allergie alimentari.

Ho provato ad andare a fondo della faccenda. Di solito di allergie si parla prevalentemente in primavera inoltrata: il raffreddore da fieno pare sia l’unica forma di allergia capace di attirare l’attenzione dei lettori. Sporadicamente l’allergia torna alla ribalta quando ad essere allergici sono i bambini. Di nuovo, i titoli scuotono le coscienze di mamme e papà per un tempo brevissimo, senza aggiungere molto al bagaglio personale di chi i figli allergici ce li ha per davvero.

C’è da dire anche che le allergie sono di gran moda. Ecco! L’ho detto, ma aggiungo: una malattia può essere di moda? Rispondo anche: no. Fa bene parlarne, ma sarebbe più corretto farlo meglio, per rispetto di chi allergico lo è sul serio. E parlo con cognizione di causa.

SIAAIC 21 settembre 2015Il 21 settembre all’Expo si è parlato di allergie alimentari. La Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica ha denunciato il prosperare di un mercato enorme attorno al mondo delle allergie e delle intolleranze (vere o presunte) . Non ero presente (e mi sarebbe piaciuto molto) e quindi ho potuto leggere solo i resoconti giornalistici disponibili online:
– sul Corriere della sera
– su Repubblica
– su Adnkronos
– sul Quotiadino nazionale

Mi capita spesso di ricevere delle mail in privato da parte vostra (grazie, siete tutti preziosissimi!) e a tutti, o quasi, rispondo invitandovi a percorrere l’unica strada sensata, secondo il mio punto di vista. In caso di sospetto caso di allergia (alimentare e non) dovete farvi visitare da un allergologo specialista (con tanto di prick e patch test). Deve essere un medico! Con questo non voglio dire che altri professionisti non siano altrettanto bravi, ma non sono medici! Certo, mi dirà qualcuno di voi, ma il mio medico di base non accetta nemmeno l’ipotesi che io sia allergico e non mi prescrive l’impegnativa per farmi prendere appuntamento con uno specialista. Ok, allora se dovete spendere dei soldi investiteli facendovi visitare da un allergologo prima di tutto. Poi, siete liberi di continuare a farvi seguire anche da altre figure professionali, ma vi sarete tolto un bel macigno: saprete esattamente a cosa siete allergici. Credo che sia il punto di partenza per capire cosa fare, quale terapia (tradizionale o meno) iniziare e quando, se fare una dieta – che non è quella dimagrante – oppure no.

Devo aggiungere un’altro pensiero personale: se così tante persone ricorrono a test “inutili” perché hanno il sospetto di essere allergici o intolleranti, c’è qualcosa che non mi torna. Se le persone non sono davvero malate  – e l’allergia è una malattia a tutti gli effetti -, perché cercare soluzioni a non-problemi? Siamo una società di malati immaginari?

Oppure i sintomi sono stati sottovalutati (e qualche volta succede per le allergie)?

Di una cosa sono più che certa: con le allergie non si scherza. La posta in gioco è troppo alta.

Lo stress e le allergie

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La settimana scorsa vi ho accennato ad alcune strategie che sto mettendo in pratica per stare meglio.

Lo stress e le allergie non vanno per niente d’accordo. Anzi. Pare che il primo metta in serie difficoltà le seconde, peggiorando “la resa” del sistema immunitario. Cosa sto facendo io, allora?

Continuo a prendere gli antistaminici. Ho provato a sospenderli, ma con il clima tropicale (caldo-umido) di questo fine settembre ho sentito fisicamente che non era il caso di azzardare e continuo a prenderli con serenità.

Ho iniziato a leggere qualche nuovo saggio sulla meditazione. Sì, so già cosa state pensando. State dicendo: “Eccola un’altra fanatica di new age.

In verità ho cominciato con lo scetticismo che accomuna molti. Oggi è necessario essere razionali e tutto ciò che ha che fare con la parte più intima di noi – con pratiche considerate spirituali – viene spesso guardato con sospetto. Io ho sempre cercato di essere razionale. Eppure la mia razionalità e il mio essere ligia alle regole (e con me anche le mie allergie) dove mi hanno portato? Quest’estate mi ha portato ad avere un paio di sorprese. La prima riguarda il fatto che la ditta che produceva il mio vaccino mi ha comunicato che non continuerà più a farlo. Ho provato a parlare con la mia allergologa, visto che continuavo a farlo da ben cinque anni e lei mi ha detto che sarebbe ora di fare – di nuovo – il punto della situazione. Purtroppo è più facile a dirlo che a farlo, visto che per fare prick e patch test sarebbe indispensabile non aver assunto antistaminici per almeno dieci giorni prima dell’appuntamento (cosa che non sono ancora in grado di garantire, tra l’altro).

La seconda sorpresa è che la mia dottoressa non sta bene e la sua disponibilità in ambulatorio va a corrente alternata. Mi dispiace per lei, ma perdere un punto di riferimento affidabile è sempre difficile, in un campo come quello medico (per non parlare delle allergie). L’idea di dover ricominciare da capo altrove e con altri specialisti mi mette in seria crisi. Crisi tra l’altro che sotto la cenere sta covando da un po’, visto che le basi su cui si fondava la tesi iniziale (e cioè la dieta ferrea, il vaccino antiallergico e la terapia tradizionale al bisogno) non ha dato gli effetti sperati sul lungo periodo. Avrei dovuto stare meglio (o almeno rimanere stabile) e non peggiorare.

Quest’estate ho iniziato la lettura casuale sotto l’ombrellone di Il respiro della felicità: cambiare vita in 28 giorni* di Sharon Salzberg (De Agostini 2011). Non aveva nulla a che fare con le allergie e con il mio sistema immunitario, ma lì ho trovato di nuovo accenni alla capacità della mente e del pensiero di aiutare a combattere lo stress (e di conseguenza aiutare il sistema immunitario ad esser più forte e stabile). Da lì, la mia anima bibliotecaria è stata solleticata e ho iniziato un percorso personale – e poco scientifico – su come alleviare le ansie e le paure che la mia convivenza con le allergie ha comportato e si porta con sé da quindici anni. Ne avevo già parlato altre volte in questo giardino d’inverno. Questa volta mi è sembrato diverso (o forse sono io ad essere cambiata, chissà).

Ammettere che vivere con le allergie fa paura è un ottimo primo passo. O almeno credo.

Il secondo passo  è stato quello di chiedermi: di allergie si può guarire? Non ho una risposta. Non sono un medico e quindi prendete queste elucubrazioni con il beneficio del dubbio. Continuo il mio percorso in solitaria, nella speranza che il cammino che ho davanti possa dare i suoi frutti a livello umano.

Nel frattempo vi dò appuntamento alla settimana prossima per continuare a raccontarvi di me e delle mie allergie.

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Vivere con le allergie in estate

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Vivere con le allergie in estate è stato un po’ più facile quest’anno.

Con il rientro a scuola dei miei figli considero finite – o quasi – le vacanze anche per me. State tranquilli: non ho fatto tre mesi di ferie. Per fortuna ho un lavoro part-time e ho potuto fare solo le tradizionali tre settimane a casa ad agosto. Per il resto ho lavorato. Ho un’altra fortuna (sono sfacciata, vero?): vivo in una città di mare e quindi tutti i giorni, dopo il lavoro, posso andare in spiaggia con i bambini.

Voi però volete sapere come sono andate davvero-davvero le mie allergie, giusto?

All’inizio dell’estate avevo dovuto arrendermi agli antistaminici. Sì, l’ho considerata una resa, perché in fondo ero convinta di poterne fare a meno. Ho trascorso l’estate prendendo i farmaci consigliatimi dal medico che hanno avuto due effetti: il primo è quello di avermi dato tre mesi di tregua dal mal di testa (e per me non è poco), dal prurito e dai piccoli malesseri che le allergie comportano su di me. Il secondo è che ho dormito un sacco: per quanto gli antistaminici siano farmaci di ultima generazione, a me danno sonnolenza. Aggiungete al desiderio chimicamente indotto di dormire il caldo soffocante e il gioco è fatto: sarei rimasta a letto tutto il giorno a sonnecchiare… Tra lavoro e tre tre figli, un marito e una casa da gestire posso solo dirvi che non ho dormito quanto avrei voluto. Tra l’altro ci sono delle novità legate alla mia allergia al nichel: ho dovuto – mi auguro temporaneamente – rinunciare al caffé. Poco male – direte voi. Sì, certo. Quando fatichi a tenere gli occhi aperti però diventa un po’ più complicato. Comunque a parte i periodi più afosi, rinunciare alla caffeina, non è stato così faticoso. Adesso che il clima è ritornato alla normalità (o forse mi sono semplicemente disintossicata dalla caffeina) mi sento decisamente meglio.

Da agosto – come mi ero augurata anche con voi qui nel mio giardino d’inverno – ho ripreso a camminare tutti giorni e a fare un po’ di yoga-mix-pilates. Chissà? Magari anche questo ha contribuito a migliorare i miei mal di testa.

Ci sono tante altre belle novità che ho scoperto in questi mesi per stare meglio.

Le vostre vacanze come sono andate? Le vostre allergie, vi hanno dato un po’ di tregua?

Il blog va in vacanza, le mie allergie no

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Il blog Vivere con le allergie, come ogni anno in questo periodo, si prende una piccola pausa estiva. Le allergie un po’ meno, ma che ve lo dico a fare :)?

E’ tempo di mare, di monti e di viaggi e anche questo giardino virtuale chiude i battenti fino a settembre. In questo periodo, oltre a lavorare (le mie ferie ufficiali cominciano verso ferragosto), faccio ben poco (sempre che gestire una famiglia di cinque persone – di cui tre sotto il metro e mezzo – sia poco ;)!). Ho la fortuna di vivere in una città di mare, Pesaro, quindi posso dire di sentirmi in vacanza fin dai primi giorni di sole, non appena comincio a stazionare sotto l’ombrellone in spiaggia. Quest’anno l’estate è iniziata presto e costumi ed asciugamani (oltre a maschere, tavolette, formine, secchielli, palette…) sono già in uso da fine maggio.
Il bar non è friendly con noi allergici, ma non si può avere tutto dalla vita (comunque, una bottiglietta d’acqua normale c’è).

Auguro a tutti voi una felice estate e delle vacanze di puro relax.

Salvo qualche aggiornamento sulla pagina Fb e via Twitter, vi aspetto a settembre qui sul blog per parlare ancora insieme di allergie  :).

Allergie : Cibo Amico Allergia alimentare ed Anafilassi

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Ho conosciuto virtualmente Valeria Invernizzi grazie alle mie allergie. Chi di voi non ha cercato online qualche informazione sulle proprie allergie. Il mondo è piccolo quando si affronta un tema così delicato. E’ ancora più piccolo quando si cercano informazioni e persone preparate, informate e disposte a rendere partecipi gli altri del loro sapere. Ho deciso quindi di farmi raccontare direttamente da lei la nascita e l’evoluzione di Cibo Amico.

– Com’è nata l’associazione Cibo Amico? Quando è nata? 

Cibo Amico Allergia alimentare ed Anafilassi è nata nel dicembre del 2009 nella sala d’attesa dell’AOU Meyer di Firenze da un gruppo di genitori con figli affetti da allergia alimentare che hanno sentito urgente la necessità di unirsi contro le barriere che questa allergia pone attorno alla ‘famiglia allergica’. Infatti la prevenzione di reazioni allergiche ad alimenti causa spesso cambiamenti, anche importanti, dello stile di vita delle famiglie che, per timore di contatti imprevedibili con allergeni, iniziano ad evitare situazioni sociali legate al cibo (feste, compleanni, cene, pizzate…) senza spesso essere compresi in questa scelta da conoscenti, amici e talvolta anche dai parenti stessi. Si può creare quindi una situazione di isolamento e di incomprensioni che pesano moltissimo sulla qualità di vita del bambino con allergia e di tutta la sua famiglia.

Purtroppo la scarsa informazione su cosa sia in realtà una allergia alimentare e la confusione con altre patologie come le intolleranze, o con malattie autoimmuni come la celiachia causano confusione e non aiutano. Il grosso ostacolo infatti non è l’allergia in sé, quanto l’ignoranza diffusa su questa patologia.

– Che tipo di supporto offrite sul territorio?

In questi anni abbiamo ampliato moltissimo le attività: scambio di ricette, informazione sull’allergia alimentare tramite volantini, incontri di approfondimento con medici allergologi e medici rianimatori sulla tematiche dell’emergenza allergologica e uso dell’iniettore di adrenalina, occasioni di conoscenza tra bambini e famiglie. A queste attività si sono aggiunte attività informative specifiche verso la scuola, verso ambiti educativi sportivi, religiosi, che devono avere informazioni chiare sulla prevenzione e l’emergenza proprio per permettere una vita scolastica/sportiva/sociale serena e sicura anche al bambino/ragazzini con grave allergia. Secondo noi è dall’informazione corretta, completa e chiara che parte tutto.

Una attività che proponiamo annualmente è il ‘Weekend di Cibo Amico’ ovvero una due giorni di incontro, conoscenza, condivisione tra ‘famiglia allergiche’ che da tutta Italia si ritrovano in Toscana, e convivono dal venerdì sera alla domenica pomeriggio in location sempre diverse. Ai bambini offriamo la possibilità di vivere esperienze ludiche, didattiche e di svago e relazione sotto la guida di animatori esperti (appositamente formati sulle allergie) e ai grandi l’occasione di approfondire le tematiche allergiche a 360° con ‘incontri senza camice’ con medici allergologi, medici anestesisti rianimatori, medici del 118, psicologi e psicoterapeuti. Spesso i genitori che incontro mi dicono che ‘allergici come mio figlio non ce ne sono altri’ e l’esperienza del weekend serve veramente a capire quante situazioni complesse e diverse esistano oltre la propria e a cogliere gli aspetti positivi della propria situazione, spesso dati per scontati. Obiettivo principale del Weekend è la costruzione di una “Rete tra Famiglie” che dopo aver condiviso questa esperienza ‘forte’ sotto lo stesso tetto, restano spesso in contatto tra loro e si continuano ad incontrare anche senza l’intervento dell’associazione.

– E’ difficile vivere con le allergie? E se sì, quali sono le difficoltà principali della convivenza con le allergie? Ci sono allergie “peggiori” di altre, secondo te e secondo la tua esperienza?

Secondo me ci sono obiettivamente allergie più impegnative di altre, per la diffusione dell’allergene e la difficoltà di evitarlo o per la presenza di sensibilizzazioni a più allergeni alimentari. Ma la vera discriminante è spesso il tessuto familiare, sociale e scolastico nel quale si vive e la sua capacità di accogliere e gestire questa patologia in modo più o meno efficace e consapevole. E’ questo che rende più o meno semplice convivere con le allergie alimentari.

– Qual è la domanda più frequente sulle allergie che nell’Associazione Cibo ti senti fare?

Forse la domanda più frequente che mi viene fatta è -hai mai usato l’iniettore di adrenalina?  No, non l’ho mai usato ma so che non è l’iniettore a dover far paura ma l’anafilassi. L’iniettore è la soluzione ad una situazione medica veramente pericolosa, e per questo è indispensabile averlo sempre con sé, sempre ed ovunque. Se la prevenzione è importantissima ed è il nostro scudo contro le allergie, avere l’iniettore permette di essere sicuri anche in caso di un errore imprevedibile: l’iniettore è la nostra arma, efficacissima in caso di anafilassi. E come tutte le armi, funzionano se sappiamo usarle bene, se ci siamo esercitati e se il loro uso è diventato un automatismo. Per questo presso la nostra sede o presso l’ospedale Meyer è possibile organizzare incontri sull’uso dell’iniettore di adrenalina sia di gruppi che di singoli che vogliono chiarirsi dubbi e esercitarsi nell’uso pratico con i demo. Chiunque vive/lavora/studia/pratica sport con un bambino/ragazzo/adulto con grave allergia infatti deve saper riconoscere i sintomi di anafilassi e deve saper usare correttamente l’iniettore e sapere come ci si comporta in presenza di una reazione allergica.

– Per finire, mi racconti un’esperienza particolare legata alla vita nell’associazione Cibo Amico che ricordi con il sorriso.

Ricordo col sorriso una ragazzina ’superallergica’ a latte e uovo che tramite Cibo Amico venne al Meyer da una regione lontana, per valutare la possibilità della terapia di desensibilizzazione. Alla prima visita il medico valutò che l’allergia era scomparsa, probabilmente da anni e la ragazzina uscì dall’ospedale e volle mangiare un cheeseburger! Questo perché purtroppo in molte regioni i controlli annuali non vengono effettuati e spesso i bambini continuano a seguire diete rigorose senza che ce ne sia più la necessità. Questo per dire che è importante che il bambino con allergia alimentare venga seguito in centri di buon livello e sia rivalutato nel tempo :).

Grazie Valeria.

A chi volesse essere aggiornato in tempo reale sulle attività dell’associazione vi consiglio di tenere d’occhio la loro pagina facebook Cibo Amico Allergia alimentare ed Anafilassi.

Vivere con le allergie: per saperne di più

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Oggi è un giorno di festa e Vivere con le allergie festeggia il 2 giugno a modo suo raccontandovi qualcosa per saperne di più.

Come posso farmi conoscere meglio?

Mi chiamo Simonetta, ho più di quaranta anni da un lustro e da quasi sempre vivo insieme con le allergie. Il mio sistema immunitario ballerino non mi ha tolto la voglia di lavorare (sono una bibliotecaria), di avere un compagno da più di quindici anni e di avere tre figli (anche se tutte le mie allergie remavano contro la mia voglia di essere mamma).

Perché ho iniziato ad aggiornare il blog?

Da quando la mia attuale allergologa ha cominciato a seguirmi, la prima cosa che mi ha consigliato è stata di tenere un diario della mie allergie, vale a dire un quadernino dove appuntare tutto quello che mangiavo – per quanto riguardava le allergie alimentari – e i comportamenti non abituali che inserivo nelle mie giornate – per monitorare le altre mie allergie. Nel 2013 ho deciso di farlo in questo blog nella speranza di raccontare anche ad altri la mia esperienza, non per essere un esempio o per dare consigli (per quello ripeto sempre che ci sono gli specialisti), ma per far sentire meno sole altre persone come me (e dai contatti in pvt che ricevo purtroppo siamo in parecchi). Quando nel 2000 mi sono state diagnosticate tutte le mie allergie non è stato facile conviverci, né trovare persone con cui parlare che avessero una situazione simile alla mia (e che non mi guardassero come un pazza o come una malata da compatire). Il medico non è un amico con cui fare chiacchiere o da poter chiamare tutti i giorni. Da sola ce l’ho fatta, ma dopo tanti anni ancora faccio qualche cavolata. Lo scorso anno ho monitorato in Vivere con le allergie il mio tentativo di re-inserire alcuni alimenti nella mia dieta asfittica. Quest’anno ho dovuto fare dietro front e ammettere – per il momento – la sconfitta.

Qual è il mio post preferito?

Posso sembrare presuntuosa, ma tutto il blog è il mio preferito, perché qui c’è la parte più sensibile ed esposta di me e anche quella che in barba alle giornate no (tipo adesso che la primavera imperversa e per un’allergica alle graminacee è un vero macello per naso e occhi) riesce a trovare delle strategie per andar avanti con il sorriso.

Siccome sono anche una persona ligia al dovere e, come tale non voglio aggirare la domanda, propongo il post dal titolo Alfabeto delle mie non-allergie.

Una parola per descrivere il mio blog?

Me ne servono almeno quattro: “Vivere con le allergie” riassume abbastanza bene questo spazio virtuale.

Se fossi un piatto, che piatto sarei?

La risposta divertente che mi viene in mente su due piedi è un piatto vuoto. Cito il protagonista di un film memorabile Harry ti presento Sally: “Ce ne stavamo seduti a chiacchierare in un ristorante etiope scelto da lei. E io facevo qualche battuta tipo: “Ehi! Non sapevo che si mangiasse in Etiopia, sarà una cosa rapida: ordino due piatti vuoti e via!” E’ esattamente il mio caso :).

Purtroppo la mia dieta mi permette di assaporare pochissimi ingredienti: visto che arriva la bella stagione potrei essere un piatto a base di mozzarella di bufala fresca con prosciutto di Parma tagliato sottilissimo, con l’aggiunta di un filo di olio extravergine d’olivo e una spruzzata di pepe nero.

Buon 2 giugno (con le allergie).

Allergie e veganismo

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Nel mio caso allergie e veganismo non vanno per niente d’accordo. Neanche un po’. Nemmeno per sbaglio.

A questo punto, se sei arrivato qui sperando di trovare conforto alle tue convinzioni sacrosante, purtroppo – e me ne dispiace sinceramente – non sarò certo io a dartelo. Non per una questione di principio, no. Semplicemente perché se diventassi vegana oggi potrei stare male (talmente male da finire al pronto soccorso, o peggio).

I principi che stanno alla base del veganismo sono fantastici e chi non sarebbe d’accordo con il “rifiuto – nei limiti del possibile e praticabile – di ogni forma di sfruttamento degli animali per alimentazione, abbigliamento, spettacolo e ogni altro scopo” (cit. Wikipedia).

Mi è successo però un fatto. Vivo al mare e come ogni anno la stagione balneare comincia a dare segni di vita già dopo Pasqua. I bagnini cominciano a pulire la spiaggia, a stendere la sabbia, a verificare le distanze tra gli ombrelloni. E’ di questi giorni l’apertura del bar dello stabilimento in cui la mia famiglia e io poltriamo durante i mesi estivi (cioè: io poltrisco, i miei figli giocano a spron battuto tutto il tempo).

La notizia dell’anno è che la gestione del bar è stata affidata a convinti praticanti vegani.

Tutti felici e io, ignorante e ingenua, arrivo al bar dove mio marito ordina dei caffè.

Cerco lo zucchero e chiedo: – C’è lo zucchero bianco?

– No. Qui c’è solo lo zucchero di canna e lo sciroppo di agave.

– L’agave non l’ho mai provata, ma non mi sembra il momento adatto per assaggiarlo. Con lo zucchero di canna ho scoperto da un paio di settimane che non ci vado d’accordo. Sai, sono allergica…

Immaginatevi la faccia più sorridente e disponibile del barista, convinto delle sue posizioni, ma assolutamente ignorante (nel senso che non conosce per niente) di shock anafilattico.

– Ok – aggiungo io, imbarazzata anche dalla presenza di amici ai quali non mi piace dare troppe spiegazioni e poi continuo – non è che per caso hai del latte?

– Certo, quello di soia.

– Ehm, sono molto allergica alla soia.

Ora immaginatevi la faccia, quella faccia sorridente e disponibile del barista, convinto delle sue posizioni, ma assolutamente ignorante (nel senso che non conosce per niente) di shock anafilattico o di reazioni allergiche serie, contorcersi.

A quel punto le persone che mi stavano vicino volevano sapere che cosa avrei fatto (e non solo al mare durante l’estate, dove mi auguro che qualche bottiglietta d’acqua normale potrò berla – ma solo quella).

Semplice (più o meno). Ho ringraziato del caffè – che non ho bevuto – e gli ho augurato una lunga stagione redditizia. Se lo merita.

Purtroppo per quelli come me però non ci sarà nessun margine di ingresso.

Ora so già cosa state pensando: eccola la nemica degli animali. Vi rispondo, con la coda fra le gambe, che non è colpa mia. E’ colpa del mio sistema immunitario che non gliene frega un cavolo dello zucchero di canna o della soia o di qualsiasi altro intingolo vegetale. Lui, il mio sistema immunitario, è un ribelle e non ci posso fare niente, a parte conviverci tutti i giorni, trecentosessantacinque giorni all’anno, inverno-primavera-autunno inclusi.

Nel mio caso, allergie e veganismo non vanno d’accordo e la mia stagione estiva si complica.

Cosa vuol dire anallergico?

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Cosa vuol dire anallergico?

Mi sono posta la domanda dopo aver chiacchierato amabilmente via mail con una persona che si era imbattuta in un mio post sui collant. Sono certa che dallo scambio di punti di vista ne faranno seguito degli sviluppi interessanti e utili che non mancherò di raccontare nel mio giardino d’inverno.

Per il dizionario Treccani anallergico vuol dire “che non determina allergia“. Semplice. Lapalissiano. Io – però – ci ho fatto una riflessione, altrettanto semplice e lapalissiana.

Chi può definire a priori quale prodotto/ingrediente/indumento sia davvero anallergico in assoluto per chiunque? Secondo me non esiste nulla di anallergico in assoluto a meno che una persona non sia priva di allergie.

Mi spiego meglio. Io sono allergica a tantissime cose (potete leggerle qui): nel tempo ho riscontrato a causa delle cosiddette allergie crociate o di prodotti che uso a contatto diretto con la pelle nuove reazioni. In tutti questi casi, pur indicando il produttore nell’etichetta la dicitura anallergico, per me quel prodotto non lo è, anallergico. A me “determina allergia“.

Faccio un esempio pratico legato ai collant. Io sono allergia alla PA (poliammide), all’acrilico e alla viscosa. Non sono allergica all’elastan. Definire un collant anallergico sarebbe corretto – ma solo per me – se contenesse cotone e elastane, ma non lo sarebbe per chi invece è allergico all’elastan.

Lo stesso vale per la dicitura prodotto ipoallergenico (vale a dire che potrebbe indurre un po’ di allergia). Di nuovo: ma cosa vuol dire poca allergia. Per alcuni soggetti allergici è sufficiente un’ombra di allergene per scatenare una reazione importante. Chi la definisce la soglia di pericolosità? Le quantità di allergene presenti? Di quale allergene?

Tutta la mia riflessione non deve spaventarvi, ma al contrario rendervi un po’ più consapevoli.

Ogni volta che trovate l’indicazione anallergico e ipoallergenico, fate un profondo respiro e poi andate a leggere per bene la composizione del prodotto/indumento. Nel caso sia assente la composizione o sia poco chiara diffidate (non dovrebbe mai succedere).

Le parole hanno un significato. Per me – e magari per qualcun altro – anallergico o ipoallergenico vogliono dire troppo poco perché io – e qualche altro allergico – possa stare davvero tranquilla.

Nel dubbio leggete sempre la composizione, anche quando ci sono sigle indecifrabili e sostantivi impronunciabili. Fatevi un elenco (magari usate lo smartphone come archivio di foto) di tutti gli ingredienti che tollerate e se dopo aver usato un prodotto – magari per la cura della persona – notate delle reazioni fate mente locale su cosa contiene nel dettaglio. La strategia migliore rimane sempre la più semplice: un diario quotidiano personale delle allergie.