Nel mio caso allergie e veganismo non vanno per niente d’accordo. Neanche un po’. Nemmeno per sbaglio.
A questo punto, se sei arrivato qui sperando di trovare conforto alle tue convinzioni sacrosante, purtroppo – e me ne dispiace sinceramente – non sarò certo io a dartelo. Non per una questione di principio, no. Semplicemente perché se diventassi vegana oggi potrei stare male (talmente male da finire al pronto soccorso, o peggio).
I principi che stanno alla base del veganismo sono fantastici e chi non sarebbe d’accordo con il “rifiuto – nei limiti del possibile e praticabile – di ogni forma di sfruttamento degli animali per alimentazione, abbigliamento, spettacolo e ogni altro scopo” (cit. Wikipedia).
Mi è successo però un fatto. Vivo al mare e come ogni anno la stagione balneare comincia a dare segni di vita già dopo Pasqua. I bagnini cominciano a pulire la spiaggia, a stendere la sabbia, a verificare le distanze tra gli ombrelloni. E’ di questi giorni l’apertura del bar dello stabilimento in cui la mia famiglia e io poltriamo durante i mesi estivi (cioè: io poltrisco, i miei figli giocano a spron battuto tutto il tempo).
La notizia dell’anno è che la gestione del bar è stata affidata a convinti praticanti vegani.
Tutti felici e io, ignorante e ingenua, arrivo al bar dove mio marito ordina dei caffè.
Cerco lo zucchero e chiedo: – C’è lo zucchero bianco?
– No. Qui c’è solo lo zucchero di canna e lo sciroppo di agave.
– L’agave non l’ho mai provata, ma non mi sembra il momento adatto per assaggiarlo. Con lo zucchero di canna ho scoperto da un paio di settimane che non ci vado d’accordo. Sai, sono allergica…
Immaginatevi la faccia più sorridente e disponibile del barista, convinto delle sue posizioni, ma assolutamente ignorante (nel senso che non conosce per niente) di shock anafilattico.
– Ok – aggiungo io, imbarazzata anche dalla presenza di amici ai quali non mi piace dare troppe spiegazioni e poi continuo – non è che per caso hai del latte?
– Certo, quello di soia.
– Ehm, sono molto allergica alla soia.
Ora immaginatevi la faccia, quella faccia sorridente e disponibile del barista, convinto delle sue posizioni, ma assolutamente ignorante (nel senso che non conosce per niente) di shock anafilattico o di reazioni allergiche serie, contorcersi.
A quel punto le persone che mi stavano vicino volevano sapere che cosa avrei fatto (e non solo al mare durante l’estate, dove mi auguro che qualche bottiglietta d’acqua normale potrò berla – ma solo quella).
Semplice (più o meno). Ho ringraziato del caffè – che non ho bevuto – e gli ho augurato una lunga stagione redditizia. Se lo merita.
Purtroppo per quelli come me però non ci sarà nessun margine di ingresso.
Ora so già cosa state pensando: eccola la nemica degli animali. Vi rispondo, con la coda fra le gambe, che non è colpa mia. E’ colpa del mio sistema immunitario che non gliene frega un cavolo dello zucchero di canna o della soia o di qualsiasi altro intingolo vegetale. Lui, il mio sistema immunitario, è un ribelle e non ci posso fare niente, a parte conviverci tutti i giorni, trecentosessantacinque giorni all’anno, inverno-primavera-autunno inclusi.
Nel mio caso, allergie e veganismo non vanno d’accordo e la mia stagione estiva si complica.