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A contatto con il nichel

Se metto a contatto con la pelle tutti i più comuni metalli dopo un po’ mi danno qualche problema di prurito più o meno intenso, si formano delle bollicine e insistendo a grattarmi si producono delle belle ferite.
Il problema del contatto con il nichel l’ho sentito già da quando ero ragazzina e mi piaceva la bigiotteria molto appariscente.
Ditemi che anche qualcuna di voi aveva la stessa passione?
Be’, a me piacevano talmente tanto gli orecchini con gli strass e le collane lunghe e sgargianti (sono figlia della generazione che impazziva per Like a virgin di Madonna e ho già detto tutto) e li mettevo nonostante mi provocassi delle dermatiti di dimensioni notevoli alle orecchie e dietro al collo. Se bella vuoi apparire, un po’ bisogna soffrire.
Meno problematici sono stati i jeans e in particolare il bottone dei pantaloni ad altezza ombelico, perché in realtà era l’intero indumento a darmi fastidio per il prurito che mi provocava ovunque. Non ho mai capito chi sosteneva la praticità dei Levi’s: per me è sempre stato come entrare in un punta-spilli.
Il problema del bottone in metallo però è un tema ricorrente, tanto che ormai ho imparato, soprattutto in estate, a stare attenta. Ogni particolare in metallo che entra in contatto con la pelle, con l’aiuto del caldo che velocizza la reazione, mi provoca delle micro-ustioni. C’è chi usa lo smalto per proteggersi, ma non è detto che funzioni sempre , almeno con me.
Una cosa che in estate mi dà sempre qualche apprensione sono i sandali: quando ho bisogno di comprarne un paio fatico a trovare modelli privi di fibbie o applicazioni metalliche. E’ allora che la soluzione-smalto da apporre diventa quasi un’esigenza se non riesco a trovare qualcosa di bello e nichel-free.

Allergie e gravidanza 3

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Incinta stavo bene, proprio bene. Felice mentalmente e fisicamente. Stavo una favola. Ho continuato a lavorare fino all’ottavo mese e mi vedevo bellissima. Sì, sembravo anche una pazza, con la testa fra le nuvole, in una sorta di estasi e a nessuno – nemmeno al padre di mio figlio – era consentito riportarmi con i piedi per terra.
In realtà tutto mi sarei aspettata fuorché risultare positiva al test della curva di carico della glicemia.
Tatatataaan. Non sapevo nemmeno cosa fosse il diabete gestazionale, io. Invece, dopo la conferma con il secondo esame completo è risultato che io fossi diabetica. Tutto ciò ha comportato una serie di esami del sangue aggiuntivi presso il Centro Anti-Diabete ogni 15 giorni.
La cosa buffa o tragica è stata che nella cura del diabete gestazionale si debba fare attenzione al peso e alla dieta. Questi specifici controlli li ho fatti da un medico dietista.
Con il senno di poi la scena di me dalla dietista sembra ancora surreale.
All’ottavo mese di gravidanza pesavo esattamente tre chili e mezzo in più rispetto al pre-gravidanza. Questa cosa mi aveva talmente sconvolta – o forse erano solo gli ormoni, chissà? – che ho cominciato a piangere come una bambina, perché avevo paura che il mio bambino non stesse crescendo come doveva. La dottoressa per consolarmi mi ha spiegato che ero una diabetica anomala (e ti pareva?), visto che normalmente il diabete gestazionale ha come sintomo un eccesso di peso della gestante e del nascituro. Il mio bambino era nella norma e il mio peso pure. Be’, meglio così!
L’altro problema era invece la dieta: di nuovo, ancora quella parola a me faceva un certo effetto, visto che io vi(ve)vo a dieta da tanto tempo. Purtroppo la dieta prevista per i diabetici comportava il consumo di carboidrati (zuccheri a rilascio lento) e io come allergica al nichel non potevo mangiare pasta e pane e l’unico carboidrato sicuro era ed è proprio lo zucchero raffinato.
Ancora una volta la dietista è dovuta scendere a patti con la sottoscritta ultra-eccitabile e piagnona: dovevo assicurarle di mangiare ogni tre ore e il pasto più importante sarebbe dovuto diventare lo spuntino prima di andare a dormire. Ovviamente sulla carta non c’erano problemi: nei fatti in gravidanza la mia digestione era piuttosto lenta e per poter riposare senza avere la cena sullo stomaco dovevo farla alle 17, altro che spuntino di mezzanotte.
La fortuna vuole che durante la gestazione io fossi dotata di occhiali speciali: volevo essere ed ero felice. Pausa pianto di fronte alla dietista a parte, niente mi adombrava.
Mio figlio è nato senza problemi due giorni prima della scadenza del tempo.
Era (ed è) bellissimo.

Allergie e gravidanza 2

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La settimana scorsa ho cominciato a raccontare la storia delle mie gravidanze. Potete leggere la prima parte qui. Mi ero fermata quando la ginecologa e il Telefono rosso mi avevano consigliato di pensare all’adozione.
Dovete sapere che una delle cose di cui io sono sempre stata certa nella vita era che avrei avuto un bambino. Almeno uno. Non avevo interesse ad avere un marito (certo un donatore, come lo chiamava una mia amica, era indispensabile), ma come donna volevo avere un figlio.
Mi ero data anche un tempo limite: i 35 anni. Oltre, o in caso di insuccesso sia nella ricerca del donatore che nell’effettiva capacità di concepire un bambino, avrei desistito.
Non ho nulla contro le adozioni, né contro l’inseminazione artificiale, ma conoscendomi non avrei retto psicologicamente come persona, prima ancora che come donna.
Il fatto che le mie allergie potessero mettersi di traverso non l’avevo mai preso in considerazione, anche se qualche dubbio avrebbe dovuto venirmi.
Fatto sta che alla fine dei vari consulti sono passata dal mio medico di base, un’amica prima che un dottore, per aggiornarla e sul fatto che mi fosse stato consigliato di non avere bambini.
Lei semplicemente, con la sua calma infinita, mi ha consigliato di andare, come ultima spiaggia, da un ginecologo del cui parere, secondo lei, potevo fidarmi al 100%.
Che dire? Lui, il ginecologo, invece non ha avuto dubbi. Ok per la gravidanza purché cominciassi almeno sei mesi prima ad assumere acido folico. L’unica difficoltà piuttosto era trovare un integratore che io potessi assumere per un periodo così lungo e che non mi desse fastidio a causa dell’allergia al nichel, soprattutto per quanto riguarda gli eccipienti, visto che la maggioranza dei multivitaminici contengono acido cidrico e amido di mais.
La fortuna ha voluto che all’epoca esistesse in commercio Folina in fiale (la ditta che la produceva è Marvecs Pharma, ma è fallita nel 2011) da fare in iniezioni intramuscolari una volta alla settimana.
Non mi sono posta altri problemi.
Ho cominciato la cura a base di acido folico e dopo sei mesi, insieme al mio compagno, abbiamo provato ad avere nostro figlio.
A gennaio del 2006 ero ufficialmente incinta e per coincidenza – ma credo ormai che le coincidenze non esistano – nell’agosto dello stesso anno ho compiuto 36 anni.
Ho rispettato perfettamente i tempi che mi ero data per diventare mamma.

A.A.A: allergia, alternaria, asma

Dal 1° maggio la gola ha cominciato a stringersi e il respiro a farsi più pesante.

Purtroppo, e con un certo anticipo rispetto alla mia media stagionale, temo che si tratti di alternaria. Si tratta di muffa che sprigiona le sue spore in ambienti particolarmente umidi e caldi e che negli ultimi giorni rende l’aria irrespirabile.

Fa caldo e al mare si vedono nubi leggerissime di nebbia salire dall’acqua. In spiaggia in realtà mi sembra di respirare meglio. La situazione peggiora quando rientro in casa o in ambienti chiusi. L’ultima crisi di questa portata risale a parecchi anni fa e allora la causa scatenante era stata una cantina chiusa da molto tempo. Da allora ho sempre cercato di evitare ambienti così con queste temperature.

Purtroppo per motivi di lavoro di nuovo devo trascorrere una giornata a settimana in un ambiente ricoperto di muffa e quindi anche a causa del clima simil-tropicale di questi giorni, non riesco a ri-ossigenarmi tra una settimana e l’altra.

Per compensare il debito di aria pulita che accuso la mattina presto ho ripreso a fare delle belle camminate sul lungo mare. La sensazione di apertura delle vie respiratorie è quasi immediata. Il mare è sinonimo di benessere e solo vedere la distesa di acqua davanti a me mi fa sentire meglio.

E comunque: quando si dice che non esistono più le mezze stagioni…

Allergie e gravidanza 1

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Come donna ho sempre desiderato di avere un bambino. A 34 anni, un compagno (magari non proprio convinto di riprodursi) e un lavoro, mi sono ritrovata a chiedere alla mia allergologa, durante una visita periodica: – Doc, ma con tutte le mie allergie potrò mai avere un bambino?
La sua risposta inaspettata è stata: – Forse potrebbe pure farti bene!
L’anno successivo mi sono ripromessa di indagare.

Durante il consueto controllo dalla ginecologa, ho chiesto se ci potessero essere dei problemi nel caso in cui avessi avuto in concreto intenzione di avere un bambino. Questa volta la dottoressa ha preferito prendere tempo. Non ne era così sicura e ha preferito documentarsi.
Esiste un Telefono Rosso per le gravidanze a rischio a cui rivolgersi.
Nel mio caso i problemi che la mia dottoressa si poneva erano di due ordini.
Uno era di tipo preventivo: a causa della mia prolungata dieta priva di frutta, verdura e cereali la quantità di acido folico che naturalmente ingerivo era insignificante e quindi era necessario trovare un integratore a base di tale sostanza che io potessi assumere per i sei mesi precedenti all’ipotetico concepimento per evitare malformazioni ai danni del bambino.
Il secondo ordine di problemi riguardava l’ipotesi che durante la gravidanza si verificassero delle complicazioni che avrebbero richiesto l’assunzione di farmaci specifici.
Il Telefono Rosso ha dato parere negativo. Secondo gli esperti consultati, sarebbe stato meglio che mi orientassi verso l’adozione di un bambino.
Mettetevi comodi perché la storia non finisce qui.

La seconda parte: Allergie e gravidanza

I miei tempi di reazione alle allergie

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Il medico che mi ha diagnosticato la serie di allergie con la quale avrei convissuto da quel momento in poi mi ha aggiornato su quella che io definisco la tabella dei tempi di reazione.

Il nichel reagisce a livello alimentare anche a distanza di 72 ore dall’ingestione.
Questo vuol dire che se io mangio il martedì potrei risentirne anche il venerdì o il sabato.

Questo è uno dei motivi per cui all’inizio mi è stato consigliato di tenere una sorta di diario in cui appuntare qualsiasi cosa mangiassi. Puntuale come un orologio il mal di testa feroce arriva(va), oltre al prurito e al gonfiore agli occhi/labbra/mani nell’arco di tre giorni.

I farmaci invece reagiscono sul breve periodo in un lasso di tempo che va tra i 30 minuti e le 3 ore. Oggi non sperimento più anti-infiammatori e cerco di evitare antibiotici o farmaci in generale.

Rimane il fatto che in caso di ingestione di nichel che mi causa il mal di testa, evitare gli anti-dolorifici è difficile. Ecco perché nel mio caso controllare la prima allergia, mi aiuta a evitare di incorrere nella seconda.

A costo di sembrare ripetitiva, tutto quanto ho sperimentato sulla mia persona non significa che succeda ad altri più o meno allergici della sottoscritta.

Una cosa è certa: convivere con un sistema immunitario alternativo come il mio, mi ha spinto nel corso degli anni a sviluppare un certo spirito di osservazione (etichette, ingredienti, situazioni nuove), una buona memoria per i fatti (soprattutto in caso di novità) e una bella capacità di sintesi (perché alla fine due più due fa sempre quattro).
Posso garantirvi che nella vita di tutti i giorni, a prescindere dalla salute, queste abilità aiutano molto nella vita privata come nel lavoro.

Insomma una sorta di giovane(?) marmotta quarantenne del nuovo millennio.

Allergia al nichel e celiachia

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Nella pizzeria che frequentavo pre-diagnosi alle mie allergie i cuochi erano disposti e pronti a prepararmi la pizza per celiaci, perché chissà come, l’allergia al nichel e la celiachia nell’immaginario collettivo sono la stessa cosa o quasi. Certo ho apprezzato lo sforzo e la simpatia con cui i gestori si sono offerti di aiutarmi, ma è stato difficile spiegare che ero solo allergica.

Così è stato per molte persone che al mio ennesimo timido rifiuto di assaggiare, mangiare o condividere alimenti che per me non erano (non sono) sicuri perché non sono celiaca, ma che si sentivano in dovere di venirmi incontro: la celiachia sembra per la maggior parte dei non-allergici più facile da comprendere e da gestire dell’allergia al nichel o di una comune allergia alimentare.

Non sono un medico e nemmeno un’esperta, per chi volesse saperne di più sulla celiachia consiglio comunque di leggere la definizione di Wikipedia o di approfondire nel sito dell’Associazione Italiana Celiachia.

In un paese in cui il cibo e la buona cucina fanno parte della cultura nazionale, la difficoltà più grande da affrontare è lo scetticismo con cui una persona allergica al nichel viene accolta a tavola. Nel mio caso le possibilità sono davvero ristrette all’osso visto che oltre al nichel sono allergica a una serie di specifici alimenti. Una bella mangiata è sinonimo di socialità e quindi non poter condividere le prelibatezze insieme agli altri può diventare un piccolo handicap.

Diventa più difficile spiegare le mie allergie agli altri piuttosto che vivere l’esperienza in prima persona. Questo è uno dei motivi per cui ho deciso di aprire questo blog: se c’è qualcuno di allergico come me, non abbiate timore di spiegare come stanno le cose. Ho detto spiegare, però. Non fatene l’argomento principale di conversazione, perché altrimenti la convivialità va a farsi benedire sul serio.

Se qualcuno invece sedesse a tavola, anche eccezionalmente, con un allergico al nichel o a qualche alimento, sappiate che sono più frequenti di quanto non si possa pensare. Tenete presente anche che non tutti hanno piacere di raccontare per filo e per segno le proprie disavventure a tavola e non solo per una questione di privacy, ma semplicemente per una forma timidezza.

p.s. Per la cronaca nel weekend sono stata a due compleanni con i miei figli dove ho dovuto assaggiare almeno la torta di compleanno.
Questa mattina il mio mal di testa non ha limiti. Della serie “buona educazione” vs “allergia” è uguale a pentirsene amaramente nel giro di qualche giorno.

Allergia al nichel e la cura del corpo

Da una parte questo post potrebbe sembrare che si tratti di pubblicità (e lo è nel senso che questi prodotti hanno facilitato la mia vita da allergica): non lo è nel senso che non vengo pagata per parlare bene di questa linea di prodotti.

Pensate che qualche volta il mio medico mi ha usato come cavia per testare dei prodotti che gli venivano pubblicizzati come nichel-free ma che alla prova dei fatti (con me) non hanno funzionato.

Sono un cocktail di allergie in formato da un metro e settanta. Chiarisco che non è detto che quello che non ha funzionato per me non sia un prodotto valido per altri.

Ogni persona è unica e pur essendo allergica al nichel potrebbe non essere sensibile a dei prodotti che a me fanno male.

Uno dei prodotti che per me è essenziale per la cura del corpo è la linea Hulka-Vea (alcuni dei prodotti che uso potete trovarli nel mio piccolo shop virtuale).

La compro solo in farmacia ed è piuttosto costosa.

Mi offre tutto quello che mi serve: lo shampoo, il sapone di marsiglia, l’olio (più o meno secco seconda delle necessità) e la crema.

La cura della mia persona dal punto di vista estetico si ferma qui, nel senso che io non uso trucco. Come dire, sono un tipo tutto acqua (ma non sempre) e sapone.

Le allergie alimentari e l’esperienza

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La mia esperienza con un cocktail di allergie è complessa: pollini, muffa, nichel, farmaci, alimenti.

Vivere con le allergie è un’abitudine.

Mi spiego. Ormai ho sviluppato l’occhio clinico nelle diverse occasioni. Se vado al bar e ordino il “cappuccio” osservo sempre se qualcuno prima di me ha voluto un cappuccino di soia, essendo allergica alla soia.
Se vado in un bar che non conosco chiedo il cappuccino liscio, senza cacao o zabaioni o creme di varia natura che vanno tanto di moda.

Se prendo il gelato rigorosamente al gusto fior di latte, chiedo sempre che non sia mischiato con avanzi di altri gusti (cioccolata, nocciola…). Non a caso odio la tendenza dei gelatai di usare contenitori non a vista, perché se il gelato è pasticciato io non riesco a vederlo.
Se vado a mangiare fuori chiedo sempre che la carne o il pesce siano cotti senza aggiunte di sapori, salvo poi condirli io con olio e sale.

Difficilissimo inoltre è avere la carne o il pesce senza verdure di abbellimento. Nonostante io lo chieda sempre e specifichi che non sono interessata all’estetica del piatto, una fogliolina verde e un pomodorino rosso per bellezza me appoggiano comunque.
C’è una cosa da aggiungere: ho scoperto che l’inventiva in cucina è davvero straordinaria.
I cuochi mettono la cipolla dove uno meno se lo aspetta, il prezzemolo ovunque.

Qualche volta mi sento tanto Sally nel film di Harry ti presento Sally quando, nella scena più conosciuta, chiede tutti gli ingredienti a parte. Pensare a quel film che ho visto milioni di volte mi fa sentire meno in imbarazzo (perché all’inizio è così, è inutile illudersi). Vedere me alle prese con un ordine al ristorante, fa venire invece l’allergia a cuochi e camerieri.

Insomma le allergie alimentari e l’esperienza vanno a braccetto e consiglio a tutti di sviluppare una bella memoria per evitare errori grossolani.

Allergia al nichel e l’abbigliamento

Una delle primissime cose che la mia allergologa mi ha detto insieme al fatto che ero allergica al nichel è stato di fare attenzione ai tessuti colorati, in particolare al blu e al nero.

Questo spiegava perché per me i jeans erano sempre stati scomodi. Pre-diagnosi per me i jeans avevano solo un problema di cuciture troppo spesse: invece la dottoressa mi ha spiegato che il problema era la tintura blu.

Non solo. Nel mio caso, oltre ai colori scuri, un problema grosso è il tipo di fibra usato per l’abbigliamento. Tutto quello che è sintetico mi dà fastidio, provocandomi prurito e creandomi sulla pelle foruncoli e secchezza.

Uno potrebbe dire: che problema c’è?
Il problema c’è, eccome! In prevalenza d’inverno. Non riesco a trovare collant di cotone visto che sono sempre  composte con un misto poliammide.

Le commesse della mia città mi hanno spiegato che si tratta di un problema di elasticità.

Chissà perché fino a qualche tempo fa però le producevano in cotone ed elastane e allora non avevano problemi di elasticità?

Io credo con un po’ di malizia che ci sia un problema di risparmio: le fibre naturali costano di più.

All’inizio della mia convivenza con le allergie grandi catene di abbigliamento producevano maglie a manica lunga in puro cotone: ora invece sempre più spesso solo in viscosa (o misto viscosa) e a me – manco a dirlo – anche la viscosa fa lo stesso effetto del poliammide e dell’acrilico.
Idem per la maggior parte dei maglioni: il 100% lana sta diventando merce sempre più rara. Non vi dico per trovare sciarpe e guanti.

Il mio abbigliamento si sta riducendo drasticamente.

Quando trovo qualche capo che fa per me, ne compro più d’uno e uso sempre quelli.
Sono tre anni però che non indosso una gonna d’inverno, visto che senza collant è un’impresa uscire di casa in pieno inverno. Ho provato a chiedere anche a una fashion blogger se conosceva il nome di qualche stilista sensibile a chi come me ha bisogno di fibre naturali al 100%, ma pare che al momento in pochi sentano quest’esigenza (i prezzi sono esorbitanti).

Bisogna armarsi di santa pazienza e leggere tutti, ma dico tutti, i cartellini e incrociare le dita. Come dicevo altrove, essere allergici significa diventare degli investigatori sui generis.

Se doveste trovare abiti che fanno al caso mio non esitate a segnalarmi la marca a vivereconleallergie@gmail.com.