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Le allergie e l’allergologo

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Eccomi di nuovo a proporvi storie che negli anni ho condiviso con voi in privato, ma che a distanza di tempo credo possano far “bene” anche ad altri lettori alle prese con gli stessi dubbi che hanno attangliato me e voi all’inizio della convivenza con le allergie.

Sì, perché, che voi siate allergici agli acari, piuttosto che al nichel, piuttosto che al latte, a fronte di una diagnosi o prima ancora di una diagnosi, i timori che accompagnano quel momento sono molto simili. Oggi quindi prendo a prestito la vicenda di V. e se avrete la pazienza di leggere fino in fondo vi spiegherò anche il motivo.

Ciao,
[…] sono intollerante al lattosio (l’ho scoperto a marzo) e allergica al nichel (l’ho scoperto da circa 2 mesi).
Il mio gastronterologo mi ha curata per la sovracrescita batterica intestinale e sono stata un po’ meglio eliminando anche latte e derivati, ma non mi ha eliminato cibi contenenti nichel perché crede che sia un’allergia più da contatto. Non ho mai avuto problemi da contatto, però 15 giorni fa mi è venuto un edema all’occhio causato da allergia e sono stata curata dal mio oculista con un antibiotico unguento e gocce, oltre all’antistaminico.
Da lì sono stata di nuovo male con l’intestino e mi è sorto il dubbio della presenza del nichel nei cibi ed ora sto più attenta.
Volevo farti qualche domanda, secondo la tua esperienza: un medico può capire se vi è in corso anche un’allergia alimentare al nichel? Il mio gastronterologo non ne è convinto ed io vorrei comprendere se il mio star male è da imputare all’intolleranza al lattosio, oppure all’allergia al nichel.
Se la risposta è sì, ti chiedo gentilmente a quale figura dovrei appoggiarmi per averne la certezza: Allergologo, Gastroenterologo o Nutrizionista?
Eventualmente conosci un medico esperto e capace in allergie alimentari nichel in Toscana.

Grazie infinite

Bentrovata V., io ti consiglierei senza ombra di dubbio un bravo allergolo.
Io vivo nelle Marche ma ho intervisto per il Valeria Invernizzi presidentessa dell’Associazione “Cibo Amico Allergia alimentare ed Anafilassi” con sede a Firenze. Credo che contattarla potrebbe essere un buon punto di partenza per avere indicazioni su specialisti in allergologia nella tua zona.
In bocca al lupo.
E poi fammi sapere gli sviluppi (sicuramente positivi!).
Un abbraccio :).

Ciao Simonetta,
Ho trovato l’allergologa esperta in allergie alimentari, anche se purtroppo dovrò aspettare metà ottobre per l’appuntamento; mio padre ha letto un articolo su un quotidiano e me l’ha passato, ho fatto qualche ricerca su internet e mi sono convinta.

Questo scambio di mail mette a fuoco la cosa più importante nella convivenza con le allergie. Prima di preoccuparci di come gestire le allergie, è fondamentale essere sicuri di avere una o più allergie. Banale, ma da non sottovalutare. Oggi siamo tutti medici fai-da-te (con le allergie, ma anche con altri svariati sintomi). Non mi stancherò mai di dirlo: è indispensabile farsi seguire da un bravo allergologo! Non metto in dubbio che un dermatologo, un oculista o un medico generico ne sappia più di me o di voi che non possiediamo una laurea in medicina. Però, sono altrettanto convinta che un allergologo abbia una competenza specifica mirata in grado di riconoscere i sintomi e verificare a cosa siete (se lo siete) allergici. Sempre – o comunque spesso – quando mi scrivete è l’unico consiglio che mi sento di darvi. La svolta nella mia avventura con le allergie è iniziata quando ho trovato l’allergologa che mi segue da quasi vent’anni. Sono ripetitiva, lo so ;). Da lì, ne consegue tutto il resto. Seguire le prescrizioni, valutare se le indicazioni fanno al caso vostro e come calibrarle.

Secondo punto che vorrei affrontare: mi piacerebbe essere ancora più utile a chi arriva tra queste pagine virtuali. Se avete dei nominativi di allergologi da segnalare mi piacerebbe renderli disponibili regione per regione (a patto che i medici siano d’accordo a rendere pubblici i loro riferimenti). Potrebbe essere un servizio interessante.

Allergie, il punto di svolta e un po’ di ottimismo

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Sono passati (quasi) due anni da quando ho fatto gli ultimi test per stabilire se e come le mie allergie si fossero evolute o involute. Che dire? Incrocio le dita e spero di continuare così. Nei limiti consentiti dal mio sistema immunitario mi sento abbastanza ottimista per dirvi che “c’è luce in fondo al tunnel“. Se penso a come stavo una ventina di anni fa, non avrei mai immaginato di arrivare al punto in cui mi trovo ora.

1. Non faccio ricorso ai farmaci per sedare le diverse reazioni allergiche a livello locale o sistemico da prima dell’ultimo controllo.

2. Il prurito – una costante da quand’ero una bambina – è un ricordo a cui faccio volentieri a meno. Ogni tanto compare, ma non più in modo devastante come una volta.

3. La mia alimentazione è, non solo più varia rispetto ad una volta, ma soprattutto più sana. Accanto alle proteine del latte, della carne e del pesce, posso aggiungere qualche zucchina, un po’ di lattuga, dei finocchi, qualche carota e una patata ogni tanto. In questo inverno rigido ho scoperto il rassicurante calore del brodino vegetale (fatto in casa con carote, zucchine e patate) con un po’ di riso (vuoi mettere con un filo di olio evo e una spruzzata di parmigiano? I miei figli vogliono sempre condividerlo con me, adesso…). Ho ridotto la quantità di zucchero raffinato anche grazie all’introduzione di qualche carboidrato (riso e farina doppio zero) e di frutta. Udite udite! Accanto alle mele e alle banane, quest’inverno ho imposto al mio sistema immunitario le arance e le clementine. Una volta alla settimana mi concedo anche la pizza. Ancora non ci posso credere.

4. Non dovrei scriverlo perché non ne sono del tutto convinta, ma pare che anche esteticamente – nonostante i chili in crescita a causa della menopausa – sia migliorata. Ho la pelle più luminosa e ossigenata: merito dell’alimentazione, ma anche delle camminate in collina a causa del nuovo lavoro (che ha già compiuto un anno e non dovrei più considerare “nuovo”).

5. Stare meglio mi aiuta a volermi più bene. E’ il gatto che si morde la coda. Non ho molto tempo per fare yoga, ma tutti i giorni mi ritaglio dieci minuti di stretching alla mattina prima della colazione. In autobus mi concedo il tempo per respirare con consapevolezza. Piccole cose praticate con costanza che collaborano per farmi essere più in pace con me stessa.

6. Persisto nel non tingermi i capelli (sono cresciuti molto, e nonostante qualche filo grigio ne vado orgogliosa) e nel non far uso di make up (ma visto il punto 4, non ne sento la necessità)

Ecco! Insomma, volevo dirvi che non dovete scoraggiarvi mai, nemmeno quando ci siete dentro fino al collo. Sì, lo so cosa state pensando. Con il senno di poi siamo bravi tutti? Lo direi anch’io. Oggi però vi chiedo un atto di fiducia. Se state leggendo questo post e pensate che le vostre allergie non potranno mai migliorare, io vi assicuro che non è così. E’ possibile un punto di svolta.

Allergia da contatto e abbigliamento

Lettori “pazienti” e carissimi, continuo ad attingere dai vecchi scambi di consigli tra allergici, come ho fatto negli ultimi post (Allergie e acido folico e Allergie difficili da scovare). E’ più facile che mi scriviate in privato per avere qualche dritta, piuttosto che intervenire nel mio giardino d’inverno. Non sempre sono in grado di aiutarvi perché, lo ripeto fino alla nausea, non sono un medico. Le risposte che vi offro arrivano dalla mia esperienza pluriennale con le allergie, condita di sano e sempreverde buonsenso.
Alcuni dei vostri quesiti possono essere utili ad altri soggetti allergici, come in questo caso, visto che l’abbigliamento e le allergie da contatto mietono ancora parecchie vittime. Il tutto nel rispetto della privacy di ciascuno di voi e mantenendo l’anonimato delle vostre domande. Questo è un nuovo caso a cui sono stata felice di contribuire.

Purtroppo da un anno e mezzo ho scoperto di essere allergica ai coloranti (soprattutto il blu e il nero) e ai tessuti sintetici. Se sudo, nemmeno la maglia di cotone a maniche lunghe, messa sotto alla maglietta di materiale sintetico, mi salva perché con la traspirazione, la mia pella viene a contatto comunque con colore e tessuto.
Come hai scritto nell’articolo Allergia al nichel e abbigliamento, la ricerca del vestiario è diventata un’impresa da Indiana Johns e, soprattutto d’inverno, diventa difficile trovare qualcosa da mettere che non faccia venire allergia. Ho letto nell’articolo che hai difficoltà a trovare guanti e sciarpe. Io ti consiglio i negozi della Sisley, lì ho trovato, anche se cari, sciarpe e berrette in pura lana vergine che, finalmente, posso indossare per ripararmi dai mesi più freddi.
Ti voglio chiedere se anche a te, tra i vari sintomi, oltre al prurito, arrossamento e, a me, gonfiore del viso, ci siano anche le perdite.
Quando non sapevo cosa fosse (per due anni ho vagato per ospedali con dottori che pensavano fosse allergia alimentare) sono andata anche dal ginecologo, pensando che per quel problema si trattasse di candidosi. È stato invece il ginecologo a dirmi che non c’era nulla di tutto ciò , bensì un’infiammazione che secondo lui era dovuta ad un’allergia.
Con il patch test si è poi scoperto che ero allergica ai coloranti, sopratutto blu e nero, e ai materiali sintetici.
Tra i sintomi, quando vengo a contatto con questi colori e/o materiali, ho anche perdite e fastidio.

Ciao R.,
io uso solo intimo di cotone bianco ed evito accuratamente i jeans.
Prima di scoprire tutte le mie allergie anch’io soffrivo di infiammazioni varie a livello genitale: risolti i problemi di allergie (uso solo pantaloni di cotone per esempio – ed è sempre più difficile trovarli – e prodotti per l’igiene della Vea), anche le varie infezioni si sono diradate.
Un’amica – allergica al nichel – dopo aver fatto tutta la trafila dei ginecologi, esami, prelievi, ha scoperto che la causa era banalmente il detergente intimo.
Io per esempio uso solo certi prodotti anche per l’igiene intima. Tu cosa usi? Prova a farci caso.
Per quanto riguarda il freddo a settembre ho fatto una collezione di sciarponi in puro cotone per l’inverno. L’anno scorso ho trovato diversi capi in lana (maglioni e cardigan) in pura lana da Benetton.
Per i coloranti credo che l’unica soluzione sia comunque non usare indumenti sintetici (anche se di colori chiari). Io li ho aboliti da un po’. Ho pochi capi, ma di colori e materiali adatti alla mia sensibilità.

Sì, anche io ho abolito indumenti, sia intimi che non, sintetici. Anche le lenzuola ora sono bianche e di cotone.
Per l’igene intima uso Neutromed, ma proverò con i prodotti Vea.
La cosa “divertente” è che durante il ciclo l’allergia scompare…forse perché gli ormoni prodotti riescono a combattere il fattore allergenico…boh! Sta di fatto che, in quei giorni, posso osare a mettere capi diventati out per me o per materiale o per colore o per entrambi i motivi. Certo, non 100% sintetici, ma misto cotone, che comunque mi provocano fastidi il resto dei giorni.
Conta che ho una maglia 100% cotone. Ho iniziato a diventare rossa in faccia, prurito e perdite…abbiamo scoperto che l’etichetta dietro al collo era cucita con filo di nylon. Tolto subito quello, mentre l’avevo addosso, mi è scomparso all’istante ogni sintomo.
Dalla Benetton ho trovato dei Jeans 95% cotone e 5% elastan… poi ho visto che, anche se 100% cotone, è meglio evitare quelli blu scuro.
Il mio problema sono le calze d’inverno…. l’anno scorso io e mia madre abbiamo girato in ogni dove, ma zero. Non vendono più nemmeno le calze di seta (quelle in tempo di guerra, per intenderci).
Un disastro!!
R.

Ecco, come dicevo all’inizio del post convivere con le allergie e con l’abbigliamento (più o meno alla moda) si complica di anno in anno. Rispetto al 2015, anno al quale risale questo scambio di consigli, le cose sono peggiorate. La produzione di sintetici è spropositata e la mia scorta di vestiti in fibra naturale (quando trovo qualcosa che posso indossare, ne compro almeno due o tre pezzi) si assottiglia drasticamente.

E voi, come vi comportate?

 

Allergie e acido folico

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Carissimi lettori, anche oggi mi permetto di rendere pubblico un vecchio scambio di consigli tra allergici, come ho fatto nell’ultimo post. A volte mi scrivete in privato per avere qualche dritta. Non sempre sono in grado di aiutarvi perché non sono un medico. Le risposte di solito vanno a pescare dalla mia esperienza pluriennale con le allergie, condita di sano e sempreverde buonsenso.
Alcuni dei vostri quesiti possono essere utili ad altri allergici particolari come sono io. Il tutto nel rispetto della privacy di ciascuno di voi e mantenendo l’anonimato delle vostre domande. Questo è un caso a cui sono stata felice di contribuire.

Cara Simonetta,
sono un’allergica al nichel, balsamo del perù, formaldeide, lattosio e frumento e durante una ricerca nel web, mi sono imbattuta casualmente nel tuo blog.
Innanzitutto grazie per le preziose informazioni che condividi, per noi allergici il fatto di non sentirci soli aiuta molto 🙂
Ti scrivo per chiederti informazioni riguardo all’acido folico, ho intenzione di avere un bimbo ( speriamo arrivi 🙂 ) e l’acido folico che mi ha prescritto la ginecologa contiene lattosio ed amido di mais… non so cosa fare…

Ciao V.,
durante le mie gravidanze ho fatto iniezioni settimanali di “Folina soluzione iniettabile”. Gli eccipienti erano: glicina; sodio idrato; sodio cloruro, p-idrossibenzoato di metile, etile, propile, butile, benzile, acqua per preparazioni iniettabili.
Ho continuato a farle – su consiglio della mia ostetrica – anche durante il periodo dell’allattamento visto il mio tipo di alimentazione (ridotta all’osso).
In bocca al lupo per il tuo futuro di mamma. E’ un’esperienza indimenticabile. Goditela tutta, attimo per attimo :).

Cara Simonetta,
Grazie di cuore per la tua risposta, proverò a parlarne con la mia ginecologa che, a quanto ho intuito, non conosce quasi nulla di allergie … speriamo bene! Un abbraccio e grazie ancora.

La storia di Valentina ricalca in pieno la vicenda delle mie gravidanze di cui ho già parlato nel mio giardino d’inverno. Nel mio caso la ginecologa mi aveva “sconsigliato” del tutto di avere dei bambini. Oggi i miei ragazzi hanno 11, 10 e 8 anni e non posso pensare di non averli avuti. La fortuna ha voluto che l’acido folico iniettabile – che costava pochissimo – si sia prodotto fino a quando non ho finito di allattare la mia terzogenita. Oggi non so se quel prodotto sia di nuovo in commercio, ma dopo i miei trentaquattro mesi di gravidanze-allattamenti l’ho considerato un grande torto per chi come me non poteva far ricorso ad altro.

Allergie difficili da scovare

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Carissimi lettori, in molti mi scrivete in privato per avere qualche risposta che a volte faccio fatica a darvi innazitutto perché non sono un medico.

Credo che molti dei vostri quesiti possano essere utili ad altri allergici sui generis come lo sono io. Ecco perché ho deciso di pubblicare in forma anonima alcune delle vostre domande. Questo è un caso, che almeno per ora non ha avuto una soluzione e risale a qualche anno fa.

Da circa 10 anni mio marito manifesta praticamente tutte le domenica (o qualche volta il sabato) una rinite allergica, stanutisce e si soffia il naso tutto il giorno in continuazione. Abbiamo già provato a escludere molti alimenti dalla dieta e fatto diverse cure ma niente ha funzionato. Avevamo fatto anche i test allergologici ed era emersa l’allergia a acari e pelo del gatto, ma ormai siamo praticamente convinti (e lo ha confermato anche uno specialista) che questa reazione sia legata al fine settimana, ovvero i giorni in cui lui non lavora. Mi sai indicare quale potrebbe essere una cura (se esiste) o a chi dovremmo rivolgerci secondo te per risolvere questo problema?

La mia risposta è stata la seguente.

Come avrai sicuramente letto nel blog, io non sono un medico. Sono “solo” molto allergica.
1. Io faccio sempre affidamento sulla mia allergologa. Nel vostro caso chi segue il tuo compagno? Cosa dice? Cosa vi suggerisce? Mi pare strano che non vi abbia dato indicazioni. Se è così vi consiglio di cambiarlo.
2. Sono seguita anche da una bravissima omeopata. Potrei consigliarti di prendere informazioni se nella tua zona c’è qualcuno di bravo. Con l’omeopatia bisogna andarci cauti, per cui se non sei assolutamente certa della competenza del professionista evitala (così come per la fitoterapia o altre cure alternative). Se però c’è una componente emotiva (stress legato al lavoro?) l’omeopatia con me è stata utile.
3. Sentendo la storia, ma ripeto non sono un medico, sono più un’osservatrice: più che qualcosa di alimentare penserei a qualcosa con cui sta più a contatto nel weekend. Che ne so? Il divano in tessuto potrebbe essere un ricettacolo di acari. Gatti della vicina, nel giardino o nelle vicinanze. Prodotti per la cura del corpo che magari usa nel fine settimana quando ha più tempo o che utilizzi tu. Penso più a qualcosa di ambientale esterno e inalabile che a qualcosa legato all’ingestione (che di solito ha altri tipi di reazione).
Non so se sono riuscita ad esserti di aiuto.
Ti auguro un grosso in bocca al lupo e ti mando un abbraccio enorme.
Cari saluti,
Simonetta

Ciao Simonetta,
Grazie mille per la tua risposta, in ogni caso.
Abbiamo già “provato” diversi allergologi ma non abbiamo mai risolto il problema.
Idem con l’omeopatia, proprio adesso stiamo facendo la dieta senza lieviti, senza formaggi, senza te, caffè, cacao e tutto ciò che è fermentato più vari granuli e gocce ma nessun miglioramento neanche così.
Abbiamo già vagliato tutte le variabili di ciò che di diverso accade nel fine settimana ma purtroppo anche in questo caso non abbiamo avuto nessuna illuminazione e già da tempo abbiamo eliminato tutti i profumi…
Speravo che magari nella tua esperienza avessi già sentito qualcosa del genere… Dato che davvero non so più a chi rivolgermi…

Le allergie sono delle belle gatte da pelare. Non sempre è facile conviverci, ma la mia esperienza insegna che si deve e si può.

Allergie, maglieria in cotone ed etichette

Bentrovati lettori (allergici o meno)!

E’ quasi passato tutto il mese di gennaio e io mi ritrovo con l’anno nuovo a fare vecchie (nuove) riflessioni che speravo di aver lasciato alle spalle. Quando si dice che le allergie non ci lasciano mai…

Chi mi segue fin dai primordi (parlo del 2013, anno in cui ho aperto questo giardino d’inverno), sa già che uno dei miei problemi più “spinosi” è la pelle. E’ chiara, è delicata e si fa sentire con una certa frequenza. Anzi, potrei dire che è il mio campanello di allarme (insieme al contorno occhi).
Negli anni ho affinato le tecniche di protezione. Mi spiego.
Niente detergenti o prodotti per la cura del corpo che non abbia testato a dovere. Di fatto uso solo sapone di Marsiglia, shampoo, olio e crema di un’unica marca. Tutte le volte che per esempio ho provato a lavarmi i capelli con qualcosa di diverso l’ho sentito immediatamente. Vale a dire prurito sulla cute, alle orecchie e, in alcuni casi, agli occhi (soprattutto di notte, visto che ho i capelli piuttosto lunghi e li tengo sciolti).
Altra nota dolente è l’abbigliamento. Più passa il tempo e più è difficile trovare capi in fibra naturale (che per me equivale a cotone 100%). Il cotone è sempre più spesso mescolato con il poliammide o altri sintetici che per me è impossibile da usare. Pensate che due anni fa ho comprato due paia di jeans, rigorosamente uguali, e da allora non ho più trovato pantaloni adatti alle mie forme e alla mia pelle. Purtroppo uno di quei due paio di quei jeans si sono bucati in un punto delicato e quindi sono alla disperata ricerca di un sostituto. Non parliamo di maglie e sciarpe. Una vero problema per la sottoscritta.
Qual è la nuova (vecchia e sempre verde) riflessione per il 2018?
Un prurito estenuante dietro al collo.
Avete presente quelle tremende etichette che indicano la marca delle maglie che portate? Ecco, quelle! E’ una certezza che non siano fatte in cotone, ma non capisco perché all’improvviso mi abbiano fatto sbocciare una tale reazione. Inoltre si tratta di magliette in cotone che indosso da anni (sì, se ve lo state chiedendo, sono lise e vecchie, ma anche difficili di nuovo da rimpiazzare per una come me che non ama fare shopping), quindi non riesco a capire perché solo ora si siano fatte “notare”. Non sto parlando di un leggero e fastidioso prurito, ma di un intenso desiderio di strapparmi la pelle dietro la cervicale.
Soluzione temporanea?
Ho dovuto fare ricorso a prodotti ad uso locale a base di cortisone. Cavolo!
La cosa mi lascia perplessa proprio perché si tratta di indumenti già usati, lavati, stirati. Insomma quelle etichette non dovrebbero darmi alcun problema (ed essere consumate come il resto del capo).
Rimango in attesa dell’evoluzione di questa rinnovata fioritura…
Nel frattempo mi auguro che il prima possibile i produttori di maglieria si adeguino alle pelli delicate (non necessariamente allergiche come la mia) e trovino un posto migliore in cui attaccare le etichette. Chiedere che siano in tessuto naturale come il resto dell’indumento, immagino sia davvero troppo, ma chissà…
Che palle che siamo noi allergici ;).
E voi come fate ad ovviare il problema? Non ditemi di tagliare l’etichetta, perché lo sto già facendo rischiando di bucare tutte le maglie (avete fatto caso che la cucitura meglio riuscita di solito è proprio quella dell’etichetta dietro al collo?).

Natale con le allergie

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Il giardino d’inverno si colora di rosso natalizio anche quest’anno. E preciso – come da tradizione – che è il rosso delle feste, non quello porpora di una reazione allergica, eh ;).

L’albero a casa di “Vivere con le allergie” è già pronto da novembre. Quest’anno abbiamo organizzato un calendario dell’Avvento sui generis e quindi gli addobbi dovevano essere pronti prima dell’Immacolata, giorno in cui per tradizione facevamo l’albero. Insomma in famiglia ci siamo sentiti natalizi in anticipo.

Il 2017 è stato un buon anno per me. Le allergie mi hanno concesso una lunga tregua e professionalmente mi sento rinata. Tutto ciò rappresenta sicuramente un toccasana per il mio sistema immunitario che – mi auguro – si abitui a questo tran-tran.

Mangiare? Quest’anno mi sono concessa parecchie new entry alimentari, in particolare frutta e verdura, quindi sarà sicuramente un Natale godereccio (rispetto alle mie abitudini).

Vi auguro buone feste (a voi, alle vostre allergie e alle vostre famiglie). Qualche aggiornamento potete trovarlo sulla pagina Fb, via Twitter o su G+. Come sempre, se avete voglia di chiacchierare in pvt scrivetemi a vivereconleallergie@gmail sarò felice di sentirvi.

Vi aspetto a gennaio qui sul blog per parlare ancora insieme di allergie (e di cos’altro, sennò :)?).

Crescere con le allergie

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Questo articolo è un nuovo passo indietro, alle origini delle mie allergie.

Il motivo è molto semplice: come vi dicevo nei precedenti post quest’estate mi sono candidata per il concorso organizzato da Donna Moderna dal titolo “La tia vita in un libro”. Pensavo di avere qualche chances ;). Pensavo, appunto… Non sono stata selezionata, ma il materiale su cui ho lavorato mi è sembrato un ottimo spunto per raccontare nel mio giardino d’inverno qualche antefatto al blog.

Oggi quindi vi racconto la terza parte della mia storia.

Da ragazza ero dotata di un bel caratterino e di una montagna di antistaminici, così a diciotto anni ho deciso di andare a studiare in un’università lontana 300 km dalla città in cui sono nata.

Gli anonimi pollini (allora era una trascurabile allergia alla primavera) mi rinfrescavano la memoria ogni anno. In collina ce n’erano davvero parecchi di più rispetto a dove abitavo io.

L’università non ha ridotto la mia sensibilità all’acqua. Sono solo diventata più furba. Bastava evitare di farsi vedere in giro dopo una doccia. E se pioveva, ho semplicemente iniziato a essere più resistente: della serie ma chi se ne frega dei curiosi.

Gli anni universitari si sono contraddistinti per l’evoluzione delle mie reazioni allergiche. Il sistema immunitario cercava di attirare la mia attenzione. Soltanto reazioni violente con relative corse al pronto soccorso. Una volta, due, tre e poi ho perso il conto. Ponfi ovunque, prurito intenso e sensazione di avere la gola che si stringeva.

Il medico che mi seguiva si è accertato che facessi degli esami del sangue (che non conservo più, persi in uno dei tanti traslochi), dai quali ricordo vagamente di essere risultata allergica a un’infinità di alimenti.

Adesso come stai? – mi chiese l’esperto del servizio sanitario nazionale leggendo i risultati.
Meglio… – ovviamente, visto che prendevo gli antistaminici.
Ok, allora per il momento continuiamo così.

Cioè: così, come? A parte finire in ospedale, farmi un bolo di cortisone, prendere gli antistaminici e fare gli esami del sangue io non facevo niente di più.

Ecco, questo è stato il periodo peggiore della mia convivenza con le allergie. Avevo la consapevolezza che ci fosse qualcosa che non andava (e di piuttosto serio) e la difficoltà di trovare un professionista abbastanza competente da approfondire il mio stato di salute e aiutarmi davvero.

In molti mi scrivete per avere consigli quando siete in preda all’ennesima reazione allergica. Credetemi, vi capisco più di quanto non possiate immaginare! L’unico suggerimento che posso continuare a darvi è: cercate un bravo medico che capisca di cosa state parlando e che vi aiuti a superare le crisi nel minor tempo possibile.

Con il senno di poi, posso assicurarvi che sarete delle persone migliori. A me le allergie mi hanno insegnato ad essere più sensibile, più empatica e più disponibile verso gli altri, ma soprattutto che ci sono degli alti e dei bassi. Siate forti e sviluppate la vostra forma di resilienza.

Allergie: una compagnia spinosa

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Questo articolo è un nuovo passo indietro, alle origini delle mie allergie.

Il motivo è molto semplice: come vi dicevo nell’ultimo post quest’estate mi sono candidata per il concorso organizzato da Donna Moderna dal titolo “La tia vita in un libro”. Pensavo di avere qualche chances ;). Pensavo, appunto… Non sono stata selezionata, ma il materiale su cui ho lavorato mi è sembrato un ottimo spunto per raccontare nel mio giardino d’inverno qualche antefatto al blog.

Oggi quindi vi racconto la seconda parte della mia storia che risale a quando ero bambina e le allergie non erano particolarmente conosciute (forse sottovalutate, almeno nel mio caso).

Da che ho memoria l’altra sfacciata allergia che è cresciuta con me, ma che non si sapeva se un’allergia lo fosse veramente, era quella all’acqua, famosa tra i miei familiari (nel senso che ero lo zimbello dei miei cugini) e risalente alla notte dei tempi. Facevo il bagno o la doccia e uscivo dall’acqua ricoperta di vescicole rosse al centro delle quali campeggiava in rilievo un ponfo bianco molto pruriginoso. Fintanto che la mia pelle si maculava in privato, poco male, anche se il prurito era atroce e distribuito democraticamente dalla testa ai piedi. Quando ciò avveniva in pubblico le cose si mettevano male, perché nessuno si faceva mai fatti suoi e la domanda “Ma cos’hai?” minacciava la mia difficile convivenza con il prossimo.

– Sarà il sapone?
– Sarà il cloro?

C’era sempre un “sarà” dietro l’angolo che mi faceva sentire inadeguata e diversa e che non mi permetteva di vivere serenamente nella mia pelle.

La pioggia, la nebbia, in estate, in inverno, al mare o in città, anche solo il sudore facevano di me una bambina a pois.

Nessuno ha mai capito perché mi trasformassi al cospetto dei liquidi, nemmeno il terribile medico di famiglia (all’epoca non c’era il pediatra) che per qualsiasi malessere consigliava cicli di iniezioni di penicillina. Mia madre ne conservava in quantità in un armadietto in cucina. Nemmeno il secondo medico di famiglia (il precedente dottor Maggio era anziano e defunse) riuscì a trovare una risposta alla mia pelle belligerante. Quest’ultimo, più giovane e carino, propose di sospendere l’assunzione di pesche, fragole, cioccolato e altri alimenti con una logica semi casuale.

Com’era ovvio che fosse, la mia pelle continuò indisturbata a prudere e a mettermi in imbarazzo.

Prima della mia partenza per l’Università, circa una dozzina di anni più tardi, un terzo medico di famiglia (quello carino aveva preferito fare il dentista e farsi pagare profumatamente infilando le mani delicate in bocca alla gente) affrontò il problema con professionalità prescrivendomi degli antistaminici (che risolvevano naso colante e occhi da bue, ma non i miei spilli sotto pelle in presenza di liquidi).

Seppure l’allergia all’acqua fosse un handicap notevole da un punto di vista fisico e psicologico (oltre al prurito fastidioso, mi dava sui nervi che la gente si impicciasse della mia pelle), in un paio di occasioni in piena adolescenza mi risultò di grande aiuto.

I miei genitori non mi lasciavano molta libertà di movimento. Le uscite con le amiche erano controllate al minuto. Orticaria o meno avevo voglia di crescere e, per certi versi, frequentando un noto liceo privato femminile, il desiderio di conoscere l’altro sesso non mi era totalmente oscuro. Prima o poi avrei dovuto sperimentare la prima cotta, la prima delusione, il primo bacio (molto “poi” per mio padre che quando mi beccò sotto casa a baciare il mio primo ragazzo mi chiuse in camera per due settimane, senza rivolgermi la parola per 336 ore di fila. Per la cronaca Riccardo, quello il nome del giovane, non era nemmeno il mio ragazzo, ma dovevo capire come funzionasse tecnicamente un bacio con la lingua. Come attenuante, il fatto che non fossi innamorata del giovane, non resse con mio padre – chissà perché? -, che per il resto dell’estate mi tenne sotto chiave).

Le amiche sono una risorsa imprescindibile in adolescenza e mio padre nel tempo decise di fidarsi più di loro che della sottoscritta, senza sapere che l’amicizia autentica, affinché sia tale, richiede quale fondamento il reciproco mutuo soccorso. Soprattutto se a un certo punto ci si innamora davvero e non solo per sperimentare lo scambio di saliva.

E qui sta il punto! La saliva e la barba non erano da sottovalutare, soprattutto se le sessioni di bacio si tenevano prima di una cena con parenti e amici di famiglia.

Successe che un sabato, dopo aver passato il pomeriggio col mio ragazzo, il contorno labbra fosse particolarmente irritato e arrossato, nonostante avessi cercato di camuffarlo con della cipria (le creme, a causa della loro simil-liquidità, non erano indicate sul mio viso).

Ricordo ancora lo sguardo di tutti, adulti e cugini, sulla porta di casa, fisso sul mio viso. Ero abituata a quel tipo di attenzioni, che normalmente mi avrebbero indispettita. Covando uno spropositato senso di colpa per la faccia che somigliava a un semaforo rosso, feci quello che ogni adolescente in quella circostanza avrebbe fatto. Mentii spudoratamente.

– C’era un sacco di nebbia questa sera in piazza. Guardate un po’ cosa mi è successo al viso.

Non sono sicura che se la siano bevuta, ma evitai di appurarlo.

La storia continua ancora. Se vi siete persi la prima parte potete leggerla qui.

E voi, come avete cominciato la vostra convivenza con le allergie?

Allergie: la prima volta non si scorda mai

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Questo articolo è un passo indietro, alle origini delle mie allergie.

Il motivo è molto semplice: quest’estate mi sono candidata per il concorso organizzato da Donna Moderna dal titolo “La tia vita in un libro”. Pensavo di avere qualche chances ;). Pensavo, appunto… Non sono stata selezionata, ma il materiale su cui ho lavorato mi è sembrato un ottimo spunto per raccontare nel mio giardino d’inverno qualche antefatto al blog.

Oggi quindi vi racconto la mia prima reazione allergica importante che risale a quando frequentavo la scuola elementare.

Me la ricordo ancora. Parlo degli anni ’70, periodo nel quale di allergie se ne sapeva davvero troppo poco.

Giocavo nel giardino della scuola e all’improvviso ho cominciato a sentire prudere gli occhi. Ho semplicemente cominciato a grattarmi ma in pochi minuti il contorno occhi si è gonfiato talmente da faticare a riuscire a tenerli aperti. Ricordo ancora mia mamma spaventata e la corsa in farmacia (mica al pronto soccorso, perché lì ci si andava per le cose serie a quei tempi), dove la tranquillizzarono dicendo che con ogni probabilità si era trattato di una puntura di insetto. Guarda caso proprio sul naso in mezzo agli occhi. Poco convincente con il senno di poi, ma per l’epoca poteva andare.

Rasserenarono mia madre, un po’ meno me, che allora mi preoccupavo per il fatto di avere una faccia irriconoscibile che rimase tale per parecchi giorni, tanto da non riuscire a guardarmi allo specchio. Ero oggettivamente un mostro. Con la mia timidezza non sarei più uscita di casa, ma – poveretta me – dovevo continuare ad andare a scuola.

L’edema agli occhi mi avrebbe accompagnato a lungo ed è uno dei sintomi ricorrenti che si presenta ancora dopo quarant’anni. E pensare che avrei dei begli occhi azzurri (non sono modesta, almeno non per quanto riguarda il colore delle mie iridi), ma chissà perché sono uno dei punti più delicati. Sono una sorta di segnale di allarme quando il mio sistema immunitario comincia a fare le bizze.

Il giardino della scuola elementare è stato il palcoscenico negli anni a venire di ulteriori crisi allergiche, meno eccessive ma altrettanto faticose da sopportare per una bimbetta. In primavera il mio naso era un rubinetto aperto, soprattutto se a ricreazione si scendeva a giocare tra le piante.

Rammento ancora un giorno in cui mi dimenticai a casa il fazzoletto da naso. La mamma si raccomandava tutte le mattine di prenderne uno. Allora si usavano ancora quelli belli di stoffa. Oddio, igienicamente non erano il massimo, ma volete mettere infilare il naso in quella pezzuola delicata e dal familiare profumo di casa e di detersivo? Io, memore del mio naso, ne prendevo sempre un paio, uno per ciascuna tasca del grembiule. Quel giorno arrivai a scuola senza. Per me fu il panico. Nei bagni non c’erano salviette di carta da poter usare. La carta igienica non mi era venuta in mente. Chiesi se qualche compagno potesse prestarmene uno. Un’anima di buon cuore di nome Valentina mi diede il suo, che usai e impiastricciai per tutta la mattina. Per paura che la mamma mi sgridasse, prima di uscire dal cancello restituii alla povera Valentina la stoffa infradiciata di moccio. Per chi se lo stesse chiedendo, sì, mia madre mi sgridò per la dimenticanza ma soprattutto per la maleducazione di non aver portato a casa il fazzoletto da lavare.

Oggi la sensibilità di tante mamme con bambini allergici è sicuramente cresciuta per fortuna, come pure -purtroppo – sono aumentati i casi di bambini con allergie.

Vi aspetto con il prossimo post, per arricchire la mia storia dietro le quinte dei mie equilibrismi.