Questo articolo è un nuovo passo indietro, alle origini delle mie allergie.

Il motivo è molto semplice: come vi dicevo nei precedenti post quest’estate mi sono candidata per il concorso organizzato da Donna Moderna dal titolo “La tia vita in un libro”. Pensavo di avere qualche chances ;). Pensavo, appunto… Non sono stata selezionata, ma il materiale su cui ho lavorato mi è sembrato un ottimo spunto per raccontare nel mio giardino d’inverno qualche antefatto al blog.

Oggi quindi vi racconto la terza parte della mia storia.

Da ragazza ero dotata di un bel caratterino e di una montagna di antistaminici, così a diciotto anni ho deciso di andare a studiare in un’università lontana 300 km dalla città in cui sono nata.

Gli anonimi pollini (allora era una trascurabile allergia alla primavera) mi rinfrescavano la memoria ogni anno. In collina ce n’erano davvero parecchi di più rispetto a dove abitavo io.

L’università non ha ridotto la mia sensibilità all’acqua. Sono solo diventata più furba. Bastava evitare di farsi vedere in giro dopo una doccia. E se pioveva, ho semplicemente iniziato a essere più resistente: della serie ma chi se ne frega dei curiosi.

Gli anni universitari si sono contraddistinti per l’evoluzione delle mie reazioni allergiche. Il sistema immunitario cercava di attirare la mia attenzione. Soltanto reazioni violente con relative corse al pronto soccorso. Una volta, due, tre e poi ho perso il conto. Ponfi ovunque, prurito intenso e sensazione di avere la gola che si stringeva.

Il medico che mi seguiva si è accertato che facessi degli esami del sangue (che non conservo più, persi in uno dei tanti traslochi), dai quali ricordo vagamente di essere risultata allergica a un’infinità di alimenti.

Adesso come stai? – mi chiese l’esperto del servizio sanitario nazionale leggendo i risultati.
Meglio… – ovviamente, visto che prendevo gli antistaminici.
Ok, allora per il momento continuiamo così.

Cioè: così, come? A parte finire in ospedale, farmi un bolo di cortisone, prendere gli antistaminici e fare gli esami del sangue io non facevo niente di più.

Ecco, questo è stato il periodo peggiore della mia convivenza con le allergie. Avevo la consapevolezza che ci fosse qualcosa che non andava (e di piuttosto serio) e la difficoltà di trovare un professionista abbastanza competente da approfondire il mio stato di salute e aiutarmi davvero.

In molti mi scrivete per avere consigli quando siete in preda all’ennesima reazione allergica. Credetemi, vi capisco più di quanto non possiate immaginare! L’unico suggerimento che posso continuare a darvi è: cercate un bravo medico che capisca di cosa state parlando e che vi aiuti a superare le crisi nel minor tempo possibile.

Con il senno di poi, posso assicurarvi che sarete delle persone migliori. A me le allergie mi hanno insegnato ad essere più sensibile, più empatica e più disponibile verso gli altri, ma soprattutto che ci sono degli alti e dei bassi. Siate forti e sviluppate la vostra forma di resilienza.