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Allergie e cosmetici nichel tested

Frequento un’erboristeria vicino a casa. E’ piccolina, accogliente e chi la gestisce conosce bene il suo lavoro. Purtroppo per me l’equazione prodotti naturali uguale stare bene non funziona.
Tutto è cominciato per colpa di un mascara che si trovava sul bancone e al quale il mio occhio non poteva restare indenne. Ho chiesto se fosse nichel tested e la risposta è stata sì.
Da lì il titolare mi ha fatto notare che tutti o comunque la maggior parte dei prodotti che si vendono nelle erboristerie sono tutti ormai nichel tested.
La voglia di truccarmi (che poi mettere del rimmel non è truccarsi) è nata dalla voglia di abbandonare una volta per tutte le meches dei capelli (ne avevo già parlato qui e qui).
Ogni volta che vado dal parrucchiere, oltre alle meches, sembrano essere sempre assolutamente indispensabili altri enne prodotti.
Per uniformare.
Per nutrire.
Per ringiovanire.
Per dare vigore.
Per coccolare la mia cute (e il conto finale).
Per quanto io spieghi che tutto ciò che rimane a contatto con la mia pelle può darmi fastidio, nulla sembra essere così pericoloso in fondo (per il parrucchiere, ovvio).
Potrei pure capirlo se cambiassi ogni volta parrucchiere. Proprio per paura di quello che potrebbe capitare alla mia pelle, evito di cambiarlo e di ricominciare la spiegazione sulle mie allergie.
Mentre spiegavo tutto ciò al mio erborista, ha provato a farmi vedere alcuni dei prodotti nichel tested per i capelli in esposizione. Ne ha pescato uno per tutti. Purtroppo si trattava di uno shampoo per capelli, con la dicitura nichel tested, ma era alle mandorle.
Lì, mi sono cadute le braccia. Io sono allergica alle mandorle (ma non dovrebbero esserlo tutti gli allergici al nichel?). E allora mi sono chiesta: – Ma com’è possibile?
Non ho una risposta.
Con la coda tra le gambe, la delusione, il mascara già pagato (che ancora non ho avuto il coraggio di provare) e la voglia di darmi un tono sono tornata a casa.
Uffa. Uffa. Uffa!
Poi sono andata a documentarmi qui, sul sito dell’Associazione nazionale delle imprese cosmetiche, da dove cito: “La dichiarazione “Nichel tested” non è collegata ad alcun adempimento previsto dalla legge. In genere, viene posta volontariamente sull’etichetta dal produttore a segnalare l’avvenuta verifica sperimentale, su ciascun lotto immesso sul mercato, della quantità di tracce di nichel tecnicamente inevitabili effettivamente presenti nel prodotto. Di per sé non rappresenta la garanzia che il prodotto in questione contenga meno tracce di nichel rispetto a un prodotto che non riporta l’indicazione, così come non è corretto concludere che se un’azienda non riporta tale indicazione sulla confezione non abbia eseguito una verifica analitica della presenza di nichel nel prodotto”.
Per quanto riguarda la normativa in vigore in Italia e in Europa vi consiglio di leggere anche il Regolamento 1223/2009.

Giornata internazionale dell’omeopatia

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Ho già parlato in un altro post di omeopatia e di come, in tempi diversi, sia stata efficace per me.
Il 10 aprile sarà la giornata internazionale dell’omeopatia e quindi, in questo giardino di inverno, mi piace raccontare la mia esperienza.
Non sono un’assolutista per natura.
Non sono una persona che ha bisogno di fanatismi (mi bastano le fanatiche delle mie allergie a complicarmi la vita).
Tutto ciò che fa bene alla mia salute è ben accetto.
Non posso fare a meno della medicina tradizionale, senza la quale in un paio di occasioni forse non mi sarebbe stato consentito di essere qui a raccontarlo.
Nel tempo mi sono resa conto che ci sono terapie complementari altrettanto utili.
L’omeopatia – su wikipedia – viene definita controversa.
Il pediatra dei miei figli la definisce un atto di fede.
Per me non è così.
Quando il medico omeopata mi ha prescritto il rimedio giusto per me, non c’è stata storia. Sono stata bene.
Sono guarita?
Dall’allergia no, ma almeno ho evitato al mio fegato qualche farmaco (e di questo  il fegato ringrazia). Perché parlo del fegato? Perché purtroppo ho scoperto qualche anno fa che il fegato è l’organo che silenziosamente risente di più sia delle mie allergie che dei farmaci che assumo. E’ sempre sotto pressione insomma e, pare, che sia anche la causa dei miei frequenti mal di testa.
Devo prendermene cura. Parecchio, direi!
La visita omeopatica non è una visita tradizionale. E’ molto più lunga e richiede una bella dose di pazienza – per chi vi si sottopone – e di esperienza – per il medico specialista.
I rimedi omeopatici non sono come i tradizionali medicinali. I dosaggi sono completamente diversi e le reazioni o effetti collaterali, che sono sintomi che il trattamento sta funzionando, sono diversi.
Curo i miei figli anche con l’omeopatia. Questo non vuol dire che se hanno bisogno per stare bene della medicina tradizionale, io eriga le barricate.
Ripeto. Non sono una fanatica, ma credo che per la propria salute si possano accettare rimedi meno invasivi della chimica tradizionale.
C’è un unico neo in tutto ciò. Eggià. La medicina omeopatica costa. Costa pure parecchio. Anche se sulla lunga distanza, in termini di salute, forse, si bilancia la spesa.
Per il momento, nel dubbio, perché no?

Che cos’è l’alternaria?

Più volte mi sono ritrovata a scrivere dei post partendo dalle domande che qualche lettore pone a Mr. Google e attraverso il quale qualcuno di voi arriva nel mio giardino d’inverno.
Una di questa è che cos’è l’alternaria?
Non siete i soli a domandarvelo. Io stessa prima di scoprire di esserne allergica non sapevo cosa fosse. L’unica cosa che avevo capito era che una volta che ero rimasta un intero pomeriggio in un magazzino chiuso da anni per fare un lavoro di scarto di libri (sono una bibliotecaria) sono dovuta andare al pronto soccorso perché non riuscivo a respirare.
L’alternaria appartiene alla famiglia delle muffe, dei funghi o dei miceti. Le muffe sono parassiti delle piante (cereali, arboree e da ornamento) e si nutrono di sostanze organiche non viventi (come legni morti, pane, ecc.). Producono le spore, che sono deputate alla riproduzione attraverso la diffusione nell’atmosfera, con una funzione simile a quella dei pollini e sono trasportate dal vento anche a grandi distanze.
Si possono trovare all’interno delle abitazioni, sui pavimenti e sulle pareti umide, sui tappeti, sul terriccio delle piante ornamentali. Sono presenti all’interno di materiale organico in decomposizione come frutta, foglie, piante e in generale sul suolo.
Le specie più comuni in Italia sono l’Alternaria e la Cladosporium.
Ho scoperto nel più recente manuale sulle allergie che ho consultato che l’alternaria per esercitare il suo potere allergenico deve raggiungere una concentrazione ambientale di almeno 100 spore/m2 nei mesi con una discreta umidità tra luglio e settembre, mentre la Clodosporium dovrebbe raggiungerne 3000 spore/m2 e, anche in questo caso, avrebbe la sua massima concentrazione atmosferica a fine estate e a inizio autunno, nelle giornate calde e ventose (cit. da Bambini allergici*, Red!).
Un’altra spora famosa è il Penicillum che mantiene invece le stesse concentrazioni quasi tutto l’anno.
Il principale rimedio naturale che io uso è di evitare locali chiusi da molto-troppo tempo.
In questo, l’olfatto mi aiuta moltissimo: non appena riconosco l’odore di muffa esco. Ovviamente, non sempre è possibile farlo, come ad esempio è successo a me, non molto tempo fa, in occasione di un compleanno (potete leggere qui).
Ci sono poi periodi afosi e particolarmente umidi, soprattutto in estate, in cui non ci si salva da nessuna parte. Trovo sollievo allora solo in riva al mare – praticamente in acqua.

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Allergia al nichel e i cetrioli

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Nonostante l’incidente della settimana scorsa non demordo e grazie anche a questo blog mi sento incentivata a sperimentare e a mettermi alla prova.
Questo giardino d’inverno mi aiuta nella concentrazione: dopo 14 anni in equilibrio con il mio sistema immunitario ho perso un po’ di verve.
Il fatto di aver cominciato a stare male pur rispettando la dieta ferrea che mi era stata imposta nel 2000, mi ha fatto riflettere.
Lo stimolo ad aggiornare questo diario virtuale mi obbliga(va) in un certo senso con i lettori che sarebbero passati di qui ad essere il più scientifica possibile, perché magari anche voi vivete una situazione simile alla mia.
La nuova frontiera che ho raggiunto si chiama cetrioli. Uao!
Dovete sapere che quando mi è stata diagnosticata l’allergia al nichel, ce n’era in forse anche un’altra: quella ai conservanti.
Fortunatamente dal patch test è risultata positiva solo la prima, anche se con quadruplo ++++. All’epoca ero contenta di averne una soltanto, anziché due da quell’esame specifico, visto che di allergie ne ho realtà molte di più.
In attesa del risultato del test (il patch test dura 72 ore), la mia allergologa mi aveva dato due diete – quella per il nichel e quella per i conservanti – eliminando da entrambe gli alimenti che interferivano. Per esempio i cetrioli non erano esclusi per l’allergia al nichel, ma lo erano per quella ai conservanti e quindi il medico me li aveva proibiti.
Archiviata la diagnosi, non mi sono più posta il problema dei cetrioli. Ho appeso in cucina la mia tristissima lista di alimenti consentiti, dai quali nel tempo ho dovuto pure togliere qualcosa strada facendo.
Mettendo a posto le carte, mi sono accorta di quell’originaria imprecisione (cetrioli cancellati con la penna e mai più riabilitati nella mia dieta) che mi sono portata dietro in tutti questi anni.
Orgogliosa, titubante come ogni volta che azzardo qualche novità, ho cominciato a mangiare i cetrioli. Ovviamente li ho mangiati con un po’ di sale, di olio extravergine di oliva e una goccia di aceto di mele biologico. Banale, ma per il mio palato è stata una botta di vita mica da ridere. Ahah.
Evvai.
E’ andato tutto bene, d’altronde sono consentiti, no?
Il 2014 è un anno effervescente per la mia dieta. Negli ultimi tempi ho quasi l’imbarazzo della scelta quando apro il frigorifero o vado a fare la spesa.

Le altre tappe dei nuovi inserimenti, con qualche passo avanti e qualcuno indietro (argh!) potete leggerli seguendo il tag Diario delle allergie.

Allergia al nichel e disattenzione

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La settimana scorsa ho avuto l’influenza, di quelle senza febbre, ma che mi hanno messo k.o. dopo un weekend a base di cortisone per una reazione allergica di importanza media.
Mi spiego.
Ho mangiato una fetta di torta fatta in casa con farina 00, yogurt, olio evo, zucchero e lievito naturale. Dopo averla mangiata però ho cominciato a sentire la gola e il palato gonfiarsi. Non così tanto da indurmi ad andare in ospedale, ma abbastanza da non sottovalutarlo e ricorrere alla terapia tradizionale.
Dopo 14 anni di allergie mi sento ancora stupida quando mi succede di stare male, soprattutto quando mi ricompongo e trovo la causa.
Ho già avuto modo di parlare del diario quotidiano da stilare per tenere traccia di cosa mangio per avere sempre il quadro della situazione sotto controllo (ebbene sì, ancora dopo 14 anni il diario è la strategia più semplice da non abbandonare mai).
Le ipotesi erano due. La prima è che si trattasse di allergia crociata alle graminacee. Quando i pollini cominciano a fare il loro lavoro in natura è consigliato a chi ne soffre di evitare le farine (e altre precauzioni, certo).
La seconda era il lievito naturale acquistato in rinomato negozio bio.
And the winner is: la numero due.
Ho scoperto che nel lievito c’era il mais.
No, dico! Il mais! Non potevo controllare bene l’etichetta.
Ecco, sono molto arrabbiata con me stessa, perché il fatto di entrare in un negozio biologico, non vuol dire che la mia allergia al nichel sia da sottovalutare.
La morale della storia e il monito che dovrei imprimermi a caratteri cubitali su una mano è che non devo mai abbassare la guardia. Mai.

Allergie ai pollini e l’arrivo della primavera

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Quando la primavera è alle porte me ne accorgo perché all’improvviso sembra che i prati siano verdissimi e gli alberi in città si mettano d’accordo per sbocciare da un giorno all’altro tutti insieme.
Io mi ritrovo meravigliata e pronta – ogni anno – a difendermi dai pollini.
Io sono allergica anche alle graminacee e da anni sto facendo il vaccino, prima per iniezione e dal 2009 per assunzione sublinguale, ma l’arrivo della bella stagione mi mette sempre un po’ di ansia (ne avevo già parlato anche l’anno scorso).
Ci sono alcune buone pratiche da tenere a mente per arginare occhi arrossati, naso che cola e fiato corto per chi soffre anche di asma.
1. Prima fra tutti provate a ridurre al massimo il tempo trascorso all’aperto, specialmente in presenza di condizioni favorevoli all’impollinazione (temperatura 25-30 °C; velocità del vento 5-15 km/h, umidità relativa 60-90%).
2. In macchina, per chi come me si sposta per lunghi tragitti, in giornate ventose e assolate, tenete i finestrini chiusi; evitate per quanto possibile di andare in bicicletta o in motorino e, se ne avete il coraggio (io no :D), utilizzate le mascherine antiallergiche (si trovano in farmacia).
Per chi ha l’aria condizionata in auto, vi consiglio di far controllare per tempo i filtri del condizionatore: è il momento buono, se non l’avete ancora fatto.
3. In casa cercate di tenere le finestre chiuse il più possibile nel periodo d’impollinazione, magari tenendo d’occhio i calendari dei pollini.
4. Limitate le uscite in campagna, a meno che non vi abitiate o non possiate farne a meno, ed evitate accuratamente i luoghi dove l’erba è stata tagliata di recente. Io adoro il profumo dell’erba appena tagliata, ma poi gli sternuti non si contano.
5. Vi consiglio inoltre di evitare il contatto ravvicinato con animali domestici che stanno all’aperto, perché il pelo può raccogliere polline e portarlo in casa.
6. Regola aurea da tenere a mente resta sempre quella di fare la doccia e lavare i capelli ogni giorno.
7. Per chi come me ha la fortuna di abitare a poche centinaia di metri dalla spiaggia, la cosa più ossigenante in assoluto è passeggiare sulla battigia, con vento proveniente dal mare. E’ un toccasana per l’allergia e una coccola per lo spirito.

Felici più di Dio

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Spesso per il weekend vi riservo qualche lettura speciale che favorisca la serenità e il benessere.

Vivere in compagnia delle allergie è faticoso e a me leggere qualcosa fa sicuramente bene (anche se non necessariamente saggi specifici).

Perché non condividere quindi con voi questo mio percorso personale ancora una volta?

Oggi vi presento un saggio, il cui titolo potrebbe essere frainteso, Felici più di Dio (in ebook o in versione tradizionale*) di Neale Donald Walsch edito da Sperling &  Kupfer.

Non sono così megalomane da voler essere una Dea, però sì, aspiro ad essere felice. Perché voi no?

Questo libro è un manuale di self-help, in cui si parla di “Energia di Attrazione”. Non so se ne avete mai sentito parlare, ma vi assicuro che una volta che gliene darete l’opportunità e proverete a iniziare questo percorso, farete fatica a non venirne coinvolti. Mi sono appassionata a queste tematica negli ultimi anni e posso dire che aiutano, purché si abbia l’umiltà di ascoltarsi (anche quando ci stiamo un po’ antipatici).

Per essere felici, bisogna fare solo posto alla felicità nella nostra quotidianità. Più facile a dirsi che a farsi, vero? Eppure in apparenza è semplicissimo.

Basta smettere di giudicare e di lamentarsi, e imparare ad apprezzare quanto c’è di positivo bello e dentro di noi.

Come liberarci della negatività e scoprire la gratitudine? Secondo Neale Donald Walsch dentro ognuno di noi c’è una guida spirituale, pronta a tramutare la nostra esistenza e quella di chi amiamo in un’esperienza straordinaria. L’autore ci spiega che è possibile farlo anche quando tutto va storto accompagnandoci in un percorso in 17 passi (resta in contatto con ciò che sei, dona agli altri qualsiasi esperienza stai cercando, riconosci la perfezione, comprendi la tristezza, smetti di fare a pugni con la tua vita…).

Comincio io per fare un piccolo esempio.

Io sono allergica a tantissime cose, ma “non” sono allergia alla polvere e quindi posso avere una casa piena zeppa di libri che mi piace leggere.

Nonostante il mio sistema immunitario sia impazzito fin da piccola, sono riuscita ad avere tre gravidanze strepitose e dei bambini meravigliosi.

Sono allergica ai pollini, ma posso ossigenarmi tutti i giorni andando a passeggio sul lungomare.

E così via.

Che ne dite, vi ho convinti? Secondo me sì. Nel frattempo, mentre continuate “il gioco del grazie” – così lo chiamano i miei bambini – vi auguro di essere felici.

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Allergia all’acido acetilsalicilico

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Sono allergica ai FANS (F.A.N.S è l’acronimo dell’espressione farmaci anti-infiammatori non steroidei e individua una classe di farmaci dall’effetto anti-infiammatorio, analgesico ed antipiretico).
Nel tempo mi sono dovuta documentare, un po’ per paura – come sempre nel mio caso – e un po’ per amore della conoscenza.
A quanto pare l’acido acetilsalicilico – alias la comune aspirina – è utilizzato da moltissime persone e negli ultimi anni le reazioni allergiche a questa sostanza sono notevolmente aumentate.
Insomma, mal comune mezzo gaudio.
A detta degli esperti, che io confermo avendo avuto diverse crisi fino a quando nel 2000 la mia allergologa mi ha spiegato a cosa andavo incontro – diritta al pronto soccorso -, le reazioni si manifestano soprattutto con orticaria, edemi delle mucose e asma. Nei casi peggiori si può arrivare anche allo shock anafilattico.
“Ciò è dovuto al fatto che l’aspirina, come molti altri antidolorifici, tipo indometazina e fenilbutazone, possono provocare un aumento di leucotrieni, una delle sostanze prodotte dalle cellule in caso di allergia” (cit. da La dieta antiallergica di M. Marcelli, Tecniche nuove 2003).
A quanto pare a seguito di una reazione all’aspirina, o ai prodotti anti-infiammatori, si consiglierebbe di escludere dalla propria dieta tutti gli alimenti che contengono i silicati in buona concentrazione.

Bisognerebbe evitare:

– albicocche
– arance
– datteri
– fragole
– lamponi
– more
– mirtilli neri e rossi
– ribes nero e rosso
– uva passa e sultanina
– pomodori
– vino bianco
– aceto di vino
– fichi
– caffè
– tè

Ho scritto “bisognerebbe” non a caso, visto che come allergica al nichel sui generis e allergica ad alcuni alimenti verificati con prick test per alimenti, io, quegli alimenti non li posso comunque mangiare (caffè a parte di cui non riesco ancora a fare a meno).
L’unico anti-infiammatorio che tollero al momento è il paracetamolo. Il nimesulide, che il medico mi aveva lasciato nel 2000, ho preferito evitarlo dopo la reazione allergica al radicchio di cui avevo già parlato qui.
La verità è che spesso soffro di mal di testa, sintomo spesso associato all’allergia, e sto cercando rimedi più naturali per combatterlo. Non è sempre facile però.

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Allergia al riso nei bambini

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Sono allergica al riso.
Normalmente agli allergici al nichel è consentito consumare riso raffinato a piacere. Nel mio caso no. Ne ho già parlato qui.
In una situazione complessa come la mia, alimento in più, alimento in meno, non fa differenza. Non diventa un caso: lo sono io, un caso, come persona.
Purtroppo l’allergia al riso diventa strana nel momento in cui succede a una bambina di pochi mesi  in occasione della sua prima pappa.
Ora posso raccontare con una certa rilassatezza quello che è successo nei primi sei anni di vita di mia figlia. La mia secondogenita non ha mai mangiato riso fino al compimento dei suoi sei anni. Tutto è cominciato con lo svezzamento.
Dopo un paio di cucchiaiate di pappa di riso sul contorno della bocca si sono formate un sacco di chiazze rosse. Ho sospeso immediatamente di darle da mangiare e ho chiamato il pediatra, il quale mi ha tranquillizzato dandomi indirettamente della scema: – Molto probabilmente la pappa era troppo calda.
Ci ho pensato e ho auspicato che avesse ragione lui, anche se con un altro bambino di 16 mesi era difficile che avessi già perso la mano.
Il giorno successivo sono stata attentissima alla temperatura della pappa, ma niente. Intorno alla bocca sono comparse di nuovo tante chiazze rosse. Memore della telefonata del giorno precedente, non ho chiamato il pediatra ma mio marito,l’unico in grado di calmarmi in questi frangenti.
Il terzo giorno ho pensato di ridare a mia figlia il riso, usando un cucchiaino di plastica, anziché quello di acciaio: poteva essere il metallo del cucchiaio la causa della sensibilizzazione della sua pelle delicata. Niente da fare. Di nuovo quelle dannatissime chiazze rosse.
A quel punto il pediatra mi ha consigliato di passare ad altre farine, con le quali la bambina non assumeva le nuances tipiche di una faccina da clown.
Da allora non le ho più fatto mangiare riso. Ora a voi potrà sembrare facile, ma non è così. Intanto, moltissimi alimenti per bambini contengono riso (omogeneizzati, frutta, prodotti per la cura del corpo): anche se per abitudine controllo sempre gli ingredienti dei prodotti che usiamo in casa (ne ho già scritto qui e qui), la vita si è ulteriormente complicata per me fino a quando non è cresciuta abbastanza.
Al compimento dei suoi sei anni, durante il controllo annuale per verificare la sua crescita è risultata eccessivamente sottopeso e quindi il pediatra ha ritenuto utile approfondire con degli esami del sangue, valutando anche l’ipotesi delle intolleranze al glutine e una serie di test per verificare l’eventuale allergia ai principali alimenti causa di allergia, e in aggiunta ho chiesto di controllare la sua reattività al riso.
E’ risultata perfetta, per fortuna.
Nessuna allergia. Voi non potete immaginare la mia felicità. Da allora qualche volta mangia il riso, anche se non ne va matta, ma sta bene. Questa è la cosa fondamentale.
Se fino ad allora la tenevo sotto controllo anche per alimenti alla quale non era allergica come fragole, kiwi, mandorle, ma che è risaputo siano allergizzanti, adesso la lascio libera di sperimentare.
Rimane una bambina esile, ma non importa. L’importante è che stia bene.

Allergie e PNEI

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Molto spesso mi scopro a parlare in questo giardino d’inverno di emozioni legate alla mia esperienza di multi-allergica e qualche volta mi chiedo se possa essere utile anche ad altri.
Credo sinceramente che non siamo fatti solo di un corpo fisico e che la nostra mente sia parte integrante di noi e ci condizioni nel vivere al meglio (o al peggio) anche con la malattia.
Questo non vuol dire sottovalutare l’aspetto clinico della faccenda: non tollero chi mi dice che sono io a non voler mangiare tante cose e che se solo mi convincessi starei bene e non sarei più allergica. Balle! Ne ho già parlato in questo post.
E’ vero però che stress ed emotività condizionano la nostra esistenza e nel mio caso la reattività agli allergeni con cui entro in contatto.
Tutto questo preambolo per dire che spulciando tra righe di un manuale dal titolo La dieta antiallergica* di Marcello Mandatori, edito da Tecniche nuove, ho scoperto l’esistenza di una disciplina che si chiama PNEI psiconeuroendocrinoimmunologia.
Secondo Mandatori sarebbe “sempre più diffusa la convinzione dell’importanza del cibo e dell’alimentazione come strumento di prevenzione di molte malattie e, secondo molti autori, come strumento terapeutico.”
Esisterebbe, “infatti, una relazione certa tra il sistema endocrino, il sistema immunitario, il sistema nervoso, con il cibo.[…]”
Conoscendomi, so che approfondirò il tema.

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