Dopo quasi un anno da quando la mia allergologa mi ha dato il via libera per l’assunzione del riso (dopo ben sedici anni), mi sembra doveroso aggiornarvi e riordinare le idee su questo cereale.

Per prima cosa sottolineo il fatto che il riso è un alimento consentito agli allergici al nichel in versione raffinata.
A me era stato tolto a causa della mia positività riscontrata a seguito del Prick per alimenti. Quel “benedetto” ponfo rosso mi ha precluso per tanti anni qualsiasi contatto con quel cereale (gli altri mi erano preclusi comunque a causa del nichel…).
In molti, soprattutto ora che ho cambiato lavoro (cioè faccio sempre la bibliotecaria, ma presso una diversa amministrazione) mi chiedono come sia riuscita a resistere senza ingurgitare alcuna forma di carboidrato. A forza di sentirmelo domandare, comincio a chiedermelo anch’io. Come ho fatto? Non lo so.
L’anno scorso quando finalmente il Prick è risultato negativo avrei dovuto strafogarmi, almeno per colmare anni di astinenza. Invece no. Come vi ho già scritto, ho avuto qualche dubbio, prima dell’abbuffata (che poi non c’è mai stata). Grazie ai miei figli ho superato la cosiddetta “paura della soglia”. L’ho assaggiato in modiche quantità e l’ho messo da parte (in un cantuccio del mio cervello e della mia cucina a metabolizzare).
Solo l’estate scorsa ho avuto l’ardire di mangiarlo in dosi consistenti. Forse perché d’estate, anche mangiato freddo (anzi, meglio se mangiato freddo), mi faceva meno impressione.
Da allora non riesco a mangiarlo con regolarità. Cioè devo impormi di farlo.
Mi sono chiesta perché, prima ancora di iniziare a scrivere questo post.
Le risposte che mi sono data sono molteplici e non tutte scientifiche.Anzi, per niente scientifiche.
La prima e più immediata è la paura. Chi mi segue da tempo nel blog lo sa, ma sicuramente uno dei motivi della mia positività al riso era dovuta alla fortissima allergia alle graminacee che con gli anni (e l’immunoterapia ipo-sensibilizzante o vaccino antiallergico che ho concluso gioco forza a fine 2015) si è attenuata. Più che il nichel quindi forse erano i pollini primaverili ad avermi indotto una cross-reattività al cereale.
E la paura è difficile da sradicare, credetemi.
Non a caso in questo periodo in cui gli occhi cominciano a bruciare e il naso a friggere un po’, il riso è l’ultimo dei miei pensieri.
La seconda è che il riso non mi è mai piaciuto nemmeno prima della diagnosi alle mie allergie. Ha un sapore dolciastro che nemmeno una montagna di parmigiano reggiano riesce ad eliminare e che dopo anni di palato privato dei sapori più intensi registra ancora meglio.
La terza è che nemmeno in famiglia c’è un gran desiderio di quest’alimento. Di nuovo, aver avuto una figlia che fino ai sei anni non ha potuto mangiarlo non aiuta. Anche per lei, il riso rimane un alimento al quale si avvicina sempre con un certo sospetto. Come la capisco!
La quarta è che per cucinare il riso ci vuole tempo. Da quando lavoro più lontano, rientrare alle tre (quando va bene) non è così facile pensare di mettersi a cucinare (già era difficile prima, figurarsi ora).
Insomma, il riso rimane un ingrediente che posso annoverare tra quelli commestibili, ma al quale non mi sono ancora abituata.
Lo so cosa state per dirmi: – Ma Simonetta, prima ti lamentavi perché potevi mangiare poche cose e adesso che puoi non ne approfitti!
Già! Avete perfettamente ragione. Me lo dico anch’io ogni volta che osservo quei due chili intonsi di riso biologico nel mobiletto della cucina. Rimando sempre al weekend successivo.
Nessuno è perfetto, men che meno io ;).
Quindi alla domanda: allergia al nichel e il riso, sì o no?
La risposta per me continua ad essere dipende.