Questo articolo è un passo indietro, alle origini delle mie allergie.

Il motivo è molto semplice: quest’estate mi sono candidata per il concorso organizzato da Donna Moderna dal titolo “La tia vita in un libro”. Pensavo di avere qualche chances ;). Pensavo, appunto… Non sono stata selezionata, ma il materiale su cui ho lavorato mi è sembrato un ottimo spunto per raccontare nel mio giardino d’inverno qualche antefatto al blog.

Oggi quindi vi racconto la mia prima reazione allergica importante che risale a quando frequentavo la scuola elementare.

Me la ricordo ancora. Parlo degli anni ’70, periodo nel quale di allergie se ne sapeva davvero troppo poco.

Giocavo nel giardino della scuola e all’improvviso ho cominciato a sentire prudere gli occhi. Ho semplicemente cominciato a grattarmi ma in pochi minuti il contorno occhi si è gonfiato talmente da faticare a riuscire a tenerli aperti. Ricordo ancora mia mamma spaventata e la corsa in farmacia (mica al pronto soccorso, perché lì ci si andava per le cose serie a quei tempi), dove la tranquillizzarono dicendo che con ogni probabilità si era trattato di una puntura di insetto. Guarda caso proprio sul naso in mezzo agli occhi. Poco convincente con il senno di poi, ma per l’epoca poteva andare.

Rasserenarono mia madre, un po’ meno me, che allora mi preoccupavo per il fatto di avere una faccia irriconoscibile che rimase tale per parecchi giorni, tanto da non riuscire a guardarmi allo specchio. Ero oggettivamente un mostro. Con la mia timidezza non sarei più uscita di casa, ma – poveretta me – dovevo continuare ad andare a scuola.

L’edema agli occhi mi avrebbe accompagnato a lungo ed è uno dei sintomi ricorrenti che si presenta ancora dopo quarant’anni. E pensare che avrei dei begli occhi azzurri (non sono modesta, almeno non per quanto riguarda il colore delle mie iridi), ma chissà perché sono uno dei punti più delicati. Sono una sorta di segnale di allarme quando il mio sistema immunitario comincia a fare le bizze.

Il giardino della scuola elementare è stato il palcoscenico negli anni a venire di ulteriori crisi allergiche, meno eccessive ma altrettanto faticose da sopportare per una bimbetta. In primavera il mio naso era un rubinetto aperto, soprattutto se a ricreazione si scendeva a giocare tra le piante.

Rammento ancora un giorno in cui mi dimenticai a casa il fazzoletto da naso. La mamma si raccomandava tutte le mattine di prenderne uno. Allora si usavano ancora quelli belli di stoffa. Oddio, igienicamente non erano il massimo, ma volete mettere infilare il naso in quella pezzuola delicata e dal familiare profumo di casa e di detersivo? Io, memore del mio naso, ne prendevo sempre un paio, uno per ciascuna tasca del grembiule. Quel giorno arrivai a scuola senza. Per me fu il panico. Nei bagni non c’erano salviette di carta da poter usare. La carta igienica non mi era venuta in mente. Chiesi se qualche compagno potesse prestarmene uno. Un’anima di buon cuore di nome Valentina mi diede il suo, che usai e impiastricciai per tutta la mattina. Per paura che la mamma mi sgridasse, prima di uscire dal cancello restituii alla povera Valentina la stoffa infradiciata di moccio. Per chi se lo stesse chiedendo, sì, mia madre mi sgridò per la dimenticanza ma soprattutto per la maleducazione di non aver portato a casa il fazzoletto da lavare.

Oggi la sensibilità di tante mamme con bambini allergici è sicuramente cresciuta per fortuna, come pure -purtroppo – sono aumentati i casi di bambini con allergie.

Vi aspetto con il prossimo post, per arricchire la mia storia dietro le quinte dei mie equilibrismi.