Oggi sono mamma e il mio esempio a tavola per i bambini non è esaltante (ma ne ho già parlato qui).
Sì, certo sono un modello di rettitudine, ma sicuramente è una gran fatica stimolare la voglia di assaggiare nuovi alimenti ai bambini che vedono la noia nel piatto della loro madre.
Quando ho scoperto di essere allergica al nichel però non ero una madre e vivevo con il mio attuale marito.
Che lo si voglia o no, essere a dieta e dividere la cucina e il frigorifero con qualcuno crea dei dilemmi.
Nel nostro caso all’inizio il mio compagno si sentiva in colpa a mangiare delle cose che sapeva piacermi e quindi cercava di evitarli. Sono stata abbastanza brava da dirgli di no. Non era giusto che lui si privasse di alimenti solo perché io non potevo mangiarli. Con il senno di poi, posso dire che si chiamava amore…
In verità fino a qualche anno fa ero molto rigida e nulla mi turbava: sapevo che certe cose non si potevano mangiare e quello era. Punto.
Non sentivo l’esigenza di mangiare cose proibite.
Forse era semplicemente la paura delle conseguenze, non lo so. Ma se una persona mangiava davanti a me una pizza (la pietanza che mi ha fatto rimandare il più possibile il primo veritiero incontro con l’allergologa), non sbavavo dalla voglia.
Spesso erano (e sono) più in imbarazzo le persone con cui entro in contatto e ad avere delle remore a vedermi mangiare solo certe cose o nel caso in cui non ci sia proprio niente di commestibile per me, vedere la mia astensione.
Ecco se di imbarazzo ho mai sofferto, è nel vedere la pena negli occhi degli altri.
La domanda tipica di mia madre era: – Ma non ti fa voglia?
Obbiettivamente la risposta era no. Con questo non voleva dire che non avessi fame, ma avevo voglia di cibi che io potevo mangiare.
Da qualche tempo invece la mia rigidità originaria ha perso lo slancio.