Oggi vi regalo una delle interviste migliori che sia riuscita a fare per chi vive con le allergie come me da tanti anni e con quell’antipatico effetto yo-yo (della serie: quando finalmente pensi di conoscere il tuo sistema immunitario, quello si ripresenta con gli interessi…)

La protagonista si chiama Alessia Romanazzi. Lascio subito la parola a lei.

– Buongiorno Alessia sono orgogliosa ed emozionata di ospitare questa intervista. Che ne dici di presentarti ai lettori di Vivere con le allergie che ancora non ti conoscono?

Buongiorno! Sono molto emozionata anche io, mi fa davvero piacere “essere qui”!
Sono una psicologa e psicoterapeuta, con il mio lavoro aiuto le persone ad affrontare ansia, attacchi di panico, stress e fame nervosa. Curo un blog, che si chiama Io non mi stresso, dove ogni settimana cerco di raccontare quello che accade nella nostra mente e attraverso i nostri comportamenti. Cerco di farlo, però, in modo non troppo serioso (sarei io la prima ad annoiarmi!).

– Secondo me, l’allergologo non basta per affrontare una quotidianità a base di allergie. È fondamentale e imprescindibile all’inizio, ma poi secondo te potrebbe essere utile il contributo di uno psicologo, soprattutto quando si è soggetti a possibili reazioni gravi? Mi spiego: in caso di allergie alimentari, l’adulto comincia a non andare al ristorante, a cena dagli amici, ecc. I genitori di soggetti allergici diventano iperprotettivi.

Sì, credo che l’intervento di uno psicologo sia fondamentale in tutte quelle situazioni in cui l’allergia sembra avere in mano le redini della propria vita. Parlo nei casi in cui, a causa dell’allergia, si evitano molte situazioni quotidiane e si vive costantemente in ansia e sotto stress, con una ripercussione sul proprio benessere e sulle proprie relazioni. Credo, inoltre, che lo psicologo possa essere utile anche nelle primissime fasi. Quando viene fatta la diagnosi, spesso, la persona è spaventata, preoccupata per le conseguenze che l’allergia può avere. Non sa come comportarsi e, se si tratta di un bambino, anche i suoi familiari non sanno come gestire la situazione. Un supporto psicologico può essere utile per affrontare l’impatto emotivo-relazionale, evitando che esso rischi di sopraffare la persona e la sua famiglia.

– Hai già avuto esperienze con pazienti allergici?

Molte. Mi capita, soprattutto, quando l’allergia arriva nell’infanzia e, al pari di alcune patologie croniche, si trascina anche in età adulta. In questi casi, la persona è cresciuta con una piccola grande zavorra in più, che può aver avuto un impatto significativo sulle sue emozioni, sul modo di percepire se stesso (autostima compresa) e sulle sue relazioni. Chi non l’ha vissuto, spesso, fatica a può capire quanto le allergie possano essere devastanti in certi casi.

In genere, presto molta attenzione a tre aspetti durante i primi colloqui:

  1. Quando è sorta l’allergia e primi ricordi legati ad essa. Per molte persone il primo attacco allergico costituisce un vero e proprio trauma e, sebbene poi si sia trovata una cura, la paura di nuovi attacchi, condiziona molto il vivere futuro (esattamente come accade per gli attacchi di panico).
  2. Come si sono comportate le persone che si prendevano cura della persona (in primis, i genitori). Avere un figlio che rischia di avere un attacco allergico porta ansia. Se questo capita a persone che hanno già una struttura ansiosa e controllante, la situazione peggiora. Aumenta, in questi genitori (o nonni), la tendenza a tenere il figlio sotto controllo o sotto una vera e propria campana di vetro. In molti casi, ho l’impressione che le limitazioni siano molto più del necessario. È comprensibile, certo, ma questo concorre a strutturare un clima ansioso e sfiduciato. Se il mio paziente è un bambino/ragazzo, lavoro con la famiglia per trovare modi alternativi di gestire la situazione. Se è un adulto, valutiamo insieme che impatto ci sia stato su di sé e sulla propria vita e capiamo come muoverci oggi.
  3. Che emozioni accompagnano lo stato di persona allergica. Ogni individuo è a sé stante e ha una propria storia, per questo la stessa allergia può avere impatti differenti su persone diverse. Durante i primi colloqui cerco di capire quale sia l’emozione principale, associata all’allergia: c’è chi la vive con un forte stato ansioso, cercando di tenere tutto sotto controllo, c’è chi vive l’allergia con un forte senso di impotenza (“Non posso farci niente e questo mi distrugge”), chi con rabbia e chi con un profondo senso di ingiustizia irrisarcibile (“Perché proprio a me? È un’ingiustizia”) oppure c’è chi cerca di fingere che le allergie non esistano (“Non sono in ansia, faccio tutto e me ne frego, sono come tutti gli altri”). Anche sottovalutare la portata delle allergie è curioso e merita attenzione, esattamente come chi le vive con ansia eccessiva.

– Anche se ogni soggetto allergico è una storia a parte (e lo dico per esperienza), quanto può essere difficile convivere con una malattia – nella maggior parte dei casi – cronica?

Sono d’accordo con te: ogni soggetto allergico è una storia a parte. È così non solo perché le allergie si esprimono e si combinano in modo diverso, ma perché dipende molto da come si integrano allergia e personalità. Una stessa allergia su di me e su un’altra persona non ha lo stesso impatto. Per questo credo che, per quanto sia oggettivamente difficile convivere con le allergie, c’è tutta una quota soggettiva che spiega quel malessere. Lo stress percepito, di fatto, varia a seconda della persona e non dell’allergia stessa.

So che, d’impatto, questa frase può suonare colpevolizzante, ma giuro che l’intento è positivo: se è il tuo modo di essere è la principale causa del tuo stress, allora significa che puoi fare qualcosa. Probabilmente, l’allergia non passerà mai, ma tu hai la possibilità di modificare (almeno in parte) il tuo modo di viverla e affrontarla. Pensa a come ci sentiremmo se, al contrario, lo stress fosse causato solo dallo stato allergico, senza poter far nulla per farvi fronte..! Saremmo passivi e inermi (aiuto!).

– Quali sono gli strumenti della psicologia che potrebbero trovare applicazione per noi pluri-allergici di lungo corso? Pensi che potremmo trovarne dei benefici?

Il primo passo è quello del supporto, perché vivere con le allergie è faticoso ed è necessario, anzitutto, riconoscere alla persona la sua fatica. Spesso, farlo da soli non è abbastanza: occorre uno spazio protetto, in cui portare tutte i propri vissuti e le proprie frustrazioni legate all’allergia.

Il secondo passo è capire quale sia l’impatto che ha avuto l’allergia nel corso della vita, al fine di mettere a fuoco come l’allergia (sintomo oggettivo) incontri quella specifica persona (impatto soggettivo).

Il terzo è quello dell’azione: cosa possiamo davvero modificare di te e di quello che fai per vivere meglio?

Sono dell’idea che, in questo ambito, abbia un grande successo la terapia di gruppo: avere davanti a sé persone che provano e hanno provato cose simili funge da specchio potentissimo, utile per sentirsi capiti. Non solo, se sono proprio le persone che ci sono passate a mostrarmi che alcune mie azioni o reazioni sono “esagerate”, sarò più disponibile ad accettare l’osservazione, senza sentirmi incompreso. Questo aiuta a non rimanere fermi sulle proprie posizioni, provando  a cambiare il cambiabile (lo so, non tutto si può modificare).

– Hai qualche suggerimento come psicologa per chi è fortemente allergico, soprattutto nel caso di paure che nel corso del tempo tendono a svilupparsi?

Non sono bravissima nei consigli preconfezionati. Credo di più negli spunti di riflessione che portano ognuno a trovare la propria soluzione. Provo a scriverne qualcuna, sperando che possano aiutare a far luce su di sé e sulle proprie paure, legate all’allergia (ma forse non solo, chissà!).

Prova ad ascoltare davvero le tue paure. Lo so che ti sembra di conoscerle, perché ci sei a contatto quotidianamente, ma hai mai provato a metterle nero su bianco? Molti scoprono, proprio così, che alcune paure sono realistiche, altre tuttavia sono leggermente “più forti del dovuto”. Queste ultime sono modificabili (evviva!).

Prova ad approfondirle, descrivendo le conseguenze che immagini (“Ho paura di andare al ristorante perché…penso potrebbe accadere che…”), tutte le strategie/risorse che hai messo in campo per affrontarle (“Evito di andare al ristorante”) e tutti i limiti che senti abbiano comportato (“Mi ha impedito di avere una vita sociale serena quando ero adolescente”). Prova a scrivere, lì accanto, almeno un comportamento alternativo, stando bene attento che sia realistico (“Di solito faccio così, ma ora che ci penso potrei anche riorganizzarmi così…”)

Aggiungo un doveroso pezzo, pur con difficoltà, perché durante i percorsi emerge spesso: ci sono casi in cui l’allergia “viene usata come alibi” per non affrontare altre paure? No, non intendo che tu menta (so quanto sia pesante aver trascorso una vita in compagnia delle allergie), ma spesso ci nascondiamo dietro a cose oggettive, che ci accadono (ad esempio, le allergie) per non affrontare altre paure più grandi e profonde (ad esempio, la paura di non essere accettati).

– Quali consigli ti sentiresti di dare a chi, chiusa la porta dello studio medico con una diagnosi in mano, si trovasse ad affrontare un’esistenza rivoluzionata da una o più allergie, magari e soprattutto di tipo alimentare?

Qui un consiglio ce l’ho: concedersi di stare male ed essere spaventato. Sembra scontato, ma molti sentono di non avere il diritto di farlo e, altrettanto spesso, ci sentiamo dire che “bisogna essere forti e non pensarci…c’è di peggio al mondo!”. Io credo, al contrario, nel diritto di stare male, di essere tristi e/o arrabbiati qualunque sia la diagnosi in questione. Conceditelo.

Dopodiché è bene informarsi (questo dovrebbe farlo il medico) e creare una rete: ci sono altre persone che soffrono di allergie? Come l’affrontano? È possibile confrontarsi con loro?

Spero che le mie parole siano utili e chiare (e non pesanti!), ma se ci dovessero essere dubbi, perplessità o se semplicemente fa piacere condividere con me un pezzo della propria storia, scrivetemi! =)

Un grazie a te, Simonetta, per il prezioso lavoro che fai: i pazienti mi raccontano spesso che la prima volta in cui si sono sentiti compresi e meno soli è stato proprio attraverso le parole di chi ci è passato. Sono certa che il tuo blog sia preziosissimo per molti di loro!

Grazie Alessia a te e per i tuoi suggerimenti puntuali e per niente pesanti, credimi!

Per tutti coloro che volessero mettersi in contatto con Alessia, vi lascio il link della sua pagina.