Da quando ho scoperto di avere una serie di allergie alimentari (e ormai è parecchio tempo che ci convivo) ho passato diverse fasi.

La prima fase è stata quella dell’inflessibilità. Preferivo non mangiare. Saltavo un pasto piuttosto che rischiare la salute. E’ vero che sono un soggetto allergico a vario titolo da sempre e quindi, quando ho scoperto cosa mi provocava reazioni allergiche più o meno gravi, ho pensato bene di chiudermi a riccio nelle mie poche, ma sicure, certezze alimentari.

La seconda fase è stata quella della fiducia. La mia allergologa a distanza di qualche anno, e una situazione clinica decisamente migliore, mi ha consigliato di provare ad aggiungere qualche alimento a rotazione, stando sempre attentissima ai segnali di insofferenza (ma ormai conoscevo me, le mie reazioni e la mia allergologa sapeva di potersi fidarsi di me). Purtroppo la fiducia è andata in pezzi quando ho avuto l’ultima e la peggiore reazione allergica nel 2004. Sono arrivata al pronto soccorso per pura fortuna  e solo perché l’ospedale era vicinissimo a dove mi trovavo io.

La terza fase è stata quella del mai-stata-meglio-di-così. E’ il periodo collegato alle tre maternità, una in fila all’altra (incinta-allattamento-incinta-allattamento-incinta-allattamento). Gli ormoni l’hanno fatta da padroni con il mio cervello e con il mio fisico. E’ come se il bambino e la sua presenza avesse tutelato anche me e il mio sistema immunitario. Della serie: dove si comprano ‘sti ormoni in barile, che ne voglio ancora?

La quarta fase è quella della consapevolezza. So di stare male se azzardo (niente di che, basta leggere il mio Diario delle allergie su questo blog), ma ci provo ancora. Il cortisone è il mio fido compagno di viaggio, ma non disdegno qualche rimedio omeopatico come aiuto alternativo (prescritto rigorosamente dalla mia omeopata attentissima alle mie esigenze).

Sto entrando in una nuova fase della mia vita, la menopausa, e so già che la convivenza con le mie allergie si trasformerà. Cambierò io (fisicamente ne ho già le prove), ma si modificherà anche il mio approccio con gli allergeni.

Leggo ancora, tra gli altri, l’articolo sul Fatto Alimentare e la pasta Ikea ritirata dal mercato per presenza – non dichiarata- alla soia e mi arrabbio. Riconosco l’onestà del colosso svedese ad ammettere pubblicamente la svista (?), per carità. Quello che mi fa andare fuori dai gangheri è che ogni volta che sento notizie di questo tenore mi sorge un dubbio: perché è così difficile sapere cosa mettiamo in tavola? Non lo dico solo da soggetto allergico. Lo penso come consumatrice, prima di tutto, e come madre.

Quindi quando tornerò a fare la spesa, come ogni fine settimana, indosserò come sempre i panni di una novella Sherlock Holmes alimentare, sperando che nessuno (più) dimentichi di indicare qualche ingrediente segreto.

Fasi (emotive) del mio vivere con le allergie nel tempo.