Cosa indossare con l’allergia al nichel? Bella domanda, alla quale provo a dare qualche risposta pratica tenendo conto come sempre della mia esperienza. Non ho avuto bisogno di scoprire di essere allergica al nichel per sapere che dovevo evitare i metalli: inizialmente si trattava di banale bigiotteria, poi di applicazioni sui pantaloni (di solito il bottone che imprimeva sulla mia pancia un tatoo di bollicine rosse e pruriginose) e sulle scarpe estive – di solito sandali – usate a piedi scalzi. Ho provato di tutto, compreso il tradizionale smalto trasparente per mettere una barriera tra me e i metalli, ma si è dimostrata una soluzione possibile una tantum. Insomma il sandalo con il gancetto potevo usarlo per qualche ora in un’occasione speciale, ma non tutto il giorno per sette giorni alla settimana, soprattutto d’estate quando il nichel offre il meglio di sé. Alcuni indumenti mi davano fastidio (soprattutto prurito) e solo dal 2000 ho capito che la colpa era in parte delle tinture usate per colorare i tessuti (di solito i colori scuri) e molto più spesso a causa dei tessuti sintetici (anche se chiari).

L’acrilico per me è il peggiore. L’ultima volta l’ho sperimentato con un maglione bianco sopra una camicetta di cotone 100%. Niente: mento, collo e polsi erano un disastro sia esteticamente che per il prurito che ci ha messo un po’ a sparire (anche se l’ho usato solo per una mattinata). Da allora ho deciso che io e l’acrilico ci rispettiamo a vicenda, ma a una notevole distanza reciproca.

Ho tollerato il poliammide fino a qualche anno fa, soprattutto se contenuto in tessuti misto-cotone o misto-lana. Quando anche questi mix hanno cominciato a darmi fastidio, soprattutto sul collo e sul decolté, ho deciso di fare più attenzione alle etichette dei vestiti che compro. Niente più viscosa, niente microfibra e ciao-ciao pile.

Cosa faccio, allora? Uso solo cotone a contatto diretto con la pelle più delicata. La biancheria intima è composta di cotone e nella percentuale del 3-5% di elastan. Purtroppo niente pizzi o mise sexy, visto che in quel caso la percentuale di fibre sintetiche è molto più alta, oltre che interessare parti decisamente molto-molto delicate. Niente collant (ne ho già parlato in un altro post, se vi va di leggerlo). Quest’anno ho trovato una soluzione alternativa per poter usare le gonne. Ho trovato casualmente dei leggins in cotone nero e ho provato a usarli al posto delle calze con gli stivali. Certo sono molto più coprenti dei comuni collant, ma vi assicuro che possono andare e soprattutto non creano prurito.

Per quanto riguarda sciarpe e foulard uso solo cotone o seta. Niente altro.

Una cosa che vi consiglio di fare è quella di comprare più di un capo quando fa al caso vostro, magari di colori diversi, perché state certi che l’anno successivo potrebbe non esserci o avere subito delle variazioni nella composizione. L’anno scorso ho comprato un bellissimo sciarpone in cotone pesante a pois da una parte e a righe dall’altra nei colori del bianco e nero. Ne ho comprato solo uno (e non costava molto, tra l’altro): quest’anno ho ritrovato lo stesso modello nel medesimo negozio, ma purtroppo la composizione è cambiata. Perché sono brava a dare consigli, ma qualche volta me ne dimentico anch’io.

So già cosa state pensando: – E la moda, dove la metti?

La moda c’est moi. Me lo creo da sola, il mio outfit. L’allergia mi ha insegnato ad essere un po’ più consapevole come consumatrice e a credere un po’ più in me stessa in fatto di estetica. Non è sempre facile e non tutti i giorni mi sento bellissima, ma questo succedeva anche quando mi truccavo, facevo le meches e vestivo con tutto.

Cosa indossare con l’allergia al nichel allora? Voi stessi, con le vostre idee e con un sorriso che illumina anche gli occhi. Fateci caso: ridere è contagioso. Fatelo spesso e sarete più belli, allergici o meno.

Qualche link di approfondimento utile:

Acrilico (fonte wikipedia)

Elastan (fonte wikipedia)

Microfibra (fonte wikipedia)

Pile (fonte wikipedia)

Poliammide (fonte wikipedia)

Viscosa (fonte wikipedia)

2 COMMENTS

  1. Ciao Simo!
    E già… quell’abbigliamento, nell’atopico in generale è una questione molto delicata, però è bene, secondo me, specificare (perché probabilmente per te è sottinteso perché della questione ti sarai ampiamente occupata suppongo;-) che il problema non sta necessariamente nella presenza o meno di nichel nei tessuti, ma nel “potere” irritativo di certe fibre, dovuto a vari motivi: alla trama del tessuto per esempio (il tessuto “cotonato” all’interno delle felpe in cotone 100% per la figlia è deleterio!!!), ai coloranti che possono anche essere fonti importanti di nichel e altri metalli, ai fissanti usati durante la lavorazione (che possono contenere metalli vari) nonché al “semplice” effetto elettrostatico di certi tessuti tipo il poliestere, che scatena il prurito e dopo poco sono visibili le lesioni ma da grattamento… non da contatto (e la figlia è la dimostrazione vivente, purtroppo) Insomma è un bel problema… Se poi ci aggiungi che da tempo sono in fase di sviluppo tessuti di fibra naturale derivata anche da altri vegetali a cui eravamo abituati (mais… nichel a go go per esempio, per non parlare delle fibre derivate dalle proteine del latte… e chi più ne ha ne metta!)
    Non ci rimane che… auguraci in bocca al lupo!
    Un caro saluto e a presto!!!!

    • In un altro post infatti avevo citato la Società italiana di dermatologia allergologica professionale e ambientale che oltre a dettagliare tutti i tipi di dermatiti dice: “le manifestazioni dermatologiche causate da contatto con gli indumenti sono generalmente attribuite a sostanze chimiche e coloranti che vengono aggiunti alle fibre tessili durante la loro manifattura e assemblaggio in indumenti. In particolare, gli agenti responsabili sono rappresentati da prodotti per le tinture e per il finissaggio, i metalli, la gomma e le colle. Occasionalmente anche gli sbiancanti ottici, i biocidi, i materiali ignifughi ed altre sostanze chimiche aggiunte sono responsabili dell’insorgenza del quadro clinico cutaneo. I coloranti sono le sostanze chimiche più usate e possono essere classificate in acidi, diretti, reattivi, dispersi: vengono legati al mordente per diffondere più facilmente tra le fibre. Dal punto di vista della classe chimica il 40% dei coloranti tessili sono azoici ma non tutti sono altamente allergizzanti. Tra questi coloranti quelli che più facilmente determinano sensibilizzazioni appartengono al gruppo dei dispersi: questi formano legami stabili con le fibre naturali mentre si legano meno stabilmente con le fibre sintetiche. Sono composti liposolubili e per questa caratteristica penetrano bene attraverso la cute.”
      E poi, sì, Monica non ci resta che augurarci un enorme in bocca al lupo :).

Comments are closed.